Cara vecchia Provincia

Tra i punti qualificanti del nuovo Governo c’è indubbiamente l’annunciato ritorno delle Province, dopo la fallimentare e pessima legge Del Rio che le aveva abolite. Una scelta, quella di Delrio, dettata solo ed esclusivamente da ragioni demagogiche e qualunquistiche per inseguire e assecondare la spinta populista dei 5 stelle. Come, ad esempio, il taglio indiscriminato dei parlamentari per poi accorgersi solo dopo del mal funzionamento delle Assemblee elettive e della sempre più scarsa rappresentanza territoriale. Al di là di un altrettanto pessimo sistema elettorale che non prevede più l’elezione dei parlamentari ma solo la “nomina” centralistica da parte dei capi partito.

Ma, per tornare al capitolo delle Province, semplicemente non ci si è resi conto che proprio questo ente era quello più vicino alle istanze e alle domande dei cittadini. E, di conseguenza, dei Comuni, soprattutto dei piccoli e medi Comuni che, come tutti sappiamo, rappresentano la stragrande maggioranza degli enti locali. A livello piemontese come a livello nazionale. E questo perché sono proprio le competenze istituzionali delle Province ad essere state messe in discussione delegandole alle cosiddette “Città metropolitane” che, al di là della buona volontà e della dedizione degli amministratori e dirigenti, si sono rivelate del tutto inadeguate al compito e al ruolo che la legge Delrio le aveva assegnato.

Ora, ci voleva il ritorno del centrodestra al Governo per ripristinare una legge dettata unicamente dal buon senso prima ancora di qualsiasi altra valutazione politica o di schieramento. Perché è proprio attorno a quelle competenze istituzionali – trasporti, scuola, infrastrutture, turismo e manutenzione del territorio – che si gioca la sopravvivenza e il destino degli stessi Comuni. E, nello specifico, dei piccoli Comuni. È inutile ricordare che le Province, storicamente, hanno svolto quel compito istituzionale in modo eccellente. Poi, certo, molto dipendeva anche e soprattutto dalla capacità dei singoli amministratori che gestivano le varie deleghe. Ma è indubbio che era proprio quella cornice istituzionale che imponeva di svolgere un ruolo essenziale ed indispensabile per il governo concreto del territorio. Apprezzato e ricordato ancora oggi praticamente da quasi tutti gli amministratori locali dei vari territori.

Ma, preso atto della possibilità di far ritornare l’ideologia del buon senso sul versante della riscoperta delle Province per quanto riguarda la riorganizzazione degli enti locali, è anche bene ricordare che, appena il dibattito decollerà a livello parlamentare e nazionale, avremo nuovamente l’opposizione feroce dei populisti dei 5 stelle e di tutti i professionisti “dell’anti casta”, accompagnato quasi sicuramente dai compagni di viaggio della sinistra post comunista, che si scaglieranno contro in virtù della “buona politica” contro lo sperpero delle risorse pubbliche.

Seguendo la logica, ormai nota e collaudata, che il costo della democrazia è un orpello di cui possiamo tranquillamente fare a meno con tanti saluti al governo del territorio e, di conseguenza, alle domande e alle richieste sempre più pressanti dei cittadini che provengono da quei luoghi. E questo perché i populisti sono perfettamente estranei ai temi del governo del territorio e della gestione delle amministrazioni locali essendo interessati solo ed esclusivamente alla propaganda demagogica, antipolitica e qualunquistica.

Ecco perché il tema del ritorno delle Province – provvedimento, lo ripeto, atteso ormai da anni dalla stragrande maggioranza degli amministratori locali e dai rispettivi territori – dovrà, tuttavia, superare le non poche resistenze antipolitiche che saranno messe in campo dai populisti e quasi sicuramente dalle sinistre. Non sarà un iter né semplice e né facile ma si deve percorrere sino in fondo per non ritrovarci a fare i conti, ancora una volta e forse per sempre, con la pessima ed incommentabile legge voluta dall’esponente del Pd Delrio.

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