SANITÀ MALATA

L'esodo dei medici di famiglia. Fimmg: "Una crisi annunciata"

Cresce il numero dei camici bianchi che lasciano, mentre non ci sono rincalzi. Troppa burocrazia e rischio burnout alla base di sempre più prepensionamenti. Venesia: "La Regione ha ridotto i fondi per le borse di studio". Una professione sempre meno ambìta

Nessuno può dirsi sorpreso dalla carenza dei medici di famiglia in Piemonte. E questa non è certa un’attenuante per chi, a vario titolo e nelle rispettive responsabilità locali e nazionali, adesso cerca di correre ai ripari con scarse possibilità di riuscita.

Il progressivo e sempre più pesante calo del numero dei camici bianchi sul territorio “è una situazione ben nota, nonché ripetutamente da noi denunciata da anni”, ricorda Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, la sigla sindacale che registra il maggior numero di iscritti. “I pensionamenti in atto erano stati ampiamente previsti e quantificati così come i nuovi ingressi erano prevedibilmente insufficienti a sostenere il ricambio generazionale, sia per le ridotte borse finanziate”. E qui Venesia punta il dito contro la Regione: “C’è stata una riduzione di quasi un milione e mezzo di euro nel riparto 2022 rispetto a quello dell’anno precedente”.

Ma a provocare la crisi, destinata a peggiorare nei prossimi anni, ci sono anche “i ripetuti ritardi dei bandi di concorso per l’accesso al corso di formazione per diventare medici di famiglia, che hanno determinato quasi il 20% di borse abbandonate e il posticipo di una intera annualità di corso. E vale la pena ricordare come nel 2021 non ci siano stati nuovi medici diplomati dal corso di formazione proprio per i ritardi accumulati”.

C’è ancora altro tra le molteplici casi di una carenza che, come riportato nei giorni scorsi, prospetta a livello nazionale cinque milioni di cittadini senza medico di riferimento (oggi sono già due milioni) e sul territorio piemontese un’ulteriore perdita di oltre 200 camici bianchi, che si sommano a quelli che già mancano rispetto alle necessità. “Si tratta – spiega Venesia  – di un altro gravissimo fenomeno che non era stato considerato ma che aggrava ulteriormente il quadro complessivo, ossia l’abbandono precoce dei giovani medici di famiglia che, pochi anni dopo aver aperto lo studio, lasciano la professione perché in burnout, oberati dalla burocrazia e dalle richieste inappropriate”.

Scartoffie e incombenze impiegatizie che sono alla base dello sciopero proclamato dall’altro sindacato, lo Smi, cui quasi certamente ne seguirà uno in Piemonte a dicembre.  “Eppure la categoria c’è – ribadisce il segratario della Fimmg piemontese – e continua a farsi carico dell’assistenza ben oltre gli obblighi contrattuali, e i numeri lo dimostrano. Quasi la metà dei medici di medicina generale ha scelto volontariamente di aumentare il massimale di assistiti, nonostante non sia al momento garantita una retribuzione aggiuntiva o del personale di supporto. Circa 250 giovani medici ancora in formazione hanno deciso di aprire in anticipo il proprio studio, iscrivendosi al bando per l’assegnazione delle carenze rimaste vacanti e assistendo mille pazienti continuando contemporaneamente a frequentare il corso di formazione”. A sostegno dell’impegno dei professionisti, primo e principale contatto per i cittadini, Venesia ricorda come “più di 250 medici su 159 borse disponibili hanno deciso di iscriversi al prossimo concorso di medicina generale, previsto per il prossimo 30 novembre, nonostante in tutte le altre specializzazioni più del 50% delle borse di studio non siano state assegnate”.

Un impegno che, tuttavia, non può bastare per invertire la rotta e neppure per tamponare quella che ormai è un’emergenza che si somma a quella dei Pronto Soccorso, della carenza di posti letto nei reparti e del ricorso obbligato ai gettonisti a fronte dell’insufficienza di professionisti negli ospedali.
Per il sindacalista, “se si vuole davvero cercare di risolvere al più presto la situazione e aumentare l’attrattività della professione per incentivare nuovi medici a diventare medici di famiglia, è essenziale agire sulla qualità della professione, riducendo il carico burocratico e migliorando la qualità della formazione offerti ai giovani medici di famiglia in formazione, ma è anche indispensabile fornire ai medici gli strumenti contrattuali per poter gestire gli assistiti oltre il rapporto ottimale e offrire quindi l'assistenza appropriata a tutti gli assistiti, garantendo al contempo delle condizioni di lavoro sostenibili per i colleghi, evitando che vadano in burn out e abbandonino la professione”. 

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