Il valore della "coesione istituzionale"
Giorgio Merlo 11:28 Lunedì 02 Gennaio 2023
La “coesione istituzionale” ha segnato uno dei momenti più importanti e significativi della politica torinese e piemontese. C’è un passaggio temporale che segna il successo concreto di quel “metodo” che ha segnato una svolta e una discontinuità nella politica subalpina. È quello che coincise con la gestione dell’evento internazionale che va sotto il nome di “Torino 2006”, cioè le Olimpiadi invernali. Certo, anche in altri momenti storici il nostro territorio ha conosciuto quel metodo che ha permesso di superare momenti difficili, se non addirittura drammatici, della nostra storia politica e della vita democratica. Basti pensare alla stagione del terrorismo e a tutto ciò che ha comportato in termini di perdita di vita umane e di messa in discussione della stessa tenuta delle istituzioni democratiche.
Eppure, il tema della cosiddetta “coesione istituzionale” ogniqualvolta fa capolino nella politica locale, è destinata ad innescare polemiche ed accese discussioni. È appena il caso di ricordare la recente reazione di alcuni esponenti del Pd torinese contro il sindaco Stefano Lo Russo per avere, giustamente, partecipato ad alcune iniziative importanti di comune intesa con il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio.
Ora, senza entrare nel merito di queste sterili discussioni, credo sia corretto ricordare che la “coesione istituzionale” si può declinare e concretamente praticare a due sole condizioni.
Innanzitutto, la “coesione istituzionale” si può e si deve perseguire solo attorno ad alcuni temi, decisivi ed importanti per le massicce e significative ricadute che possono avere per l’intero territorio. Torinese e piemontese. E la selezione dei temi che possono e debbono essere affrontati di comune intesa fra istituzioni diverse e con vertici politici non omogenei è uno dei caposaldi che qualificano una classe dirigente che non si limita ad inseguire o a cavalcare i problemi con metodi puramente propagandistici. Fissare, cioè, delle priorità programmatiche è uno dei segreti della buona amministrazione di chi guida pro tempore importanti enti locali.
E, in secondo luogo, la qualità e l’autorevolezza della classe dirigente. Per fare un solo esempio, la collaborazione tra Enzo Ghigo e Sergio Chiamparino nella gestione concreta di Torino 2006 spinse l’intera politica subalpina – anche noi parlamentari dell’epoca – a cercare le strade per assecondare una grande unità politica e legislativa a livello trasversale per potere centrare obiettivi comuni e condivisi da schieramenti politici diversi se non addirittura alternativi. Senza ridicoli consociativismi o goffi trasformismi. Ma con l’intento di privilegiare i contenuti rispetto alla sola propaganda. Certo, una vera “coesione istituzionale” non ci può essere quando prevale – elementi, purtroppo, molto presenti nella fase politica contemporanea – una sorta di violenta e spietata radicalizzazione del confronto politico oppure quando è forte la volontà di delegittimare l’avversario politico che si riduce ad essere solo un nemico. Per questi motivi, semplici ma essenziali, è necessario avere una classe dirigente all’altezza che non riproduca solo i canoni della propaganda spicciola o della contrapposizione ideologica e pregiudiziale.
Ecco perché, proprio attorno alla “coesione istituzionale”, si gioca anche la partita della credibilità della politica, della conoscenza del territorio, della priorità dei temi da affrontare e, in ultimo ma non per ordine di importanza, della qualità e della robustezza della classe dirigente politica ed amministrativa locale.