GRANA PADANA

"Gelosie, delazioni e faide politiche". Tiramani e il lato "oscuro" della Lega

L'ex parlamentare (non ricandidato) cacciato dal partito, racconta la sua verità su invidie, giochi di potere e colpi bassi nel Carroccio piemontese. "Molinari contro di me, ma non solo lui". L'elenco degli "ingrati" e pure una brutta storia di denigrazione

“Grandi sorrisi davanti, poi pugnalate alla schiena”. L’ultima, Paolo Tiramani, esponente storico della Lega, ex parlamentare non ricandidato ed entrato in rotta di collisione con la dirigenza regionale, sostiene di averla ricevuta non più tardi di ventiquattr’ore fa quando gli è stato comunicato il provvedimento di espulsione da un partito di cui non aveva più richiesto la tessera. Ma poiché quella dello scorso anno dura fino a giugno tanto è bastato alla Commissione disciplinare di via Bellerio per comminare la massima sanzione.

Sarebbe bastato aspettare tre mesi, invece l’hanno cacciata. Tiramani, questa se l’aspettava? 
“Da agosto in poi mi aspettavo di tutto, qualsiasi cosa. A volte mi arrivavano notizie di possibili provvedimenti nei miei riguardi, credo soprattutto per spaventarmi e indurmi a non richiedere la tessera. Cosa che, comunque, non avrei fatto e lo si sapeva. Ma hanno voluto infliggermi anche questa umiliazione”.

Superfluo chiederle se è deluso dal partito in cui ha militato per vent’anni, però che cosa le fa più male?
“Essermi sentito preso in giro, colpito, non tanto per la mancata candidatura quanto per il tipo di atteggiamento che hanno tenuto nei miei confronti, molto spesso delatorio e senza motivazione, addirittura con aspetti aberranti”.

Accuse pesanti, può circostanziare meglio?
“Sono stato accusato, da un bisbiglio insistente e dall’origine abbastanza chiara, di aver architettato alcuni anni fa una campagna denigratoria su questioni molto personali dell’attuale assessore Matteo Marnati. Nulla di più odiosamente falso. Su questo ho presentato un esposto alla magistratura contro ignoti, anche se si parte da fatti molto specifici”.

Indica da sempre come artefice degli attacchi contro di lei il segretario regionale, nonché capogruppo alla Camera Riccardo Molinari. Vuole spiegare le ragioni, secondo lei, di questa ostilità? 
“Da sempre ha avuto nei miei confronti un comportamento irrazionale, fatto di grandi sorrisi davanti e di pugnalate alla schiena. Più volte ho chiesto chiarimenti senza ottenere altro che rassicurazioni. Alcune volte l’ho anche affrontato a tu per tu, proprio su bisbigli e delazioni.

Un’idea di questa, chiamiamola difficoltà di rapporto, se le sarà pure fatta. Solo questioni personali o anche politiche, di potere? 
“Probabilmente il fatto di essere coetanei, di avere avuto una carriera abbastanza parallela, anche se la sua decisamente più prestigiosa della mia. Forse vedeva in me un pericolo, anche se io non mi sono mai sentito in concorrenza, perché lui era più bravo di me senza ombra di dubbio, ma evidentemente il livello delle persone di cui si circonda, nella sua visione, deve essere ancora più basso del mio che è già modesto”.

Sentimenti covati a lungo sotto la cenere, poi tutto si è infiammato ed è esploso nel momento in cui lei non è stato ricandidato al Parlamento. Pure questo si aspettava?
“Me l’aspettavo da almeno due anni. Ho sempre notato che portare risultati sul territorio non è mai stato ben visto. La dimostrazione è nei fatti: al mio posto è stato scelto un eterno perdente come Enrico Montani. Quando poi ho visto che Molinari ha perso la sua città, Alessandria, ho capito che era segnato nel destino. In un anno in cui a Vercelli abbiamo tenuto e ad Alessandria si è perso, avrei dato ancor più fastidio”.

Tutta colpa di Molinari, stando a quel che lei sostiene, ma ci sono anche altri nel suo libro nero?
“In politica si sa che le persone ti voltano facilmente le spalle. In questi anni ho sempre cercato di aiutare gente che poi mi si è girata contro. Penso a Eraldo Botta in primis, lui si che voleva cambiare partito e io l’ho convinto a restare nella Lega, gli ho fatto fare il presidente della Provincia e poi mi ha pugnalato”.

Già che ha incominciato, vada avanti con i nomi.
“Quello che ha architettato la congiura contro di me insieme alla Lega di Novara, ovvero Daniele Baglione. Con lui non c’è mai stato feeling e si è messo a disposizione di altri per farmi fuori”.

Lega di Novara, come braccio politicamente armato di chi la voleva mettere fuori?
“Direi proprio di sì, anche se in questo scenario capisco poco il sindaco di Novara. Io ad Alessandro Canelli sono sempre stato vicino, il fatto di aver appoggiato Baglione contro di me è una cosa a dir poco illogica. Poi è chiaro che il vero deus ex machina del partito novarese è da sempre Massimo Giordano. E anche se ho sempre cercato di avere rapporti cordiali, è uno di coloro che si sono messi contro”.

Tiramani, quanta amarezza verso la Lega?
“Sono stato nel partito oltre vent’anni, in questo momento sono molto impegnato nella mia attività professionale per la quale ho subito ostracismi e interferenze pesanti e dall’orgine che mi è molto chiara. Avevo intenzione non solo di non tesserarmi più, ma anche di non occuparmi più di politica. Qundi non capisco perché una persona silente per tutti questi mesi quale sono stato, adesso deve essere umiliata con quel provvedimento di espulsione”.

Quando parla al passato della scelta di lasciare la politica intende che ci ha già ripensato? Non è che finisce per dare ragione a chi sosteneva che lei fosse pronto a passare con Fratelli d’Italia?
“Questa ultima mossa contro di me, mi dà lo stimolo per fare altre cose, ma lo dico chiaramente non andrò in FdI. Mi riconosco nel centrodestra e la mia azione sarà volta a coagulare amministratori che si sentono privi di rappresentanza. A Vercelli sono disponibile a dare una mano al vituperato Andrea Corsaro che la Lega vorrebbe scaricare. Lo farò con una lista civica”.

Quindi niente approdo tra i meloniani?
“Assolutamente no. La storia di FdI venne creata ad arte e quando chiesi a Molinari di smentirla, lui mi disse ma no, basta la tua parola. Poi l’hanno usata contro di me”.