DOPO IL VOTO

"Sbagliato politicizzare il voto", nelle città non si vince con Salvini

Parla Rapetti, dopo dieci anni rieletto sindaco di Acqui, che da leghista ha sfidato i diktat dei partiti: "Molinari mi aveva detto di tenermi pronto, poi sono prevalse le logiche di coalizione". L'exploit del bossiano Bosio: "Ricucito il rapporto personale"

“Io non ho fatto il centrodestra figlio di un dio minore”. Ha fatto ben di più Danilo Rapetti, tornato ad essere sindaco dieci anni dopo la fine del suo secondo mandato alla guida di Acqui Terme. Vincendo alla grande, con oltre il 60% al secondo turno in una città dove l’astensione è stata meno pesante che altrove, con la sua proposta civica ha dato una sonora lezione al centrodestra dei partiti che parlano di futuro con alla mano un residuato come il manuale Cencelli. Con ancora in tasca la tessera della Lega, presa dopo una lunga permanenza in Forza Italia, questo cinquantunenne imprenditore nel settore dell’automazione industriale, è protagonista e, ancor più, artefice di un caso meritevole di essere studiato. Lui sorride, ma serio ammette: “Speriamo di fare scuola”.

L’impuntatura di Forza Italia, con Ugo Cavallera e Paolo Zangrillo nel pretendere di indicare il candidato, nel caso la candidata Franco Roso e il placet ricevuto da Riccardo Molinari e dai Fratelli d’Italia ha portato la coalizione a fermarsi, al primo turno, sotto il 15 per cento con lei che prendeva più del doppio. Insomma, sindaco, c’è chi pensando di essere il primo della classe ha sbagliato a fare i compiti?
“Hanno voluto bilanciare con la candidatura per Acqui la nomina del presidente della Provincia andata alla Lega. La storia è nota, le richieste di Forza Italia e l’approvazione degli alleati, pure”.

Ma il candidato della Lega doveva essere lei.
“Mi avevano detto si scaldare i motori, Molinari più volte in assoluta buona fede mi ha invitato a prepararmi”.

Lei lo ha fatto.
“Certo che sì. Avevo da tempo esponenti dell’area moderata, tra cui il mio successore Enrico Bertero, che mi esortavano a scendere in campo con una proposta civica”.

Sarebbe stata incompatibile con una candidatura della coalizione?
“No, se si fosse deciso per tempo”.

Intanto lei per tempo ha preparato il suo ritorno in campo. Perché di fronte a una figura come la sua, già pesata in termini di consensi, Forza Italia, Lega e FdI hanno tirato dritto? Le hanno chiesto di farsi da parte? 
“Così esplicitamente no. Certo dei messaggi sono arrivati, peraltro tardivi. E comunque non mi sarei proprio tirato indietro. Perché avrei dovuto farlo?”

Avrebbe potuto correre anche per loro, oltre che per le liste civiche. Non gliel’anno proposto o lei si è negato?
“Se mi fosse stato fatto un ragionamento di questo tipo avrei anche potuto accettare, pur tenendo ben ferma la proposta civica, ma non è arrivata nessuna proposta”.

Si è dato una spiegazione di questa pervicacia della coalizione, con un esito che era chiaro a tutti?
“Forse hanno pensato fino alla fine che non sarei davvero sceso in campo, o forse che avrei tirato i remi in barca”. 

Quando anticipando l’annuncio della candidatura voluta da Forza Italia lei ha comunicato la sua, l’hanno chiamata?
“Mi hanno detto: ripensaci”.

Lei è l’unico sindaco della Lega ad aver vinto, anzi stravinto il ballottaggio, solo che il suo partito aveva un altro candidato.
“Si, anche se tecnicamente è scaduta la mia militanza. Non sono stato espulso, ma credo sia passato il termine per rinnovare la tessera. Certo fino al 14 giugno ero nella Lega”.

Dove ha sbagliato la Lega per rimediare le sconfitte ai ballottaggi in Piemonte, come altrove?
“Io avrei politicizzato meno elezioni che sono per la guida e l’amministrazione della città. Parlare molto di temi nazionale rischia di disorientare l’elettorato”.

Salvini è andato ben tre volte ad Alessandria. 
“Se fossi stato candidato ad Alessandria, Asti o Cuneo, per dire, avrei preferito tenere il livello sulle questioni amministrative e non sarei andato a invocare leader nazionali. Non sono affatto sicuro di un effetto positivo”

La sua avversaria, candidata del centrodestra ufficiale non ha fatto una dichiarazione di endorsement lasciando di fatto liberi i suoi di votare lei o l’uscente ex grillino Lorenzo Lucchini. Ha sentito aria di ripicca?
“Io non ho voluto fare apparentamenti che avrebbero snaturato la mia proposta. Ho fatto un’altra cosa, il civico puro e ho con me anche esponenti del centrosinistra moderato, ex socialisti, un rassemblement civico che non è un minestrone. Non ho invocato sostegni pubblici. Forse conveniva a loro farlo? L’elettorato moderato mi ha comunque votato, quindi forse…”.

Altra mossa degna di Tafazzi, anche in vista del secondo turno? Certo ben diverso l’atteggiamento di Bernardino Bosio, il sindaco che segnò un’epoca per Acqui Terme ai tempi d’oro di Umberto Bossi e che vent’anni dopo ha comunque portato a casa, da solo, un bell’undici per cento. Ha detto che avete messo da parte antiche ruggini e l’ha appoggiata. Vecchio stile e acume da vecchia politica?
“Da tempo c’era un problema di natura personale, ma io ero stato suo assessore e lui poi mi aveva sostenuto quando divenni sindaco. Per il bene della città ci siamo ritrovati, sotterrato l’ascia di guerra e parlato di programmi, non di posti. Lui ha un progetto territoriale che a me piace molto. Detto questo Bosio resta all’opposizione e non ha chiesto nulla”.

Già pronta la giunta?
“Assolutamente no. Per comporla partirò subito parlando con i consiglieri della mia maggioranza, ma non si stupisca, farò altrettanto con quelli di opposizione, ovviamente se lo vorranno”.

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