CARTA PESTA

Dal tentato scippo del Salone alla gaffe su Rovelli: Levi lascia

Il presidente degli editori non rappresenterà l'Italia alla buchmesse di Francoforte. Dimissioni nelle mani del ministro Sangiuliano. L'ultima polemica sulla consulenza a una società (belga) in cui lavora il figlio. E a Torino se lo ricordano ancora quando...

Ricardo Franco Levi, commissario straordinario del governo per l’Italia Paese ospite d’onore alla Fiera del libro di Francoforte 2024, ha rimesso il mandato nelle mani del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con una lettera di dimissioni. Dopo la polemica, poi rientrata, sulla partecipazione di Carlo Rovelli, un nuovo fronte si era aperto oggi con un articolo di Libero in cui si dice che Levi avrebbe assegnato la comunicazione per l’Italia alla Buchmesse a una società belga, la IFC Next, in cui lavora il figlio. «Il clamore, l’eco, le reazioni che hanno fatto seguito al suo intervento al concerto del Primo Maggio mi danno la quasi certezza che la sua lezione diverrebbe l’occasione per rivivere polemiche e attacchi. Mi sento in dovere di evitare che un’occasione di festa e anche di giusto orgoglio nazionale si trasformi in un motivo di imbarazzo per chi quel giorno rappresenterà l’Italia», aveva scritto Levi a Rovelli, riferendosi alle polemiche seguite all’intervento del fisico al Concertone.

Il presidente dell’Aie, l’associazione degli editori, fu negli anni scorsi protagonista della lunga querelle sul Salone del libro, quando nel 2018 Milano organizzò “Tempo di libri” con l’esplicito obiettivo di scippare la fiera a Torino. Anche in quel caso ci furono molte polemiche, dallo stesso poi rubricate in “fraintendimenti” come nei frangenti attuali. Franco Levi per cercare di superare il dualismo lombardo-piemontese propose una soluzione salomonica – o pilatesca, a seconda delle interpretazioni – ovvero una rassegna duplex: “Una fiera del libro sostanzialmente è, da un lato, una grande vetrina commerciale per la vendita dei libri e contemporaneamente una grande festa del libro con una grande operazione culturale. Un’ipotesi che abbiamo immaginato – disse all’epoca – è quella di dire, facciamo insieme, contemporaneamente, nelle medesime date, una grande festa del libro, un grande festival culturale dell’editoria e della letteratura che si estenda sul grande bacino di Milano e Torino, della Lombardia e del Piemonte”. Torino respinse, Milano chiuse e Levi tornò a Canossa. Questa volta a casa.

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