TRAVAGLI DEMOCRATICI

Pd "derenzizzato" alla resa dei conti

Come ampiamente previsto le purghe di Letta hanno colpito gli esponenti riformisti, praticamente azzerando la presenza degli amici dell'ex premier. Ma per il segretario potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro: dopo le elezioni sarà costretto a sloggiare dal Nazareno

La lettera scarlatta, un’evidente R che sta per renziani allargandosi pure ai riformisti quando le due definizioni non coincidano, è un timbro premuto con forza stizzosa e soddisfatta vendetta ad impedire il ritorno in Parlamento. Il marchio colpisce uno dietro l’altro deputati e senatori, stupisce per i nomi esclusi dalle liste del Pd (o piazzati in posizioni senza alcuna possibilità di elezione) e destinati ad allungare, ora dopo ora, la black list di Enrico Letta in un ferragosto in cui il susseguirsi di rinvii della Direzione Nazionale danno l’idea di quel che sta capitando al Nazareno di fronte alla scelta su chi salvare e chi sommergere nella palude stigia dell’infedeltà o, addirittura, del tradimento. 

Nella calura agostana la vendetta, covata per anni dall’ormai storico “Enrico stai sereno”, può pure consumarsi tiepida perché di questo, ma non solo di questo si tratta: nell’epurazione che va oltre il renzismo entrando a piedi giunti nel riformismo, c’è anche il posizionamento del Pd lettiano e la sua futura presenza parlamentare. In un lucido e legittimo disegno che, tuttavia, porta in sé il rischio di un paradosso pronto ad emergere se la non improbabile sconfitta elettorale condurrà rapidamente a un congresso in cui verrà deciso il cambio di leadership.

Pas d’ennemis a gauche. Per ora e per quanto riguarda la presentazione del suo partito e degli alleati agli elettori, il professore di Sciences po applica alla lettera la massima d’Oltralpe con il campo allargato a Sinistra Italiana, oltre naturalmente agli ex scissionisti di Articolo Uno che rispetto Nicola Fratoianni si collocano in un’area più moderata ed è tutto dire. Apre a sinistra e chiude, le porte del Parlamento, a quell’area riformista correntizzata in Base Riformista dove si sono trovati ex renziani che non hanno seguito il senatore di Rignano, ma anche esponenti difficilmente classificabili come suoi ex fedelissimi.

Porte chiuse a figure non certo di secondo piano. Stefanio Ceccanti, costituzionalista eletto nel 2018 collegio di Pisa è stato fatto fuori per lasciare quel posto proprio a Fratoianni. “Stupisce anche me che le competenze di Ceccanti non siano riconosciute e valorizzate dal Pd. Si mette a rischio così anche il voto del cattolicesimo democratico e riformista”, ha scritto Padre Francesco Occhetta, gesuita, politologo e firma di Civiltà Cattolica. Nessuna resipiscenza del Nazareno, neppure di fronte all’agitarsi dell’ala cattolica interna di fronte a quella lettera scarlatta che ha colpito il professore.

Ad impugnare il timbro, per lui come per gli altri, è la mano destra di Letta, quel Marco Meloni, epurator, la cui fama di massimo fautore e interprete della derenzianizzazione del partito emerge con forza oggi ma affonda le radici lontano, in quei giorni del forzato trasloco del sereno Enrico da Palazzo Chigi quando il suo fedelissimo fin dai tempi del Ppi vestì i panni dell’ultimo giapponese. Oggi ha il grado più alto, seppure noto solo agli addetti ai lavori, dopo il segretario. È lui che alza o abbassa il pollice, che smista la questua di chi vuole restare, di chi vuole provarci. Lui, sardo di Quartu Sant’Elena, ci aveva provato nel 2018 a restare alla Camera dov’era stato eletto nella circoscrizione ligure, ma quattro anni fa le liste le aveva fatte ancora Renzi e nessuno era riuscito a salvare il soldato Meloni, oggi con le greche da generale.

Pollice verso anche per un altro professore colpito dalla lettera scarlatta: niente ricandidatura per l’economista Tommaso Nannicini, toscano ma eletto in Lombardia dove pare incerta anche la riconferma di un esponente dell’ala riformista, ma non certo renzianissimo, come Emanuele Fiano al quale sarebbe stato prospettato un posto di quelli nient’affatto sicuri.

Prima di farsi dire no, se ne è andato dal partito Dario Stèfano. Un divorzio non senza polemiche, “La mia è una decisione sofferta, determinata da una serie di errori di valutazione che il Pd sta continuando a inanellare. Questi errori, ormai sedimentati – ha spiegato il senatore – stanno generando un distacco fatale da quell'anima riformista, progressista e plurale di cui il Pd e l'Italia, tutta, hanno impellente necessità”. Per lui c’è pronto un posto nel Terzo Polo di Renzi e Carlo Calenda. Tremano polsi e posto sicuro anche per alcuni piemontesi dell’area riformista come Davide Gariglio e Francesca Bonomo, candidati sì ma in posizioni che solo un miracolo potrebbe tramutare in seggio parlamentare. Perché se il marchio renziano è davvero difficile toglierlo a uno come Luca Lotti, la cui permanenza nel Pd (così come quella capogruppo al Senato Andrea Marcucci giubilato da Letta, pure lui nella blacklist) stupì dopo l’uscita dell’ex premier e segretario, la R non di rado è la lettera scarlatta che sta per riformista, corrente di cui l’inquilino pro tempore del Nazareno pare volere rappresentata in maniera tutt’altro che significativa nei futuri gruppi parlamentari. E sarà così. Con quel rischio, concreto, che potrebbe affacciarsi dopo le elezioni.

La non improbabile sconfitta aprirebbe le porte a un nuovo segretario e il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che nella sua maggioranza ha Italia Viva e da Renzi, di cui è amico, ha già ricevuto una sorta di endorsement, sta già preparando la sua candidatura. Letta nell’eventualità di fare gli scatoloni, prima cerca di portare alla Camera e al Senato più che può dei suoi e il meno possibile, forse nessuno, dei renziani e riformisti. Prospettando per un’altra volta un Pd con una maggioranza alla guida del partito diversa da quella dei gruppi parlamentari. Un piano, quello di Letta, ovvero governare i gruppi anche senza più essere segretario che come i precedenti insegnano difficilmente può funzionare. Ulteriori problemi per un partito che già non se ne fa mancare.

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