Le ombre del nuovo Rinascimento

Malgrado i numerosi imbrattamenti, con vernici lavabili, di capolavori artistici e facciate di importanti palazzi istituzionali, perpetrati con lo scopo di lanciare un doloroso grido di allarme sullo stato di salute del pianeta, il 2023 non si annuncia certo come l’anno del riscatto ambientale.

L’inquinamento provocato dalle emissioni dei gas serra, concausa del surriscaldamento globale, non accenna minimamente a diminuire, anzi, mai come ora il destino della Terra sembra avviato verso il suo drammatico epilogo. Una fine più tragica per l’umanità che per il pianeta stesso, che sopravviverà comunque a tutti noi.

Il prezzo del gas, salito alle stelle, ha fermato inesorabilmente la già timida conversione a metano del carburante che alimenta i mezzi di trasporto di mare e di terra. I rincari energetici hanno comportato pure un’espansione notevole del mercato del legno da ardere (il cui prezzo è lievitato considerevolmente in pochi mesi), con inevitabili conseguenze sull’integrità del nostro patrimonio forestale.  

La guerra, inoltre, non porta mai vantaggi ai popoli. Al limite regala grossi benefici ai mercanti di armi e a chi, finito il lavoro degli eserciti in campo, si occupa di ricostruire le città ferite dalle bombe. I conflitti armati presentano all’Ambiente un conto altissimo, sia per la strage di fauna e flora che si verifica ad ogni esplosione, sia per la corsa all’autarchia energetica (caratteristica di questa guerra in particolare). In Italia tale autosufficienza si traduce in uno spiacevole ritorno al carbone, nonché nell’autorizzare nuove incaute trivellazioni nell’Adriatico e, dulcis in fundo, nell’insediamento di nuove centrali nucleari (alla faccia dei Referendum che si sono espressi ben due volte in modo contrario).

L’energia derivante dall’uranio non crea alcun timore in questa epoca post pandemica. Il Covid sembra aver davvero distrutto il pensiero critico, a tal punto che una firma del Corriere della Sera, ospite di Linea Notte (programma di approfondimento del TG3), ha ammesso serenamente come la consegna di carri armati moderni a Kiev da parte di USA e Germania condurrà di certo a una grave escalation. Considerazione scontata, ma decisamente sconcertante quando il medesimo ha poi specificato, sorridendo alle telecamere, che alcuni scienziati hanno già avviato il conto alla rovescia dello scoppio del conflitto nucleare mondiale (definito “mai così vicino”). Una tragedia che per il giornalista tutto sommato occorrerebbe accettare al fine di impedire che i Russi arrivino ai nostri confini (paradossalmente, a tutt’oggi siamo noi occidentali a ridosso dei loro).

Dieci, cento, mille esplosioni nucleari tendono a distruggere tutto, a inquinare per secoli l’acqua e l’aria, ma evidentemente per i politici e gli opinionisti europei tali conseguenze non sono da ritenersi un problema. Forse preoccuparsi è inutile, poiché tutto sommato ci sono i fondi del Pnrr a mettere una toppa al disastro ecologico in atto. Un fiume di soldi destinato a realizzare un piano di resilienza incentrato sulle nuove tecnologie, sull’incremento dell’occupazione lavorativa, e ideato innanzitutto per dare una spinta ulteriore verso la svolta green del nostro Paese, nel nome dell’economia sostenibile.

Il nuovo Rinascimento italiano sembra alle porte, grazie ai finanziamenti europei, ma alcuni indizi lasciano poco spazio a considerazioni troppo ottimistiche in merito. Ad esempio, i 20 milioni di euro destinati in prima istanza al recupero di un’importante fortezza settecentesca, sita nel cuore delle Alpi Cozie, raccontano una storia molto diversa rispetto alle buone intenzioni annunciate dal vecchio governo Draghi. Il tesoretto, infatti, dopo essere stato causa di una feroce lotta combattuta intorno alla gestione del monumento stesso, che ha visto il suo apice con le manifestazioni di interesse depositate da alcune famiglie legate tra loro da un rapporto parentale e residenti tutte nello stesso condominio di Roma, è stato poi destinato al borgo di Stupinigi e in seguito (d’improvviso) a un comune montano del cuneese. Milioni di euro senza una meta precisa, ben definita, e apparentemente fatti cadere sul territorio senza rispettare alcun criterio sensato.

La bizzarra vicenda, giocata totalmente a scapito di coloro che per decenni hanno dedicato la loro esistenza alla salvaguardia della ciclopica fortezza demaniale, testimonia l’ennesima occasione mancata a cui, purtroppo, se ne aggiungono molte altre. Il paradosso in atto al Parco del Meisino ne rappresenta l’ulteriore prova: sei lotti da “riqualificare” grazie ai fondi di resilienza facendo però ampio uso della motosega. In sintesi, al Meisino cadono alberi, secondo la Città, per il bene dell’Ambiente.

L’impressione è quella che in molti casi, troppi, i finanziamenti Pnrr vadano destinati a progetti che non sono frutto di valutazioni che guardano al lungo periodo (anche a livello occupazionale), ma solo all’interesse particolaristico a breve termine. Tendenzialmente queste progettualità non si orientano verso azioni di sviluppo sostenibile e soprattutto non possono definirsi “green”. Il recupero delle biblioteche civiche torinesi è forse l’unica nota positiva al riguardo.

Nel 2020, in pieno attacco del virus, i soldi messi a disposizione dal Governo per la Sanità pubblica non sono stati spesi dalle Regioni; ora si rischia grosso pure per quelli stanziati, ma non regalati, dall’Europa.

Un carro armato Leopard di ultima generazione costa circa 6 milioni di euro (quattordici carri equivalgono al valore del quadro “Il seminatore” di Van Gogh, oggetto dell’attacco degli ambientalisti): tra non molto ci diranno, sorridendo alla telecamera, che gli unici soldi ben spesi sono quelli. Coloro che hanno deciso l’invio di nuovi armamenti sul teatro di guerra lo annunceranno al popolo da un bunker anti-nucleare, tanto per riportarci alla mente la nota frase del Marchese del Grillo: “Io so’ io, e voi (Ambiente compreso) non siete un…”.

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