Dalle liste patacca al testamento tarocco

L’imprenditore piemontese Marco Di Nunzio, che sostiene di essere tra gli eredi di Silvio Berlusconi per via di un testamento non olografo e sottoscritto in Colombia poco più di due anni fa, è indagato dalla Procura di Milano. Il pm Roberta Amadeo e il procuratore Marcello Viola, titolari del fascicolo, dallo scorso luglio hanno iscritto Di Nunzio per falsità in testamento (art. 491 codice penale) in seguito a una segnalazione delle autorità diplomatiche colombiane.

Originario di Torino, Di Nunzio è una vecchia conoscenza sotto la Mole. Nel 2010 si candidò come sindaco a Sestriere, presentandosi per le insegne della Fiamma Tricolore. Successivamente si mise in proprio, creando dal nulla liste sempre più improbabili. Nel 2011 cercò di presentarsi alle elezioni comunali di Torino, ma la sua lista Bunga Bunga venne bocciata. Successivamente tentò la fortuna a Borgomasino, paesino del Canavese dove tirò addirittura in ballo il Tar per cercare di entrare in consiglio comunale attraverso il riconteggio dei voti ottenuti dal suo Movimento Bunga Bunga-Forza Juve. In mezzo, nel 2016, una condanna in primo grado a diciotto mesi di carcere subita dal tribunale di Torino per l’accusa di violazione della legge elettorale. Nel 2013, quando provò a presentarsi alle elezioni regionali in Lombardia sempre per la lista Bunga Bunga avrebbe fatto figurare fra i firmatari anche persone malate e analfabete. Il suo difensore, all’epoca, definì la candidatura di Di Nunzio “una provocazione” e annunciò ricorso in appello.

Di Nunzio rivendicherebbe, secondo le indicazioni contenute nel documento, una parte dell’eredità dell’ex presidente del Consiglio, ovvero, come afferma l’avvocato Erich Grimaldi, “il 2% delle azioni Fininvest – 26 milioni di euro – il 100% delle azioni delle società proprietarie delle ville ad Antigua nelle Antille, la nave Principessa Vai Vai Bandiera Monaco Yacht e tutte le imbarcazioni, navi e natanti”. Manco fosse una Fascina qualunque.

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