Rsa, a rischio le piccole strutture. Costrette a chiudere per i costi
Stefano Rizzi 07:00 Martedì 06 Agosto 2024Ad Asti l'ultima a gettare la spugna. Oltre 200 posti letto persi nell'Alessandrino. Ai rincari delle spese non sono corrisposti adeguati aggiornamenti delle tariffe. Assandri (Anaste): "Ci saranno altre chiusure". Colaci (Confapi): "Rivedere la legge piemontese"
L’ultima a chiudere i battenti, costringendo anziani e disabili ad essere trasferiti altrove, è stata la casa di riposo di Isola d’Asti. “Ma questo non è, purtroppo il primo caso e non sarà l’ultimo” sostiene Michele Assandri, presidente regionale di Anaste, una delle associazioni di rappresentanza di proprietari e gestori di Rsa, predicendo un futuro che è scritto nei numeri: “Più le strutture sono piccole e hanno meno ospiti, più rischiano di soccombere”.
Costi lievitati in maniera abnorme dal Covid in poi, le tariffe pagate dalla Regione aggiornate poco, tardi e non sempre applicate dalle Asl, il personale sempre più difficile da trovare per rispettare parametri e normative. In questo scenario difficile per tutti, i più piccolo reggono meno e sempre più spesso devono gettare la spugna. Solo nell’Alessandrino, lo scorso anno, si sono persi più di 200 posti letto nelle case di riposo e non c’è una provincia del Piemonte che possa dirsi indenne da questo fenomeno e al riparo da ulteriori crisi. “Non è eccessivo immaginare che, perdurando l’attuale situazione, vedremo ogni mese la chiusura di almeno una struttura”, aggiunge Assandri. Una previsione che in Piemonte risulta ancora più grave se si tiene conto che quasi la metà delle circa 800 Rsa sul territorio è composta da case di riposo con meno di cinquanta ospiti, ovvero la soglia che esperti e operatori giudicano come fortemente critica per la sopravvivenza delle strutture.
I costi, per fare un esempio, della manutenzione di un montalettighe sono uguale per una Rsa che ha 40 ospiti così come per quella che ne conta il doppio o anche di più, ma nel primo caso l’impatto è molto pesante al contrario che nel secondo. Altro esempio che viene dai gestori: “A fronte di 60 posti letto la normativa regionale prevede la presenza di due assistenti, mentre con 50 la stessa legge ne prevede uno soltanto, ma il testo unico sulla sicurezza – spiega il presidente di Anaste – impone che in caso di evacuazione è necessaria la presenza di almeno due operatori, quindi anche laddove una regola dice che ne basterebbe uno, ce ne vogliono due. Quindi le spese per le piccole strutture continuano a restare alti, ripartiti su un numero minore di ospiti”.
I numeri dicono che i costi negli ultimi due, tre anni sono saliti fino al 25% contro “il piccolo incremento tariffario che c’è stato solo sulla quota sanitaria del 2024, con la promessa di ulteriore aumento del 4% della retta sanitaria e alberghiera l’anno prossimo e quello successivo”, come sottolinea Michele Colaci, presidente nazionale di Confapi Sanità e coordinatore del tavolo interaziendale aperto sul tema con la Regione. Proprio dalla Regione, in particolare dall’assessore al Welfare Maurizio Marrone e da quello alla Sanità Federico Riboldi, pochi giorni addietro era stata definita l’agenda con i primi nuovi incontri a settembre e, nel frattempo, la disposizione perentoria alle Asl perché tutte applichino l’aumento già stabilito, evitando ulteriori ritardi. Perché anche questo atteggiamento a macchia di leopardo da parte delle aziende sanitarie non aiuta di certo le Rsa. “Noi attraverso la delibera regionale numero 10 abbiamo fornito aiuto agli ospedali e, quindi alle Asl, accogliendo i pazienti dimessi che non potevano tornare a casa e continuiamo a farlo – ricorda Colaci – purtroppo non abbiamo visto la stessa disponibilità da parte di molte Asl, quando si è trattato di applicare l’aggiornamento tariffario”.
Il rischio che incombe sul settore, insomma, è tutt’altro che da sottovalutare così come, secondo molti gestori, non si deve essere tratti inganno dagli investimenti nel settore da grandi gruppi stranieri, in particolari francesi “che operando su grandi volumi fanno operazioni finanziarie, non certo possibili per strutture piccole o anche medio-grandi”.
In un Piemonte dei mille comuni, moltissimi dei quali poco più che un borgo, c’è un altro aspetto degno di preoccupazione, ovvero il rischio di vedere chiudere piccole case di riposo che servono e sono inserite in particolari contesti sociali, fornendo servizi sia agli anziani senza strapparli dai loro luoghi, sia alle loro famigli evitando lunghi spostamenti.
La soluzione non è facile e su questo punto concordano tutti i rappresentanti di categoria. “Per mettere in sicurezza tutte le strutture servirebbe, da subito, un incremento delle tariffe almeno del 20%”, sostiene Assandri. Ma ci sono anche altri aspetti che possono incidere sul destino di molte Rsa, come “la riorganizzazione del progetto gestionale, ovvero la legge regionale 45 che è da rivedere”, come spiega il vicepresidente di Confapi Sanità. “Oggi abbiamo sei fasce assistenziali per gli ospiti, che riteniamo vadano dimezzate. Bisogna discutere con la Regione delle figure che servono all’interno delle strutture, tenendo però conto di quello che è effettivamente disponibile. Perché al problema della scarsità di risorse economiche si aggiunge ed è strettamente legato anche quello del personale”.