ARTE & DIPLOMAZIA

Rimane a Torino il feticcio di Geuna

Il ministero della Cultura blocca il trasferimento dello Zemi nella Repubblica Dominicana: troppo alto il rischio che non torni indietro. E la Soprintendenza consente al Magnifico solo un giorno di esposizione in rettorato. Lui rifiuta indispettito

Resterà a Torino il feticcio conteso tra i Caraibi e l’Università subalpina. Nei giorni scorsi la comunità accademica aveva mostrato tutte le sue perplessità di fronte alla decisione del rettore Stefano Geuna di concedere alla Repubblica Dominicana lo Zemi di cotone nelle disponibilità del Museo di Antropologia ed Etnografia per una esposizione temporanea di cinque mesi dal 30 giugno al 30 novembre: il governo centroamericano, infatti, ha sempre rivendicato la proprietà del manufatto, di cui si parla dalla fine del 1800, e il rischio di non rivederlo, una volta lasciato partire, era altissimo. Si tratta di un idolo che contiene al suo interno una porzione di cranio umano, e offre una testimonianza dei complessi rituali e delle credenze delle popolazioni Taino delle Grandi Antille.

Il primo a parlare dello Zemi fu l’antropologo americano Jesse Walter Fewks in un articolo del 1891. Un manoscritto descrive invece la sua scoperta dello Zemi e l’acquisto avvenuto nel 1882 da parte dell’ammiraglio Giovan Battista Cambiaso, che l’avrebbe portato nella sua casa di Santo Domingo. Jesse Fewks si recò di persona a Santo Domingo nel 1903, per vedere l’oggetto a casa della famiglia Cambiaso, ma inutilmente: lì apprese infatti che era già stato inviato ai parenti di Genova. Ricomparirà solo nel 1928, in un documento che ne attesta la donazione al Museo di Antichità di Torino da parte dell’avvocato Cesare Buscaglia di Genova.

Lo scorso 10 marzo lo Spiffero aveva dato notizia del braccio di ferro all’interno dell’Università, nelle ore scorse è arrivato l’intervento del Ministero della Cultura che ha stoppato ogni trasferimento. Non solo: il rettore aveva chiesto di esporlo per tre mesi in rettorato prima di spedirlo al Museo del Hombre Dominicano di Santo Domingo, ma la Soprintendenza gli ha concesso un solo giorno e lui, indispettito, ha rinunciato. A questo punto il caso, tra arte e diplomazia, sembra essersi chiuso. Resta da capire se un manufatto che viene valutato intorno ai 4 milioni di euro possa continuare a restare chiuso in un museo che non apre al pubblico o se forse meriterebbe di essere esposto a beneficio di chi fosse interessato alla sua storia.