Cassazione su Ream, errori in buona fede per norme complesse

Una lunga catena di errori "inconsapevoli" provocati anche dalla complessità della normativa. La Cassazione chiude così il processo Ream nella sentenza con cui ha reso irrevocabili le assoluzioni di Chiara Appendino, ex sindaca di Torino, di Paolo Giordana, suo ex capo di gabinetto, e dell'ex assessore Sergio Rolando. L'accusa era di falso ideologico. I supremi giudici hanno respinto il ricorso della procura generale e hanno confermato la pronuncia della Corte d'appello, che aveva parlato di "mancanza di dolo", di "buona fede" e di "assenza di movente". Il processo riguardava la restituzione di un debito, da parte del Comune, di 5 milioni di euro verso la società immobiliare Ream. Il pagamento della somma, secondo la ricostruzione dell'accusa, avrebbe dovuto essere inserito nel bilancio di previsione redatto nel novembre del 2016 e non rimandato a quello del 2017. Gli ermellini non sono entrati nel merito della questione ma hanno sottolineato che lo sfondo è una "normativa contabile non stringente che nel corso degli anni ha condotto a plurime interpretazioni plausibili".

In base a un accordo stipulato nel 2012, quando il sindaco era Piero Fassino (Pd), Ream versò i 5 milioni a titolo di caparra sull'acquisto di un terreno che in seguitò non si perfezionò. La Cassazione osserva che non è possibile sostenere la prova del reato perché "la falsità non riguarda il presupposto dell'atto, ma la valutazione della situazione e l'interpretazione della normativa da applicare". Sul punto le risposte fornite dai revisori contabili, dai consulenti del pubblico ministero e dai periti nominati dai giudici sono state differenti. "Se il credito era esigibile fin dal 2013 - si legge nella sentenza - mai era stato iscritto come posta passiva in bilancio; le due amministrazioni succedutesi nel tempo, con i relativi esperti contabili, errarono nella valutazione e nell'appostamento. Si trattava di errori conseguenti alla anomalia del contratto preliminare del 2012, che aveva la sua causa economico-sociale in un vero e proprio finanziamento". "Tali errori contabili pregressi e l'assenza di continuità nei bilanci - è ancora un passaggio della sentenza - spiegavano anche gli errori dell'amministrazione Appendino". La Cassazione ha poi preso atto che secondo la Corte d'appello la sindaca e Giordana "non mentirono" quando dichiararono a una dirigente del Comune che con Ream c'erano delle trattative in corso. Quanto al movente, la sentenza ricorda che i 5 milioni erano pari allo 0,4% del bilancio 2016, "tanto che i periti definirono la posta 'noccioline'". "Lo scarso rilievo dell'importo" porta a pensare che "il risultato politico vantato dalla Appendino" derivò non dalla mancata appostazione del debito, ma "dagli introiti superiori al previsto, già intervenuti".

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