Voto cattolico in ordine sparso

Per molti anni la vigilia elettorale italiana è sempre stata anche contrassegnata dal cosiddetto “voto cattolico”. Ovvero, e detto in altri termini, come si orientavano politicamente ed elettoralmente i cattolici italiani. È da tempo, ormai, che questo tema è finito in soffitta. Non perché non esistano più i cattolici, come ovvio e scontato, ma per la semplice ragione che il pluralismo politico dei cattolici nel nostro paese è un fatto ormai storicamente acquisito. E dopo il tramonto della Democrazia Cristiana, la fine del Ppi di Mino Martinazzoli e della Margherita di Marini e Rutelli, il capitolo del voto dei cattolici non è più stato un tema all’ordine del giorno. E le scelte, singole o collettive dei cattolici, rappresentano un aspetto drasticamente secondario ai fini della vittoria elettorale dei rispettivi schieramenti politici. E questo non solo perché la Chiesa italiana, nelle sue multiformi espressioni, è giustamente neutrale ai fini delle scelte concrete verso questo o quel partito. Ma anche perché lo stesso associazionismo cattolico, al di là della sua produzione culturale, sociale e forse anche politica, si arresta – altrettanto giustamente – di fronte alla indicazione di voto per qualsiasi partito o schieramento politico.

Tutto ciò, comunque sia, non mette affatto in discussione il ruolo o la funzione politica importante della cultura cattolico popolare e cattolico sociale all’interno dei singoli partiti. Almeno di quei partiti che ritengono che questo patrimonio culturale, sociale e politico continua ad essere importante e decisivo ai fini stessi del progetto complessivo del singolo partito. Certo, sono ormai pochissimi i partiti – o meglio i contenitori elettorali – che contemplano al proprio interno la presenza di questa cultura e dei rispettivi esponenti. A livello locale e a livello nazionale. Sotto questo versante, nell’attuale geografia politica e salvo accadimenti ad oggi imprevedibili ma pur sempre possibili, il “centro” che si va formando nel nostro paese può rappresentare uno spazio politico importante ai fini della presenza politica del filone del cattolicesimo popolare e sociale.

Per altri partiti e altri contenitori elettorali il richiamo a quella cultura è puramente formale se non addirittura un atto burocratico e protocollare. Certo, esistono singoli esponenti che si richiamano a quella cultura ma non c’è ormai alcuna corrispondenza concreta tra la loro singola azione politica e l’appartenenza a quel partito. Prova ne sia che le cosiddette “correnti” dei Popolari all’interno di quei partiti o contenitori elettorali non esistono più.

Ecco perché le scelte elettorali dei cattolici non appartengono più al dibattito politico contemporaneo. In attesa che nascano esperienze politiche più caratterizzanti sotto questo profilo – orizzonte del tutto impensabile ad oggi – l’unico modo per far rivivere quella tradizione e quella cultura nella cittadella politica italiana è quello di organizzarsi all’interno dei singoli partiti e movimenti, almeno di quelli che manifestano questa sensibilità, per condizionare e orientare le scelte stesse dei partiti di riferimento. Per il resto, è inutile scomodare la storia. Ogni stagione storica va rispettata ma senza pensare di riproporla quando il contesto di riferimento è drasticamente cambiato rispetto ad un passato recente o meno recente.

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