Elkann blinda Stellantis senza mettere mano al portafoglio
13:03 Lunedì 05 Agosto 2024Grazie ai vari buyback, pagati dalla società, le famiglie Agnelli e Peugeot con lo Stato francese passano dal 27 al 30%. E per effetto del "premio" i diritti di voto raggiungono il 46%. I piani di Exor sulla sanità di eccellenza, da Philips a Lifenet
Grazie ai diversi buyback condotti dal 2022, in due anni sono “scomparse” quasi 200 milioni di azioni Stellantis, in una serie di riacquisti che hanno assorbito quasi 5,4 miliardi di euro di profitti (a fronte di 12,1 miliardi di euro pagati in dividendi) cambiando la percentuale delle quote dei principali azionisti del gruppo. E l’ultimo programma da un miliardo di euro, annunciato qualche giorno fa, promette di modificare ancora questi equilibri portando i tre principali azionisti cioè Exor, la famiglia Peugeot e Bpifrance (ovvero lo Stato francese) oltre il 46% dei diritti di voto. Una manovra per ulteriormente blindare il controllo di un gruppo da 45 miliardi di valore.
Alla nascita di Stellantis – a gennaio 2021, quando erano in circolazione 3,12 miliardi di azioni – i tre controllavano il 27,8% del totale, con un peso in assemblea quindi poco superiore a un quarto del totale. Oggi però il numero dei titoli Stellantis è sceso nettamente per via di una serie di operazioni di riacquisto, e cioè con due buyback sul mercato libero e il riacquisto (con conseguente annullamento) di metà della quota in possesso dei cinesi di Dongfeng, pari a 50 milioni di azioni ordinarie (all’epoca 1,58% del capitale del gruppo). Il risultato, come evidenzia la dichiarazione finanziaria diffusa assieme ai deludenti conti semestrali, è che da giugno 2022 a giugno 2024 il totale dei titoli Stellantis è sceso del 6,4% da 3.143.904.381 a 2.941.629.705. Con la scomparsa di questi 202 milioni di azioni – visto che i principali azionisti hanno mantenuto intatto il loro pacchetto di titoli – sono cambiate anche le quote di controllo del gruppo: se alla nascita di Stellnatis Exor, con 449.410.092 azioni, controllava il 14,4% del totale, seguita da Peugeot (224.228.121 titoli e il 7,2%) e Bpifrance (192.703.907 azioni e 6,2%) oggi, a parità di titoli detenuti, secondo elaborazioni Adnkronos, le percentuali sono salite rispettivamente a 15,28%, 7,62% e 6,55%.
Ma in realtà, nel frattempo, è cambiato anche il “peso” di questi titoli. Infatti, una clausola nello statuto di Stellantis prevede che un socio che abbia detenuto azioni della casa automobilistica per un periodo ininterrotto di almeno tre anni può ricevere un’azione a voto speciale in aggiunta a ciascuna azione ordinaria che possiede. A gennaio 2024 sono scaduti i primi tre anni dalla fusione e molti azionisti, fra cui i tre principali, hanno fatto valere il diritto a questo bonus: così nell’ultima assemblea i titoli validi per il voto sono saliti di 866 milioni di unità. In teoria a oggi – aggiungendo i titoli “reali” ai diritti di voto – il totale salirebbe a 3,81 miliardi: e in questo contesto (per ora teorico) il pacchetto di Exor salirebbe a 899 milioni, quello di Peugeot a 448 milioni e di Bpifrance a 385 milioni. In totale, 1,73 miliardi di titoli pari a un 45,5% del totale delle azioni con diritto di voto.
E non è finita, perché l’annuncio dello scorso 25 luglio va a chiudere il buyback da 3 miliardi deliberato a febbraio scorso. Fino al 30 giugno erano stati spesi 2 miliardi per riacquistare azioni, quindi resta il miliardo annunciato, con quotazioni ai minimi degli ultimi 12 mesi: con la stessa cifra a fine marzo (quando il titolo era sopra i 27 euro) sarebbero state comprate e annullate 37 milioni di azioni, ora con il titolo sceso ai minimi storici (14,68), il gruppo può azzerare ben 65 milioni di titoli. Dei titoli acquistati in questo programma da 3 miliardi, va ricordato, il gruppo manterrà in pancia titoli fino a 0,5 miliardi di euro, che saranno utilizzati per futuri piani di azionariato per i dipendenti e piani di compenso basati su azioni.
In ogni caso la ripartizione delle quote è destinata a cambiare ancora e il blocco dei tre grandi può salire di circa un altro 1%, sempre più vicino quindi al 50% con cui controllare l’assemblea e le relative scelte. Oltre a modificare la composizione azionaria, peraltro, i programmi di riacquisto (che includono quelle riacquistate a settembre 2022 da GM in merito ai warrant emessi da Peugeot nel 2017) hanno assorbito una fetta consistente di profitti negli ultimi 2 anni. Se in teoria gli utili destinati ai buyback – che sono considerati comunque una forma di remunerazione degli azionisti – fossero stati dirottati sui dividendi, l’ammontare totale di questi ultimi sarebbe stato del 44% superiore salendo a 17,5 miliardi.
Ma se l’auto è la storia, per John Elkann il futuro è altrove, come dimostra la scelta di fare imboccare alla holding Exor la direttrice dell’healthcare, che viaggia parallela a quella del lusso e del tech, ovvero i tre rami di investimento alternativi al business storico dell’automotive di Stellantis. Business maggiormente remunerativi in una società sempre più anziana e in cerca di una qualità di vita migliore. Come ha mostrato una recente analisi di Milano Finanza, dopo il miliardo messo sul piatto nel 2022, nel 2023 Exor ha investito ulteriori 3 miliardi nella salute, in gran parte per l’acquisizione del 15% di Philips, il colosso olandese delle tecnologie per la salute. L’anno prima aveva acquisito l’80% di Institut Mérieux, gruppo francese di ricerca e diagnostica in vitro nel quale ha investito oltre 800 milioni di euro. Ci sono poi le incursioni nei territori di frontiera della sanità, al confine tra medicina, biologia e tecnologia, esplorati attraverso il braccio di Exor Ventures. Ma Exor – si sottolinea – si sta espandendo anche direttamente nel settore degli ospedali e delle strutture ambulatoriali sul territorio. E la particolarità di quest’ultimo ramo di investimento è che è tutto concentrato in Italia. E su di esso Elkann continua a investire. Il partner individuato per l’ingresso nelle strutture sanitarie sul territorio è Nicola Bedin, fondatore e numero uno di Lifenet, una società creata nel 2018 che in pochi anni è diventata un punto di riferimento a livello nazionale, anche per il dinamismo che sta mostrando nella crescita esterna grazie alla forza finanziaria messa a disposizione dal socio Agnelli-Elkann. In due anni Exor ha versato nelle casse di Lifenet circa 150 milioni di euro.