POLITICA IN GRIGIOVERDE

Alpini tirati per le penne. "Legge sbagliata e inutile"

In aula regionale l'iniziativa del centrodestra sul Valore Alpino. La discussa data che richiama la ritirata di Russia. Mossa per catturare consensi? Chiamparino, artigliere di montagna: "Non la voterò. Un superfluo doppione del testo varato in Parlamento"

Il cappello “appeso qui in sala” e il ricordo dell’adunata nazionale del 2011 a Torino, “l’emozione più grande, il momento più esaltate dopo le Olimpiadi, dei miei dieci anni da sindaco”. Sergio Chiamparino nelle sue note biografiche non ha mai mancato di ricordare che “da buon piemontese nel 1974 ho svolto il servizio militare nell’Artiglieria Alpina”. 

E da lì sempre avanti, mentre la politica cambiava e lui ne seguiva le strade, il ricordo dei sentieri e delle mulattiere si sarebbe perpetuato non solo nella passione per la montagna e le arrampicate, ma in quelle adunate che raramente lo hanno visto assente. Il cappello con la penna, come la fascia tricolore. Solo che il primo non si dismette mai. Sempre lì, appeso, pronto ad essere calzato con orgoglio e rispetto. E, dunque, perché mai proprio seduto sotto quel cappello che accomuna e distingue adesso l’ex presidente della Regione boccia la proposta di legge, che proviene da chi è arrivato dopo i suoi cinque anni di governo del Piemonte, per riconoscere il Valore Alpino dedicandogli una giornata? È infatti questa la motivazione alla base del testo, presentato dal consigliere di Fratelli d’Italia Davide Nicco e prontamente sottoscritto dall’intero centrodestra, Lega in testa, che sarà discusso oggi in aula a Palazzo Lascaris. 

Percorso più ripido di quelli che si facevano con i muli, anche se i numeri, ovviamente, la maggioranza li ha per far passare una norma in cui è difficile non intravvedere una certa captatio di consensi e vedere chiaramente imbarazzanti scelte a partire dalla data scelta per onorare un corpo su cui nessuno, legittimamente, può obiettare alcunché quanto ad abnegazione e generosità, anche quando gli Alpini sono ormai più che veci e con il loro volontariato organizzato che meglio non si può intervengono sempre quando c’è bisogno.

Ancora una volta seguendo la Lombardia, il centrodestra piemontese propone una legge che se nei propositi è ineccepibile – chi mai, salvo i soliti antimilitaristi militanti, avrebbe da dire su un riconoscimento agli Alpini, in Piemonte per giunta? – scivola nella sua stesura. Annunciata prima per il 26 gennaio, poi retrodata nel testo depositato (non si sa se per errore o per scelta) di dieci giorni, la giornata scelta del 16 gennaio ovvero l’inizio della ritirata dalla Russia dove gli Alpini vennero mandati a combattere, con scarpe di cartone e pari equipaggiamento, da Benito Mussolini. E se di errore si trattasse non è che sia meglio il 26 di gennaio, giorno della battaglia di Nikolajewka e scelto dalla legge appena approvata dal Parlamento per celebrare a livello nazionale quel che il centrodestra vuol fare in Piemonte in un assai poco comprensibile doppione.

Già, “cosa serve fare una legge regionale quando ce n’è già una dello Stato, pur con pesanti dubbi sulla data sollevati dallo stesso Presidente della Repubblica e condivisi anche dal ministro della Difesa”, si chiede l’Alpino Chiamparino alla viglia di un probabile voto in aula che non conterà tra i favorevoli le opposizioni. Critiche dure erano già arrivate dal capogruppo di Luv Marco Grimaldi che pur riconoscendo il valore degli Alpini aveva rimarcato come nel testo mancasse ogni riferimento “al tributo di sangue degli Alpini nella ritirata di Russia e al ruolo che ebbero nella Resistenza e nella Liberazione”. Per gli ex Cinquestelle di M4O, Francesca Frediani e Giorgio Bertola si tratta di una legge “non necessaria, in contrasto con l’annunciata semplificazione normativa da parte della giunta”.

Ma è quello di un Alpino fino al midollo come l’ex sindaco e già presidente della Regione il parere che risulta interessante e a suo modo pesante, mettendo insieme politica e spirito di corpo, certamente non facendo soggiacere il secondo alla prima. “Mi sembra del tutto inutile e sbagliato fare una legge regionale, tanto più ricommettendo un grave errore sulla data, dopo il richiamo di Sergio Mattarella e la condivisione del ministro Lorenzo Guerini. Anche la motivazione che si basa sulla tradizione alpina piemontese regge fino a un certo punto. Cosa facciamo dividiamo le regioni sul riconoscimento in base ai reclutamenti? Quelle alpine, quelle di fanteria, di marina? Siamo seri. Qui non è in discussione il valore degli Alpini, sia ben chiaro”, sottolinea l’ex governatore che immagina e in qualche modo consiglia al gruppo del suo partito l’atteggiamento da tenere oggi in aula dove sono in discussione circa trenta emendamenti e non è probabile il voto finale.

“Immagino che verrà chiesta, perlomeno, un’inversione dell’ordine del giorno per fare andare avanti altre proposte di legge. Personalmente votare contro il Valore Alpino mi sembra una cosa che stride con i miei e non sarebbe compresa. Se votassimo contro sarebbero pronti a dire in ogni sezione dell’associazione che noi abbiamo negato quel che, invece, non neghiamo affatto e anzi riconosciamo, ma non con una legge di questo genere. Credo invece – spiega ancora Chiamparino – che non dovremmo partecipare al voto”. 

Chiamparino ripete una domanda che, forse, trova risposta proprio in una ricerca di consenso in un momento in cui, dopo le polemiche sui presunti episodi denunciati dopo l’adunata nazionale di Rimini c’è pure chi arriva addirittura a chiedere l’abolizione dei raduni delle Penne Nere, mentre l'Italia è riuscita nella non facile impresa della vaccinazione contro il Covid grazie anche e soprattutto a un Alpino come il generale Francesco Paolo Figliuolo, torinese d'adozione. “C’è già una legge nazionale, sia pure con i dubbi sulla data sollevati dal Quirinale, che bisogno c’è di farne una anche in Piemonte, per giunta con una data a dir poco discutibile?”. La risposta oggi un aula. Il cappello dell’Alpino Chiampa, lì appeso, pronto per la prossima occasione. Sempre avanti.

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