Appendino approssimativa e superficiale "ha sottovalutato i rischi". Le motivazioni della condanna per Piazza San Carlo
16:52 Mercoledì 18 Settembre 2024L'allora sindaca M5s "non si è limitata a ideare la proiezione della partita di calcio, ma ha dato impulso alle scelte, senza preoccuparsi di valutare la sostenibilità in termini di sicurezza". La sentenza della Cassazione
L’ex sindaca di Torino Chiara Appendino «non si è limitata a ideare la proiezione della partita di calcio, ma ha dato impulso alle scelte riguardanti il luogo di svolgimento e l’ente deputato ad organizzare la manifestazione, senza preoccuparsi di valutare la sostenibilità in termini di sicurezza di tali scelte. Ha, inoltre, mancato negligentemente di adottare la cosiddetta “ordinanza antivetro”, circostanza che ricade nella fase organizzativa dell’evento, con innegabili conseguenze sulla sicurezza della manifestazione». Lo scrivono i giudici della quarta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 17 giugno hanno disposto un nuovo processo di appello nei confronti di Appendino per ricalcolare la pena, riducendola, in relazione ai fatti di piazza San Carlo. L’ex sindaca era stata condannata a 18 mesi. I supremi giudici con la decisione avevano dichiarato irrevocabile la responsabilità penale per Appendino e Paolo Giordana, ex capo di gabinetto del Comune.
La vicenda riguarda i fatti del 3 giugno 2017 quando durante la proiezione su maxischermo della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid si scatenò il panico fra la folla con un bilancio di 1.500 feriti e la morte di due donne. L’allora sindaca M5s finì a processo per il suo ruolo di responsabilità come primo cittadino, per le accuse di omicidio, disastro e lesioni, tutti in forma colposa. Il ricalcolo al ribasso, per i supremi giudici è legato al fatto che la «Corte d'appello, pur essendo pervenuta al proscioglimento dell’imputata con riferimento ai reati di lesioni in danno di “una decina di feriti” non ha ridotto la pena, così incorrendo in una palese violazione del divieto di reformatio in peius». Per i supremi giudici «si deve ritenere che la prevedibilità dell’evento debba essere rapportata non alla causa primigenia dello spostamento della folla, nella specie, diffusione dello spray urticante, ma alla conseguenza generatasi in seguito all’azione dolosa dei rapinatori, panico collettivo». «In questo senso si sono correttamente mossi i giudici di merito nella ricostruzione della vicenda, osservando come l’azione dolosa avesse costituito “solo l’innesco, come tale perfettamente fungibile e non caratterizzante” del decorso causale, determinando l’esito “di un evitabile e certamente prevedibile fenomeno di panico collettivo”. Sviluppando il tema della prevedibilità – si legge nelle motivazioni di 143 pagine – il giudice di primo grado e la Corte di merito, con motivazione priva di aporie logiche e coerente con le risultanze processuali richiamate in motivazione, hanno fornito una risposta immune da censure alla questione posta dai ricorrenti in ordine alla impossibilità di prevedere che si potesse realizzare la particolare causa che aveva scatenato il panico in piazza (spruzzo dello spray urticante), sostenendo, al contrario, che fosse agevole la previsione di azioni tese a turbare gravemente lo svolgimento della manifestazione e suscettibili di generare il panico tra la folla».
Per la Cassazione, «numerose sono le circostanze indicate dai giudici di merito suscettibili di rivelare la superficialità della preparazione della manifestazione e la sottovalutazione dei rischi a cui erano esposti gli spettatori in ragione della scarsità del tempo impiegato per l’organizzazione della proiezione. Oltre a quanto risulta dalle dichiarazioni provenienti dai funzionari della Questura, nel piano di evacuazione si rinvengono refusi che rappresentano la cifra dell’approssimazione e della fretta con cui era stato redatto tale importante documento» scrivono i supremi giudici. «È quindi sorretta da lucida e puntuale analisi delle risultanze processuali la conclusione a cui sono pervenuti i giudici di merito, in base alla quale la scelta del luogo nel quale effettuare la proiezione avrebbe dovuto essere preceduta, nel contesto temporale di riferimento, da una riflessione ponderata, che avesse tenuto conto della peculiare conformazione della piazza e del numero dei partecipanti – si sottolinea – anche alla luce delle modalità di allestimento della proiezione, che prevedeva un unico maxischermo nelle vicinanze del quale si sarebbero affollati migliaia di spettatori». I giudici, infine, «hanno posto in rilievo come la sindaca fosse stata ben al corrente della necessità di una organizzazione scrupolosa della manifestazione sotto il profilo della sicurezza, pubblicizzando nei suoi messaggi un impegno. di settimane nella preparazione dell’evento per assicurare lo svolgimento sicuro della proiezione».