GLORIE NOSTRANE

Cirio studia da leader nazionale: "Dobbiamo aggregare il Centro"

Dal 40° piano del grattacielo il governatore piemontese guarda lontano. Una volta avviato il secondo mandato alla guida della Regione dedicherà maggiore impegno al suo ruolo di vicesegretario di Forza Italia. Per ora sotto l'egida di Tajani

Se glielo si chiede direttamente la risposta è scontata: “Antonio Tajani si sta dimostrando un grande leader, ha incarnato il senso del berlusconismo di puntare in alto Forza Italia”. Una dichiarazione solenne che non dovrebbe lasciare spazio a fraintendimenti né a congetture malevole per quanto pronunciata con l’occhietto vispo e il sorriso furbetto, tratti distintivi di quell’indole langhetta mista di doroteismo d’antan. Che poi sia la tipica formula usata da chi si appresta a fare le scarpe al proprio capo non fa che rendere più pepata la questione. Una cosa è certa, Alberto Cirio mentre avvia il suo secondo mandato alla guida del Piemonte volge lo sguardo a un orizzonte più ampio di quello che scorge dal 40° piano del grattacielo. Estimatori e persino qualche detrattore non hanno dubbi: studia da leader nazionale. “Cirio ha 51 anni e un’intera vita politica davanti – sottolinea un alto dignitario dell’ex corte di Arcore –. Naturale che pensi al suo futuro”.

Gli indizi, del resto, non mancano a partire dalla decisione di concorrere al congresso dello scorso febbraio alla carica di vicesegretario. Sebbene lo abbia fatto alla sua maniera sorniona, senza enfatizzare troppo la cosa ma sottolineandone le opportunità per il partito piemontese e più in generale per la stessa regione di tornare a giocare sui tavoli romani, si era attrezzato portando in dote un pacchetto di voti dei delegati. Poi la conta non c’è stata e il suo nome – assieme a quelli di Roberto Occhiuto, Deborah Bergamini e Stefano Benigni – è finito nel pantheon azzurro per acclamazione. Si racconta che a spingerlo a proiettarsi sulla scena nazionale sia stato lo stesso Tajani, per arginare le ambizioni del governatore della Calabria che pretendeva per sé il ruolo di “vicario”, allungando così i sospetti di quanti lo vedono come potenziale competitor interno, logorando la leadership dell’opaco successore del Cav. Chissà che presto Tajani non debba guardarsi le spalle dal “fido” Cirio. Malignità? Forse, ma è quello che iniziano a sussurrare nei corridoi di San Lorenzo in Lucina, quartier generale di Forza Italia che, peraltro, Cirio ha preso a frequentare con assiduità.

Dedicata la vittoria a Silvio Berlusconi, del quale ha ricordato le telefonate che riceveva dal numero privato a ogni passaggio cruciale della sua carriera, Cirio nei commenti ai risultati delle urne si è soffermato a lungo, inusualmente, su questioni di carattere politico generale e di partito. Quasi a segnalare l’uscita dal perimetro locale in cui finora si è mosso. “Berlusconi anche se non c’è più continua a esserci, non perché noi vogliamo fare un partito museo, e neanche un partito nostalgico. Vogliamo però prendere quelle battaglie di libertà che sono state il fulcro dell’attività politica di Berlusconi e continuare in questa direzione. Con un partito rassicurante”. Ai complimenti di rito a Tajani – “Credo che questo sia l’elemento distintivo che il presidente Tajani ha voluto mettere in campo e che oggi ha riscosso il successo più importante – ha aggiunto considerazioni di prospettiva, delineando un suo preciso impegno: “Dobbiamo continuare nell’operazione che Tajani sta facendo di radicamento del partito – ha spiegato a Radio24 – io come vicesegretario nazionale ho dato la disponibilità concreta a occuparmi di più del partito proprio in questa direzione”.

Stai a vedere che mentre tutti cercano come la Titina il federatore del Centro, Forza Italia ce l’abbia in casa? “Gli elettori sono attenti e sono maturi – assicura Cirio – lo spazio che si è creato non è soltanto dato dal fatto che le forze del centro non abbiano raggiunto i loro obiettivi, ma soprattutto dal fatto che il Pd è andato tanto a sinistra. L’operazione Schlein che la premia in numero di consensi a scapito del Movimento 5 Stelle, sposta evidentemente il Pd più a sinistra. Spostando di più il Pd a sinistra, si apre uno spazio ancora più grande che è quello a cui noi puntiamo per arrivare all’obiettivo del 20% alle prossime politiche. Obiettivo ambizioso, ma essere ambiziosi fa parte dell’essere berlusconiani”. L’ottimismo della voluttà.

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