Qatar, vergogna e orgoglio

Vergogna. È la prima parola, banale, che mi è venuta in mente alla notizia dell’arresto da parte della magistratura belga di due sindacalisti italiani indagati per corruzione. Antonio Panzeri, mitico sindacalista della Cgil degli anni Novanta, segretario della Camera del lavoro di Milano dal ’95 al 2003, e Luca Visentini, sindacalista della Uil, ora rilasciato “sotto condizione”, prima alla guida dei sindacati europei e poi alla Ituc, il sindacato mondiale a cui aderiscono Cgil-Cisl-Uil.

Quale sia l’accusa, fondata o meno, rimane grave un’affermazione di Panzeri riportata dai giornali per cui il Qatar “dovrebbe essere visto come una storia di successo. La Coppa del Mondo è stata un’opportunità per accelerare il cambiamento e queste riforme possono costituire un buon esempio da estendere ad altri Paesi che ospitano grandi eventi sportivi”. Per i magistrati belgi, l’obiettivo del Qatar era proprio di dimostrare che anche i sindacati apprezzavano i presunti passi avanti sulla tutela dei lavoratori. Peccato che la testata britannica Guardian, avendo avuto accesso a documenti governativi qatarioti, abbia rivelato che dal 2010 al 2020 sono morti 6.500 lavoratori impiegati nelle costruzioni legate ai mondiali.

Dopo il senso di vergogna – perché se sei o hai fatto il sindacalista lo sei per tutta la vita – ho pensato alle migliaia di delegati sindacali che lunedì rientrando al lavoro hanno affrontato e ascoltato i commenti dei colleghi sulla vicenda rendendogli più gravoso sostenere il loro ruolo sindacale e come rappresentarli. A loro dico di andare a testa alta. Orgogliosi di essere delegati sindacali perché il cuore e le braccia del sindacato siete voi con il lavoro quotidiano, con gli iscritti che fate tenete in piedi le organizzazioni sindacali.

Purtroppo, il famoso codice etico del sindacalista, inventato da Giovanni Avonto, sindacalista della Fim e Cisl piemontese è stato, in questo caso, ampiamente ignorato. Codice che è ben presente nella Cisl e di cui ricordo solo i due attinenti alla Trasparenza, dove tale principio deve riguardare tutti gli ambiti e i livelli dell’organizzazione, anche attraverso la certificazione dei bilanci. Infatti, vige la regola di rendere pubblica una rendicontazione economica, finanziaria e sociale chiara e trasparente. Il secondo valore etico è la Sobrietà e una gestione efficiente, ricordando che gran parte delle risorse economiche e finanziarie utilizzate dall’organizzazione proviene dal contributo autonomo e volontario dei lavoratori e pensionati con la trattenuta sindacale mensile. Infatti, ci si impegna ad adottare e promuovere comportamenti contrassegnati da sobrietà e buona amministrazione, impegnando ad utilizzare le risorse disponibili nel modo migliore, evitando in particolare qualunque forma di spreco.

Ogni struttura organizzata, in generale, è a rischio corruzione, malversazione, peculato o anche solamente di un uso improprio delle risorse e dei mezzi di proprietà della struttura stessa. E non sono solo i grandi casi di corruzione – eclatanti sì, ma poco diffusi – mentre è più possibile, seppur non giustificata, la debolezza umana, i casi di piccolo cabotaggio, “l’aggiustarsi” quotidiano.

Certo non è un caso di corruzione ricevere due bottiglie di vino a Natale, sebbene quando Prodi era presidente del Consiglio mise un tetto ai regali per i parlamentari di 300 euro. Mi capitò da segretario Fim di ricevere un pensiero natalizio consistente in una bottiglia di nebbiolo che successivamente scoprii costare 12 euro. Un’offesa alla qualità del nostro buon nebbiolo!

Un utilizzo personale della carta di credito aziendale o dei mezzi aziendali, con il pieno di benzina, fatturare costi di materiale e usarli per scopi personali, banalità come una tinteggiatura, una riparazione di un guasto casalingo; usare dipendenti per attività personali: come si vede sono tante piccole azioni che possono anche non essere perseguibili penalmente ma sono moralmente e eticamente inaccettabili.

In una società in generale esposta e pervasa da ogni “tentazione” diventa ancora più rilevante l’essere sindacalisti, sempre e in ogni occasione, perché siamo un esempio: i lavoratori ci guardano, sempre. Per questo dico a ogni delegato sindacale di tenere la testa alta di fronte a casi così emblematici come quello di Bruxelles, perché i lavoratori osservano prima di tutto come agisce il collega che è anche delegato sindacale e l’onestà sindacale è tra le nostre virtù e nostra forza.

Certo, questi fatti non ci aiutano, anzi, ma ci sono due modi per garantire ad esempio a un’impresa di venire a insediarsi sul nostro territorio per creare lavoro: il primo è quello perseguito dai personaggi di questa triste e vergognosa vicenda che in realtà serviva a coprire i morti sul lavoro che ci sono già stati in Qatar; il secondo, che è il nostro, è la chiarezza e la trasparenza dell’azione sindacale sul proprio territorio facendo comprendere agli imprenditori che vige la regola dell’agire alla luce del sole ognuno con il suo compito e ruolo per il bene comune e non di se stesso.

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