POLVERE DI (5) STELLE

Cinquestelle come meteore,
quasi scomparsi dalle urne

In Piemonte solo in due grandi comuni su dieci presentano un loro candidato sindaco. Nella maggior parte dei centri non hanno neanche la lista. Sondaggi in picchiata e truppe demotivate sul territorio. Conte in tour la prossima settimana nei tre capoluoghi

Più che una sconfitta sta diventando una scomparsa. Stelle cadenti che via via si eclissano in quel firmamento politico dove fino a qualche anno fa brillavano. Che fine ha fatto il Movimento 5 stelle? Nei dieci Comuni sopra i 15mila abitanti che vanno al voto in Piemonte, il 12 e 13 giugno, solo due hanno un candidato sindaco pentastellato (Cuneo e Grugliasco), in altri due presentano liste in appoggio al candidato del Pd (Asti e Alessandria), nel resto dei municipi sono letteralmente spariti. Cinque anni fa i grillini presentarono ovunque un proprio alfiere in corsa per la poltrona da primo cittadino, vinsero ad Acqui Terme, nell’Alessandrino, e centrarono due ballottaggi. Altri tempi: era il 2017, preludio del trionfo alle politiche che avrebbe portato Giuseppe Conte a Palazzo Chigi e il partito che fu di Grillo e Casaleggio a governare prima con la Lega, poi col Pd, ora in un governissimo a supporto di super Mario Draghi.

I sondaggi sono da far tremare le gambe: l’ultimo di Demopolis per La7 indica il M5s al 13%, mai così in basso negli ultimi cinque anni. Rispetto alle politiche del 2018 ha perso quasi i due terzi della sua forza elettorale e nei Comuni il quadro rischia di essere ancora più tetro. Certo sono solo sondaggi, ma al di là dei numeri delineano un trend difficile da negare. L'addio di Dino Giarrusso è solo l'ultimo di un lunghissimo elenco e difficilmente l'abbraccio col Pd in Sicilia potrà rappresentare una rinascita per un partito che ha perso l'anima (o come dice qualcuno l'ha venduta al diavolo). 

Nella maggior parte dei centri al voto (6 su 10) gli elettori del M5s non troveranno il simbolo su cui hanno messo la croce finora. Il parallelo rispetto a cinque anni fa è emblematico. Ad Asti avevano sfiorato la conquista del secondo capoluogo di provincia dopo il trionfo di Chiara Appendino a Torino: il candidato sindaco Massimo Cerruti riuscì a estromettere il centrosinistra dal ballottaggio e qui raggiunse il 45,1% contro Maurizio Rasero del centrodestra. Risultato di tutto rispetto e non fu l’unico. I grillini vinsero per cinque voti ad Acqui Terme con Lorenzo Lucchini e superato il 20% a Savigliano con Antonello Portera che s’avvicinò molto al secondo turno. Proprio in queste due città, cornice di un exploit inaspettato, i due campioni pentastellati ora si ripresentano ma sotto altre insegne. Evidentemente se prima era un valore aggiunto, oggi il logo con le cinque stelle rischia di trasformarsi in una zavorra.

Quello del 2017 era un Movimento arrembante, fieramente “solo” in tutte le città in cui si presentava; oggi dove ha potuto s’è rifugiato in un centrosinistra allargato sperando di contribuire, seppur in minima parte, a un risultato positivo. Ad Asti, dove come detto erano stati loro a contendere voto per voto il successo a Rasero, si sono affidati al medico dem Paolo Crivelli sperando che almeno lui possa curare l’emorragia di voti da cui sono affetti ormai da tempo. Lo stesso vale per Alessandria dove sono a rimorchio di Giorgio Abonante con scarse speranze di confermare il 12 per cento ottenuto alle amministrative passate. A Cuneo sono stati lasciati soli dalla coalizione civica di centrosinistra che sostiene Patrizia Manassero, anche perché considerati elettoralmente evanescenti. “Già nel 2017 non arrivarono al 6% oggi è già un miracolo che abbiano presentato una lista” sentenzia un osservatore. E allora ci proveranno da soli con Silvia Cina.

Nessuna traccia di grillini a Mondovì, Borgomanero, Omegna e Chivasso. Nella città del Nocciolino, hinterland a Nord di Torino, la candidatura di Marco Marocco, già vicesindaco metropolitano ai tempi di Appendino, si è tinta di giallo. Da Roma, infatti, non gli è stato concesso il simbolo e lui per tutta risposta si è presentato al fianco del candidato sindaco Pd Claudio Castello con la lista civica Chivasso in Movimento. Il perché è presto detto: nonostante una indicazione di massima dei vertici nazionali di cercare l’intesa con il partito di Enrico Letta laddove possibile, su Chivasso è arrivato il veto – tra gli altri – del viceministro del Mef Laura Castelli a causa di qualche contatto intercettato tra Castello e un criminale locale nell’ambito di un’inchiesta della Dia. Va detto che il sindaco non è mai stato neanche indagato, ma, insomma “questioni di opportunità”. Intanto, però, Marocco aveva già stretto un accordo con il centrosinistra e così le strade si sono separate. Ma a questo punto è ancora nel M5s l’ex vicesindaco metropolitano? “Fino a prova contraria…” risponde lui.

“Negli ultimi anni abbiamo tutti beneficiato di un simbolo che tirava – spiega la capogruppo in Regione Sarah Disabato –. Ora che non è così, almeno non lo è come nel 2017 o 2018, dobbiamo tornare laddove abbiamo iniziato: con i banchetti e gazebo, per le strade. Valorizzando i nostri consiglieri comunali che mantengono un collegamento con il territorio”. E così è andata a Grugliasco, la Stalingrado dell’Ovest, fortezza inespugnabile della sinistra (sotto varie forme) dal dopoguerra a oggi dove il candidato sindaco Vito Coviello farà un mezzo miracolo se riuscirà a entrare in Consiglio comunale, stretto tra centrosinistra e l’ex primo cittadino Mariano Turigliatto che sarà pure ecologista ma nelle sue liste ha fatto raccolta indifferenziata, imbarcando tutto e il contrario di tutto tra cui anche ex grillini poi finiti in Italexit di Gianluigi Paragone come il consigliere Guido Parodi.

Tra defezioni, rinunce e sondaggi in picchiata questo è il contesto in cui il Movimento 5 stelle si presenta alle prossime amministrative. Basterà il tour di Conte in Piemonte (il 31 maggio sarà ad Asti, Cuneo e Alessandria) per invertire la rotta?

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