LE REGOLE DEL GIOCO

500mila firme contro l'Autonomia.
Mina referendum per Meloni e Salvini

Raggiunto il quorum delle sottoscrizioni. Esulta il comitato promotore. Il Mezzogiorno si è mobilitato e il Nord freme. Sulla premier già aleggia il fantasma di Renzi e il leader della Lega teme la rivolta dei suoi sindaci e governatori

Poco dopo mezzogiorno sulla piattaforma del Ministero della Giustizia sono state raggiunte le 500mila firme necessarie per la presentazione del quesito referendario per abrogare la legge sull’Autonomia differenziata, approvata dal Parlamento in via definitiva e promulgata a giugno da Sergio Mattarella. Si tratta di un risultato ufficiale, dopo quello anticipato a fine luglio dai promotori sul calcolo delle firme raccolte online e ai banchetti. Una notizia che arriva nel giorno in cui la Regione Sardegna ha varato la delibera con cui impugna la legge Calderoli davanti alla Corte Costituzionale (lo avevano già fatto prima Toscana e Puglia). Insomma, non mancano le resistenze nei confronti di un provvedimento che ha di fatto ricompattato l’opposizione (solo Azione di Carlo Calenda non ha aderito alla raccolta firme) saldando il centrosinistra con i sindacati – su tutti la Cgil – che ha offerto il proprio contributo con i banchetti. Il leader dei Verdi Angelo Bonelli esulta e, “avendo tempo fino a settembre – dice – l’obiettivo ora è superare il milione di firme”.

Il "quorum" fissato è stato raggiunto questa mattina, dopo meno di un mese dall’avvio della raccolta firme lo scorso 26 luglio. È dal Sud che arriva il contributo più importante in termini di sottoscrizioni. Ruolo decisivo svolto dalla Campania che con oltre 97mila firme digitali e più di 13mila firme raccolte ai banchetti organizzati in tutta la regione dalla Cgil, è la prima tra le regioni italiane. Ma è tutto il mezzogiorno a essersi mobilitato sotto la spinta dei suoi governatori, come dimostrano proprio i numeri forniti dal sindacato di Maurizio Landini, che da solo ne ha certificate 164.711, con il record delle 32mila in Sicilia, seguita dall’Emilia-Romagna (16.150), Puglia (16.693) e Campania (13.228).

Già a luglio il Consiglio regionale della Campania ha approvato il quesito referendario che propone l’abrogazione totale della riforma Calderoli. E poi un secondo quesito che va ad incidere in modo selettivo su alcuni contenuti della norma e sui Lep (i livelli essenziali di prestazione).

Oltre a compattare le minoranze, la legge che porta la firma del ministro leghista Roberto Calderoli rischia di trasformarsi in un boomerang per il governo. La sensazione, infatti, è che se il centrosinistra si mobilita non avrà difficoltà a raggiungere il quorum del 50 percento più uno al referendum, mentre su Giorgia Meloni inizia ad aleggiare il fantasma di Matteo Renzi, un altro premier caduto sotto i colpi del referendum. Ancor più di lei, però, è Matteo Salvini a temere per un pronunciamento che rischia di affossare per sempre uno dei cavalli di battaglia del suo partito, l’ultima bandiera da sventolare davanti al suo esercito del Nord che da tempo minaccia l’ammutinamento. Il generale Roberto Vannacci resta alla finestra, sa che dall’esito del referendum dipende anche la tenuta del Carroccio, dove lui si sta organizzando con una sua corrente interna. Se la legge Calderoli salterà sulla mina del referendum allora potrebbero essere i sindaci, i governatori e gli amministratori del Nord a dare il via a una rivolta dagli esiti imprevedibili.

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