VERSO IL VOTO

"Vai da solo", pressing su Calenda

Il leader di Azione starebbe maturando la convinzione di rifiutare l'accordo con il Pd. E, in vista della decisione ufficiale di domani, elenca i temi divisivi. Poi ci si mette pure Letta a proporre nuove tasse. Malumori tra i dem per i "sacrifici" in favore degli alleati

Carlo Calendaha già fatto sapere che scioglierà domani il nodo alleanze ma alla vigilia della decisione si rafforza tra i dem la convinzione che l’ex ministro non sarà della partita. “Dirà di no”, confida un dirigente Pd che sta seguendo da vicino il dossier. Anche stamattina il leader di Azione ha marcato le distanze con Verdi e Sinistra Italiana. E anche con Luigi di Maio. «Che c’entrano con l’agenda Draghi?», ha twittato Calenda postando le immagini del corteo di ieri contro il rigassificatore di Piombino. Ed ancora: «Discutiamo di quello che volete, ma agli elettori di Azione non possiamo chiedere di votare Di Maio, Bonelli (anti Ilva, termovalorizzatori e rigassificatori) e Fratoianni (che ha votato 55 volte la sfiducia a Draghi) nei collegi uninominali. Non si costruisce una prospettiva di Governo se non si condividono dei contenuti. La stagione del “tutti contro” è finita perché ha dimostrato di essere fallimentare». E conclude: «Gli elettori chiedono coerenza e serietà. Queste elezioni si possono vincere se, come ha fatto Draghi nel suo discorso al Senato, si è in grado di dire dei si e dei no e indicare una rotta precisa. Basta aperture ai 5S, basta raccattarsi i 5S. Chiarezza di contenuti e coraggio».

Ad allungare le distanze sembra contribuire anche la proposta lanciata ieri dal segretario del Pd, Enrico Letta, di una '”dote” per neomaggiorenni da finanziare con una tassa di successione per i patrimoni plurimilionari. «Ai diciottenni non serve una dote ma un’istruzione di qualità e meno tasse sul lavoro», replica Calenda. Contro la proposta si è schierato anche il centrodestra. «Letta persevera, confermando che la vocazione del Pd è quella del partito delle tasse. Il contributo di solidarietà, alias patrimoniale, viene propagandato come uno strumento di equità sociale, ma la realtà è che finirebbe per colpire soprattutto le proprietà immobiliari e i risparmi del ceto medio, un limone già ampiamente spremuto», dice Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia. Per la Lega parla il responsabile del dipartimento Economia, Alberto Bagnai: per il Pd «non c’è problema la cui soluzione non sia una tassa, in coerenza con la cultura politica degli “espropri proletari” da cui provengono», sottolinea, mentre Maurizio Lupi, presidente di Noi con l’Italia, taglia corto: «È una patrimoniale mascherata. La soluzione migliore è invece quella del robusto taglio alle tasse sul lavoro per creare occupazione». 

Nell’attesa di capire quali saranno le scelte di Azione, nel Pd va avanti il lavoro sulle candidature. Martedì prossimo inizierà al Nazareno il lavoro di scrematura delle proposte dalle direzioni provinciali Pd che dovranno far pervenire le loro indicazioni entro la giornata di lunedì. Un mix di conferme di parlamentari uscenti, amministratori ma anche nomi della società civile. Vedi Mauro Lusetti, presidente di Legacoop, nome avanzato dai dem di Modena finita nell’ultime ore nell'occhio del ciclone per le indiscrezioni che vorrebbero Di Maio candidato in un collegio blindato nella città emiliana. Oggi il vertice ha smentito che ci siano contatti con Roberto Fico. «Si leggono oggi ricostruzioni del tutto inventate, senza alcun ancoraggio alla realtà. False, dunque. Nessun contatto, nessun corteggiamento, nessun coinvolgimento», la puntualizzazione da via Sant’Andrea delle Fratte dopo alcune indiscrezioni di stampa. Mentre viene confermato che è in corso un’interlocuzione con i fuoriusciti M5s, Federico D’Incà e Davide Crippa.

Tra i parlamentari uscenti diverse le proposte di riconferma avanzate dalle direzioni provinciali dem. Praticamente tutti i piemontesi, con l’eccezione di Mino Taricco che si è chiamato fuori, con qualche innesto – l’ex coach della nazionale di pallavolo Mauro Berruto, Rita Rossa, in passato sindaco di Alessandria – e la solitaria autocandidatura di Paolo Furia, segretario regionale “per caso” (così viene definito dai suoi stessi compagni che l’avevano scelto come un quasi debole candidato di bandiera).

Tuttavia, a quanto viene riferito all’Adnkronos, nei territori starebbe montando un certo malumore sugli accordi già stretti e in particolare sulle candidature promesse dai dem. «Molti di noi si chiedono quale sia l'apporto reale di alcune sigle, dai socialisti a Demos... Si rischiano di sacrificare candidature nostre eccellenti, personalità di esperienza, per fare posto a chi non si sa bene quanti voti porti», è lo sfogo di un esponente dem. Le ultime indiscrezioni parlano di uno schema che vedrebbe un paio di eletti sicuri nei listini per socialisti (uno certo per il segretario Enzo Maraio), altrettanto per Demos (a partire dal leader Paolo Ciani). Qualcosa in più – si parla di 5 posti – per Articolo 1 (certi Roberto Speranza, Arturo Scotto e Federico Fornaro). «Ma si tratta di pochissimi posti e comunque oltre quanti, va visto quali...», spiega chi sta seguendo in prima persona il dossier candidature. Intanto si muove anche Matteo Renzi che di fatto oggi annuncia il Terzo Polo in modo esplicito. «La sinistra apre la campagna elettorale candidando Di Maio e parlando di tasse. La destra di Salvini e Meloni la conosciamo: sovranisti e populisti. C’è un mondo che chiede di votare altro. Noi ci siamo #TerzoPolo». E poi Maria Elena Boschi: «Le alleanze si fanno sulle idee. Meglio il terzo polo al centro».

print_icon