VERSO IL VOTO

Dopo il Pd tocca al centrodestra, panico per le liste (di proscrizione)

Molti parlamentari della Lega ma soprattutto di Forza Italia temono di fare la fine dei loro colleghi dem. La "degelminizzazione" azzurra per mano della Ronzulli. Domani è il giorno clou in cui si chiuderanno i giochi. Molinari a colloquio con Salvini

Strategia o casualità? Comunque sia, il centrodestra concentrando gli interventi dei suoi leader sui programmi e sui temi-guida della campagna elettorale e tenendo parecchio in ombra la questione delle candidature marca una evidente differenza rispetto al centrosinistra e in particolare al Pd avvilluppato e non poco travagliato sulle liste, con pesanti strascichi dopo l’annuncio dell’altra sera.

L’apparente distacco di Matteo SalviniGiorgia Meloni Silvio Berlusconi da quella che resta questione nodale ad ogni appuntamento con le urne, tuttavia, non deve trarre in inganno. Da via Bellerio a via della Scrofa, così come da Arcore (con la sua dependance romana di Villa Grande) le agende s’infittiscono di incontri proprio per riempire rapidamente tutte le caselle, quelle del proporzionale con le liste di ciascun partito e quelle dei collegi uninominali in cui il candidato rappresenta l’intera coalizione, senza arrivare col fiato corto alla scadenza del 22 agosto. 

Prima di tutto questo e a, almeno parziale, spiegazione di questo c’è una differenza di metodo consolidata: contrariamente a quanto sta succedendo nel Pd dove è un rincorrersi di lamentazioni circa decisioni troppo verticistiche senza quell’ascolto sperato dai cosiddetti territori, nel centrodestra nessuno osa stranirsi se anche questa volta come sempre in passato le decisioni si prendono al vertice nazionale. 

Differenze, ma anche similitudini speculari. Per una derenzizzazione palesemente e rumorosamente attuata da Enrico Letta per mano del plenipotenziario elettorale Marco Meloni, dal cerchio tragico arcoriano è annunciata una degelminizzazione affidata alla non meno potente e determinata Licia Ronzulli. L’abbandono di Forza Italia da parte di Mariastella Gelmini offre ulteriore destro alla madre-padrona del partito per agire come già aveva in mente di fare quando la ministra non aveva ancora lasciato per approdare sui lidi calendiani di Azione. A farne le spese saranno coloro i quali, da sempre vicini alla Gelmini non l’hanno però seguita, diventando in questo sorta di renziani azzurri, Ed è il caso, tra gli altri della torinese Claudia Porchietto, intima politicamente di Maristar, ma rimasta nel partito dove c’è quella Ronzulli che già molti mesi fa le aveva detto di mettersi in cuore in pace e dire addio a una posizione blindata in testa di lista. Figuriamoci adesso.

Diverso il destino dell’altra metà della coppia parlamentare azzurra torinese: Carlo Giacometto è stato vicinissimo a Renato Brunetta, diventandone presto uno dei suoi consiglieri, ma Brunetta non è Gelmini, non ha cambiato casacacca dopo aver svestito quella azzurra e questo pesa a favore di Giacometto, insieme al fatto di essere il forzista con più anzianità di militanza del Piemonte, insieme al viceministro Gilberto Pichetto, uno che non ha bisogno di intermediari per colloquiare e trattare con il Cav. Del piano della trimurti azzurra, il coordinatore regionale Paolo Zangrillo e si suoi due giannizzeri Roberto Rosso e Roberto Pella, e delle manovre per blindarsi in posizioni sicure, après nous le deluge, abbiamo scritto nei giorni scorsi.

Sul fronte della LegaMatteo Salvini s’è visto rinviare il Palio per il quale era arrivato a Siena, ma prima del violento acquazzone il Capitano nella mattinata aveva incontrato i suoi due cavalli di razza, i capigruppo alla Camera Riccardo Molinari e al Senato Massimiliano Romeo. Un vertice toscano per affrontare quei problemi che ancora ci sono in alcune regioni da cui sono arrivate indicazioni circa le candidature che il leader intende vagliare insieme ai suoi stretti collaboratori prima della riunione di giovedì in via Bellerio quando si metteranno nero su bianco uomini e donne per liste e collegi.

In Piemonte, come altrove, i posti disponibili sono meno di quelli degli uscenti e dunque si tratterà di un risiko non facile, anche se qualche rinuncia, come quella della deputata di Tortona Rossana Boldi e qualche collegio incerto come quello che si prospetta per la senatrice Marzia Casolati (nota per aver richiesto il bonus Covid senza averne titolo, con conseguente breve autosospensione dal partito) a Torino, potranno attenuare il problema. A ridosso della scadenza per la presentazione delle liste, gli incontri si intensificano e tra questi c’è in agenda pure quello tra Molinari, in veste di segretario regionale del Piemonte e il suo omologo lombardo Fabrizio Cecchetti. Un lavorìo di trattative e incastri con una certezza che sarebbe emersa dall’incontro di ieri con Salvini, ovvero la rinuncia alla discesa al Sud di big del partito che resteranno invece a Nord. A complicare le scelte per quanto riguarda le candidature in più collegi e circoscrizioni (fino a cinque) c’è la norma che non consente l’opzione, ma assegna la vittoria nel collegio dove l’eletto ha conseguito il risultato minore. Una variabile in più da tenere in conto in casi come quello che in Piemonte riguarda la Camera per Alessandria Asti e Cuneo, dove con capolista Molinari il terzo da blindare è l’astigiano Andrea Giaccone e dunque sarà dirimente la scelta della donna da piazzare al terzo posto. 

Meno problemi di posti li hanno certamente i Fratelli d’Italia il cui coordinatore regionale Fabrizio Comba è pronto con la ventiquattrore in mano per partire alla volta di Roma quando Giorgia Meloni lo convocherà per definire le liste. Un’altra valigia più capiente, Comba l’ha preparata da tempo essendo la sua elezione al Parlamento uno delle più blindate. Altri scalpitano e sperano. Nel caso del mister preferenze alle comunali di Alessandria Emanuele Locci, mentre spera di vestire i panni del candidato non rinuncia ad indossare una maglietta con il simbolo di Alleanza Nazionale e del Fronte della Gioventù con quella fiamma tricolore cui gli avversari chiedono alla Meloni di rinunciare. “Le radici profonde non gelano”, scrive l’alessandrino a commento della foto con il sapore della sfida, oltre a quello della nostalgia. 

Per i Fratelli si annunciano, però, tempi da Lupi in Piemonte. Il collegio uninominale di Asti, di spettanza meloniana nella spartingaia del centrodestra molto probabilmente sarà ceduto, obtorto collo, a Maurizio Lupi. E, contrariamente alle (vane) speranze di Paolo Damilano, quel posto blindato l’ex ministro e presidente di Noi per l’Italia, viste le difficoltà a trovare posto nella sua Lombardia (dove piazzerà il fido Alessandro Colucci) lo terrebbe per sé.

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