Nuovo che arranca, vecchio che avanza

Don Fabrizio Corbera, principe di Salina, nel Gattopardo, diceva: “Siamo come dei, cambiare è un’illusione perché niente davvero cambia, niente migliora”. Se guardiamo agli avvenimenti sindacali e politici torinesi degli ultimi tempi l’affermazione tende a essere veritiera. La Cgil va a congresso a Torino e in Piemonte e si “rinnova” con la generazione dei sessantenni; se parlassimo di categoria dei pensionati sarebbe certamente una buona scelta ma non siamo in quel campo. D’altra parte non è detto che scegliere giovani dal futuro radioso sia una buona cosa; possono mancare di memoria storica, difettare di affidabilità, pensare solo alla carriera, avere principi etici e morali non adamantini. Insomma possono esserci delle sorprese gattopardesche. Potrebbe ancora avere ragione il Principe di Salina: “…e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene…”

Rimane ancora valida l’idea per cui il gruppo dirigente di qualsiasi associazione, sindacato o partito andrebbe scelto sulla base delle proprie competenze e del percorso storico e professionale compiuto, nonché della coerenza etica e rispetto dei valori di appartenenza. D’altra parte anche il trasformismo politico, che ha le sue prime avvisaglie con il Connubio cavouriano (e siamo intorno al 1850) trova ancora conferma oggigiorno. Altro esempio lampante si vede nelle vicende congressuali del Pd in cui le correnti non si sciolgono ma si trasformano, si cambiano alleanze, si passa da una corrente all’altra e alla fine si rafforzano le correnti shacherate. Bonaccini & Company dicono che non daranno retta alle correnti, se eletti, o che non fanno parte del “vecchio” gruppo dirigente ma solo con il via libera di tutti e tre i candidati alla segreteria nazionale, il Pd locale potrà eleggere il nuovo segretario regionale. Quindi alla deputata Schlein suggerirei di non presentarsi come il nuovo ma come parte integrante del vecchio gruppo dirigente.

Anche in campo politico vale il detto gattopardiano per cui il nuovo che avanza sia meglio del vecchio che lascia. Possiamo dire che lo abbiamo visto anche nel campo imprenditoriale a partire da Confindustria oppure con l’attuale governo anche se la presidente del Consiglio sta facendo di tutto per non apparire più ciò che era sino a un minuto prima di vincere le elezioni. Trasformismo gattopardesco: dalle campagne elettorali al governo. Uno dei motivi principali del disamoramento rispetto alla politica e alla partecipazione dei cittadini al voto è proprio il trasformismo dal prima del voto al dopo voto.

L’altro tema rimane la distanza dalla realtà o pensare che negando la propria storia si possa ottenere consenso. L’ho visto accadere puntualmente a ogni visita di esponenti del Pd davanti ai cancelli di Mirafiori dove altrettanto puntualmente si precisa che il Jobs act va cancellato o perlomeno profondamente modificato. Non si dovrebbero illudere i lavoratori perché questo governo durerà cinque anni e il Jobs act non sarà modificato certo stando all’opposizione, soprattutto da chi non lo ha neanche sfiorato quando stava nei ministeri.

Quando si va davanti ai cancelli di una fabbrica bisognerebbe ascoltare i bisogni dei lavoratori e non è certo il Jobs act il problema dei lavoratori, magari lo è della Fiom ma non di chi lavora. I problemi dei lavoratori sono la sanità, un percorso che dalla scuola porti a un lavoro di prospettiva sicura, non è l’alternanza scuola-lavoro il problema dei giovani. Mai sentito un politico di sinistra dire che chiederanno di ridurre la durata dei tempi a contratto determinato e soprattutto le percentuali di contratti a tempo determinato in rapporto a quelli indeterminato presenti in un’azienda.

Vedo un dibattito che si svolge a colpi di lettura delle rassegne stampa e non della concretezza;anche da questo nasce il limite per cui non si è più abituati adaffrontare i temi sociali. E sui diritti civili è stato un naufragio perché non capiti in tempi di crisi dall’elettore “normale”. E inoltre essere diventato il partito degli amministratori è un limite strutturale per riconquistare il mondo del lavoro. Capisco che fare un’affermazione concreta piuttosto di uno slogan è impegnativo ma se si continua a interpretare la realtà e i bisogni di chi lavora non si riconquisterà mai il mondo del lavoro che ora vota a destra e sono tanti, molti.

Il rinnovamento dei un gruppo dirigente non dipende dall’età, vediamo giovani molto arrivisti e anziani ancora arzilli. Prima di tutto occorre “essere” e avere idee che sappiano coinvolgere e creare consenso in modo ampio, bisogna capire i bisogni e questo vale per tutti dai partiti al sindacato, all’associazionismo e servirebbe, molto, anche alle aziende.

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