Spesa e riforme, i nodi della Pa

Parlare di riduzione di spesa pubblica in questo momento sembrerebbe pleonastico, considerato le continue richieste da più parti di un aumento: dalla sanità alla difesa, dalle forze dell'ordine alla scuola è tutto un reclamare nuove risorse. È evidente che anche di fronte ad un'inflazione galoppante non si possano lesinare risorse in caso di rinnovi contrattuali, così come per la sanità la pandemia ha evidenziato quelle che potremmo chiamare con generosità delle lacune.

Detto ciò, ci troviamo di fronte ad un governo che ha la prospettiva di durare cinque anni e forse più e ciò può essere l'occasione più unica che rara di mettere mano alla macchina statale per una sua riorganizzazione e snellimento. Se pensiamo ad alcuni provvedimenti del passato come Alitalia, i banchi a rotelle, il bonus monopattino, il reddito di cittadinanza è evidente lo spreco del denaro pubblico e di quanto si sarebbe potuto risparmiare e in maniera piuttosto semplice. Alcuni tagli alla spesa pubblica si possono fare in poco tempo come si sta facendo con la rimodulazione del reddito di cittadinanza, mentre per altre riduzioni la faccenda è più complicata. Non ha molto senso, per esempio, bloccare il turnover in qualche settore dell’amministrazione pubblica se tutto l’impianto rimane inalterato; non si farebbe altro che sovraccaricare il personale con il rischio di offrire un servizio ai cittadini ancora più scadente. Con la prospettiva di durare qualche anno si potrebbe, invece, procedere al ridisegno dell’amministrazione pubblica eliminando processi obsoleti e creandone di nuovi nell’ottica del miglior servizio al cittadino e del risparmio.

Spieghiamo meglio con un esempio. Se una pratica ha bisogno di 10 moduli e di 3 autorizzazioni, riprogettando tutto il processo si potrebbe ottenere che siano sufficienti 5 moduli e 2 autorizzazioni. Ciò rappresenterebbe una facilitazione per il cittadino e un risparmio per la pubblica amministrazione che potrebbe ridurre il personale e dare una risposta più rapida al cittadino. Purtroppo, questo ridisegno dei processi amministrativi pubblici in tutti questi anni non c’è stato e la stessa digitalizzazione è avvenuta sostituendo il cartaceo con l’elettronico senza ridurre la burocrazia per i cittadini e gli oneri di controllo per gli impiegati pubblici. A volte la stessa digitalizzazione ha significato un peggioramento del servizio perché le informazioni richieste al cittadino sono aumentate e al contrario del modulo cartaceo dove si poteva comunque interagire con il personale dell’amministrazione pubblica che ti offriva un supporto, con il digitale non si ha nessun tipo di aiuto.

Un esempio è dato dalle pratiche edilizie. Non si è pensato che nella compilazione delle varie richieste di accedere alla banca dati del catasto in modo che la compilazione di alcuni dati sia fatta in automatico semplificando il lavoro, ma è necessario continuare a farlo manualmente. Che differenza fa compilare un modulo complicato in cartaceo o al computer? Ben diverso sarebbe stato il caso in cui si fosse riprogettata il processo autorizzativo edilizio incrociando i dati con il catasto, permettendo di recuperare i dati e alla fine dei lavori aggiornare in automatico i dati catastali dove necessario. Non è una cosa semplice, ma l’automazione dei processi amministrativi non consiste semplicemente nella sostituzione di un modulo cartaceo in uno digitale, ma, ove possibile, nel ridisegno della procedura nell’ottica della semplificazione e della riduzione delle risorse necessario per gestirlo. A fianco di questo, potrebbe essere necessario delle modifiche legislative che il parlamento dovrebbe attuare per sostenere questo processo di snellimento della macchina statale.

L’attuale governo, stante i dati attuali, ha davanti sé alcuni di anni e potrebbe iniziare questo processo di ridisegno dell’amministrazione pubblica e sarebbe auspicabile che iniziasse a farlo.

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