Coalizioni da rifare

Il fallimento politico del populismo dei 5 stelle e la successiva implosione di quel partito, il crescente ruolo e peso del Centro e il tramonto di quel “campo largo” tanto auspicato dal segretario del Pd, hanno nuovamente riaperto il cantiere della politica italiana. Nello specifico, il capitolo delle coalizioni da ricostruire in vista delle ormai prossime elezioni politiche. Coalizioni che sono state il frutto, soprattutto in questi ultimi anni, di una cultura del pallottoliere dove era solo la somma aritmetica a fare la differenza, a scapito di qualunque valutazione e consistenza politica e progettuale. E, non a caso, proprio in quest’ottica il trasformismo ha potuto mietere consensi e diventare, di fatto, il faro che ha caratterizzato le stesse dinamiche della politica in quest’ultima legislatura che sarà ricordata come uno dei punti più bassi e più squallidi della storia democratica del nostro paese. L’avvento del populismo seguito dalla crisi irreversibile dello stesso populismo demagogico e antipolitico e poi culminato con la crisi irreversibile della politica e lo sfarinamento dei vecchi partiti e la nascita di movimenti e partiti del tutto avulsi da qualsiasi valenza politica e culturale. Insomma, una stagione che ha segnato il decadimento etico e politico della democrazia italiana proprio perché ha visto l’affermarsi di forze che deliberatamente hanno indebolito il tessuto democratico, liberale e costituzionale del nostro paese.

Ora, si è aperta una nuova pagina nella politica italiana. Certamente frutto del trasformismo opportunistico che ha caratterizzato quest’ultimo lustro ma è indubbio che con questa situazione occorre adesso fare i conti. E, all’interno di questo contesto, cresce la “corsa al centro” di movimenti, partiti e gruppi che sino a qualche tempo fa individuavano proprio nel Centro il nemico da abbattere e lo spazio politico da cancellare definitivamente dall’orizzonte politico italiano. È indubbio, al riguardo, che le coalizioni che si costruiranno in vista delle prossime elezioni cercheranno di apparire il più possibile centriste. Ovvero, sarà fortemente ridimensionata, se non addirittura cancellata, la vocazione populista e sovranista che, invece, ha dominato in modo incontrastato i cinque anni che ci lasciamo tristemente alle nostre spalle.

Ed è proprio su questo terreno che si inserisce il ruolo, il profilo e la “mission” del Centro politico, culturale e programmatico. Certo, sarebbe auspicabile che tutti i partiti che non si riconoscono più nel cosiddetto “bipolarismo selvaggio” confluissero in un’unica formazione politica ed organizzativa. Ma, com’è evidente a tutti, è un’operazione difficile e assai complicata vista la natura dei singoli leader e le rispettive identità dei vari partiti che affollano quest’area. Ma un dato è sufficientemente chiaro: e cioè, sarà il Centro, e soprattutto “la politica di centro”, a caratterizzare il profilo e l’identità delle rispettive coalizioni che si andranno a definire. E quindi, bando alla deriva populista, demagogica, manettara, giustizialista, antipolitica e sovranista.

Perché mai come nella prossima primavera si tornerà a “vincere al centro”. Certo, si tratta di affrontare fasi politiche profondamente diverse tra di loro. E se nel 2018 ci trovavamo al culmine della sub cultura populista e antipolitica, nel 2023 le alleanze dovranno inesorabilmente caratterizzarsi con più forza sul versante centrista se vorranno competere per vincere e, soprattutto, per rassicurare gli elettori e le stesse autorità europee nel non intraprendere strade avventurose ed irresponsabili.

Ecco perché è quantomai importante, adesso, impegnarsi – almeno chi si riconosce storicamente in quell’area – per ricostruire un progetto politico di “centro” nel nostro paese. Senza accampare pregiudizi personali e politici come fa Calenda e, soprattutto, senza limitarsi a sventolare una bandiera priva di contenuti e di progetti. Serve, cioè, declinare una vera, credibile e autorevole “politica di centro” utile alla nostra democrazia e alla stessa efficacia dell’azione di governo.

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