POST EMERGENZA

Covid, Regioni senza Speranza chiedono aiuto (e soldi) a Draghi

Dei quasi 5 miliardi promessi sono arrivate solo briciole. Inascoltati gli appelli al ministro, "fa orecchie da mercante". Il presidente dei governatori Fedriga scrive al premier Draghi e chiede un incontro. Icardi: "In Piemonte si aspettano ancora non meno di 350 milioni"

Rapporti sempre più tesi tra le Regioni e il ministro Roberto Speranza. “Fa orecchie da mercante” dice più di un assessore alla Sanità sintetizzando la questione: ci sono un bel po’ di milioni di euro promessi dal ministro per rimborsare almeno in parte le maggiori spese sostenute nei due anni di emergenza Covid che, però nella casse degli enti territoriali non sono mai arrivati. E Speranza, finora, non ha risposto alle sempre più pressanti richieste.

Una svolta importante, che segna anche un evidente innalzamento della tensione tra gli assessori alla Sanità e il titolare del dicastero, è arrivata ieri pomeriggio con l’invio da parte del presidente della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga al premier con cui si chiede a Mario Draghi “un incontro alla presenza di tutti i presidenti delle Regioni e delle Province autonome al fine di trovare una soluzione condivisa a tale criticità̀”. La criticità, ovviamente, è il prolungarsi dell’attesa di quelle risorse promesse e la mancanza di risposte concrete da parte del ministro.

“Sottopongo nuovamente alla Sua attenzione la necessità di riprendere il tema della copertura dei costi sostenuti dalle Regioni e dalle Province autonome nel corso del 2021 per contrastare la pandemia da Covid-19, che ha rappresentato elemento di forte criticità̀ per la chiusura dei bilanci regionali 2021 e rischia di esserlo ancora di più per la chiusura dei bilanci 2022”, scrive Fedriga al premier. Parole piuttosto dure, pur nel linguaggio richiesto dai ruoli, quelle che il presidente della Conferenza delle Regioni usa dopo essere stato sollecitato, con decisione, a farlo dagli assessori alla Sanità e dagli stessi colleghi governatori. Sono loro che devono fare i conti, da Nord a Sud, con quei soldi promessi, ma arrivati solo in (minima) parte.

“Dei 4 miliardi e 800 milioni annunciati per tutto il Paese ci hanno dato prima 800 milioni, poi 600 e poi più niente”, ricorda Luigi Icardi, assessore alla Sanità del Piemonte, ma anche vicecoordinatore vicario della commissione Salute nella Conferenza delle Regioni. Il Piemonte di quei soldi ha visto circa l’8%, ovvero la quota che gli spetta nel riparto nazionale. E a proposito del riparto nazionale, il ritardo che segna per l’anno in corso l’indicazione ufficiale di quanto spetta ad ogni Regione, ritardo dovuto dall’essersi messo di traverso da parte del governatore della Campania Vincenzo De Luca complica ulteriormente le cose. “Come si fa a programmare se siamo costretti a procedere con un esercizio provvisorio in assenza del riparto nazionale e, in più, non arrivano i soldi promessi per rimborsare le spese sostenute con risorse nostre nel corso dell’emergenza Covid?”, sbotta Icardi. Per dare l’idea, solo il Piemonte aspetta ancora oltre 350 milioni per coprire, almeno in parte, le spese sostenute per fronteggiare due anni di emergenza. “Abbiamo coperto con risorse destinate ad altri scopi”, spiega Icardi.

Intanto il ministro annuncia 902 milioni per tenere sotto controllo la pandemia, con mascherine, tamponi e strumenti informatici di monitoraggio. La proposta di inserimento nel decreto Salute-Mef è stata inviata alla Conferenza delle Regioni. Al Piemonte spetterebbero circa 14 milioni per dispositivi di protezione individuale e tamponi, 3 per i sistemi informatici. “Bene, ma prima di annunciare altri fondi – commenta l’assessore alla Sanità – sarebbe meglio che il ministro mandasse quelli promessi da tempo e che ancora non abbiamo visto”.