Fare di tutti i rave un fascio

L’anniversario della Marcia su Roma, di cui il 28 ottobre ricorrevano i cent’anni, era atteso con molta preoccupazione da quasi tutte le forze politiche. A sinistra si temeva che, un secolo dopo l’evento che portò Mussolini al potere, la camicie nere sfilassero nuovamente in piazza per celebrare il loro atteso riscatto, nelle mani del governo appena insediato e nato all’insegna della “Fiamma”. Le forze di destra, ossia coloro che siedono da poco sugli scranni dell’esecutivo, avevano invece la necessità di impedire che il lungo processo di defascistizzazione, iniziato con il primo governo Berlusconi e mai concluso, fosse intralciato da una serie di saluti romani fatti davanti alle sedi istituzionali, magari accompagnati dal tradizionale “Boia chi molla” (come all’epoca della salita al campidoglio di Alemanno, incoronata da continui inneggiamenti al Duce).

Nulla di tutto questo è avvenuto. I nostalgici hanno sfilato a Predappio, tra canti e appelli al grido di “Presente!”, consegnando al pubblico televisivo un’immagine tranquillizzante: una parata vissuta come un’innocua rievocazione storica; il ritrovo di alcuni esaltati ancorati a un passato oramai lontano. L’importanza mediatica costruita intorno al rave organizzato all’interno di alcuni capannoni, alla periferia di Modena, ha fornito un piccolo, ulteriore, aiuto in sostegno all’idea che quanto accadeva intorno al sepolcro di Mussolini, tutto sommato, non raffigurasse nulla di grave.

Il ritrovo dei giovani, voluto da un sistema commerciale basato sul business e non da motivi politici, è stato paragonato alla discesa in Italia dei Lanzichenecchi per creare un alibi utile a legittimare lo sgombero tramite la forza pubblica. Tanti avranno notato il triste sevizio mandato in onda alcuni giorni addietro dal Tg3, in cui l’inviata sul luogo tentava in tutti i modi di narrare una tensione non supportata in realtà dalle riprese dei cameramen. La giornalista, con tono fintamente agitato, indicava infatti giovani in fuga all’arrivo della polizia, mentre le telecamere ritraevano la normale attività di chi stava sbaraccando senza dimostrare neppure agitazione. I ragazzi se ne stavano andando, vero, ma con i loro tempi e senza dare la minima impressione di voler provocare scontri con i reparti inviati dal Ministero dell’Interno.

Il giorno seguente, il nuovo esecutivo ha approvato una norma penale anti raduni, da applicarsi quando l’assembramento raccoglie più di cinquanta persone. Il dispositivo prevede sino a sei anni di galera per coloro che promuovono eventi (oppure semplicemente vi partecipino) da cui derivi l’invasione di edifici, o terreni, mettendo a rischio la pubblica incolumità. Una norma potenzialmente liberticida, la cui pena edittale è decisamente sproporzionata, poiché pari a quella prevista per reati di gravità superiore. Ad esempio, il delitto di frode delle forniture pubbliche, art. 356 c.p., prevede la reclusione da 1 a 5 anni, a fronte di un danno causato alla Pubblica Amministrazione solitamente più oneroso di quello assestato alla comunità da un rave.

Un’ampia classe dirigente politica e del mondo dell’informazione, formata generalmente nelle università liberal-dem statunitensi, ha sommessamene tifato in cuor suo per la liquidazione della questione giovanile tramite la forza di legge (ad hoc). Ceto dominante cha ama proseguire sulla strada del pugno d’acciaio, della linea dura adottata per convincere chiunque si dimostri refrattario alle nuove ingarbugliate teorie economiche radical liberiste: la strana ricetta reazionaria che dovrebbe salvare l’Occidente dall’espansione commerciale di russi e cinesi. La politica, puntellata dalla maggioranza degli editori, ha iniziato a spazzare via i diritti assoluti iniziando da quello di sciopero, portando quindi avanti le privatizzazioni e infine sostenendo (in maniera tutt’altro che silente) le misure oppressive contro i lavoratori non vaccinati. Soffiare sul fuoco acceso dalla guerra russo-ucraina ha dato invece il colpo finale a chi un tempo votava a Sinistra sperando (almeno) nella difesa della Pace.

Un ceto di potere trasversale, confuso nei valori di appartenenza, e pronto ad agire laddove vengano lesi i pilastri che reggono il libero Mercato, o meglio i grandi monopoli. La Sinistra americana ha perso l’orientamento, rinunciando all’analisi politica per scimmiottare il temuto Trumpismo, e la stessa cosa è accaduta di riflesso a quella istituzionale italiana. Il nuovo corso ha consentito alla Destra, da poco al potere, di puntare il dito accusatorio sui rave e, per contro, di ignorare bellamente la violazione di numerose leggi e norme, comprese quelle costituzionali, che sanciscono il divieto della ricostituzione del Partito Fascista nonché dell’esposizione pubblica dei suoi simboli.

Evidentemente i raduni caratterizzati dal saluto romano non solo non rappresentano una minaccia per la salute pubblica, anche se numerosi testimoni di quanto accaduto in passato potrebbero smentire con forza questa affermazione, ma al contrario per qualche membro di maggioranza raffigurano un’importante risorsa produttiva, in termini di presenze turistiche, per il comune di Predappio. 

Tornano i due pesi e le due misure tipici di epoche in cui la libertà è prossima all’archiviazione definitiva. La svolta dell’Italia a Destra non è solo merito della frenetica attività politica attuata dal neo premier Meloni, ma è stata resa possibile soprattutto grazie al ruolo fondamentale che ha avuto la Sinistra stessa nel dividersi di continuo, nel demolire in pochi anni le conquiste sociali ottenute in passato: i democratici, insieme ai loro alleati, hanno arato il campo, affidando la semina a coloro che oggi governano e si preparano a raccogliere i frutti per lungo tempo.

print_icon