PALAZZI ROMANI

Governo appeso al filo (del telefono). Conte chiede "Aiuti" a Draghi

Da vero azzeccagarbugli il fu avvocato del popolo tenta una perigliosa mediazione: un documento in cui confermare il sostegno all'esecutivo anche uscendo dall'Aula del Senato. Basterà a scongiurare la crisi? La partita lose-lose dei grillini

“E i senatori chi li tiene?”, è una delle domande che rimbalzava questa mattina tra i 5 Stelle, sia tra i vertici impegnati nell’incontro fiume del Consiglio nazionale con Giuseppe Conte – l’assemblea si aggiornerà in serata, alle 19,30 – sia tra i peones grillini. A inizio riunione la linea dura – via dall’Aula senza votare la fiducia – sembrava prevalente, ma poi i dubbi e i timori si sono fatti largo, al punto da portare Conte a tentare la strada di un nuovo confronto faccia a faccia (o almeno una telefonata) col premier Mario Draghi, così da evitare lo scontro frontale. Insomma, il fu avvocato del popolo sta affondando nel pantano e non sa come uscirne. L’ultimo spiraglio è che una ciambella di salvataggio arrivi proprio dall’inquilino di Palazzo Chigi. Si parla di un documento in cui il M5s conferma il sostegno al governo delle larghe intese in ogni caso, una sorta di fiducia senza votare la fiducia. Chissà

Intanto, però, mentre si attende una qualche evoluzione, continuano a serpeggiare i timori interni sulla tenuta del gruppo di Palazzo Madama, nel caso in cui dovesse arrivare l’indicazione per un voto favorevole al decreto Aiuti. Al Senato, com’è noto, il voto di fiducia è congiunto a quello finale sul provvedimento, cosicché – a differenza che alla Camera – se i senatori escono dall’Aula sanciscono in modo formale la crisi. A Palazzo Madama, dove i 5 Stelle contano al momento 62 eletti, dopo la scissione dimaiana, siedono gli esponenti più battaglieri, quelli che vedono la permanenza nel governo Draghi come fumo negli occhi. Una quarantina sarebbero infatti contrari a votare la fiducia, di questi una decina di “barricaderi” sarebbero addirittura pronti alla spallata. Difficile ora convincere i senatori ad andare oltre, votando il decreto che ha già visto l’astensione dei 5 Stelle in Consiglio dei ministri per la contestata norma sull’inceneritore a Roma. I più agguerriti hanno già consegnato un avviso al navigante Conte, nel corso del Consiglio nazionale di questa mattina: “Una inversione a U io non l’accetto”, uno dei messaggi partiti dal Senato e diretti al quartier generale di via di Campo Marzio.

Ora per gli “onestamente intellettuali” (copyright il capogruppo alla Camera Davide Crippa) si mette davvero male e, forse, iniziano ad esserne consapevoli: “Volevano metterci all’angolo, ma alla fine ci siamo cacciati da soli in un vicolo cieco”. È lose-lose: se si rimangiano la linea belligerante e sotterrano le armi perdono faccia e un’altra parte di eletti, se rompono idem. Con in più il rischio che questa volta, in caso di crisi di governo, le elezioni siano davvero dietro l’angolo con tutto quello che ne consegue: il tramonto dell’Eldorado con la prospettiva di non far mai più ritorno in parlamento e in più la “perdita” di circa 120mila euro a parlamentare per i mesi mancanti alla fine naturale della legislatura.

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