Per carità di Dio, non solo welfare
17:15 Giovedì 19 Settembre 2024Nella nuova lettera pastorale "Voi stessi date loro da mangiare" l'arcivescovo di Torino Repole invita a "non ridurre l'azione caritativa a ciò che fanno i gruppi specializzati o i volontari". Quattro nuove iniziative promosse dalla diocesi - DOCUMENTO
«Non dimenticare che la “caritas” non può essere il compito di assistenza e di presa in carico dei bisogni dei più poveri e fragili affidato a qualche gruppo o a qualche cristiano specialista. Essa appartiene alla vita stessa della chiesa e di ogni comunità cristiana». A sottolinearlo nella nuova lettera pastorale Voi stessi date loro da mangiare è l’arcivescovo di Torino, monsignor Roberto Repole, che invita a «non ridurre l’azione caritativa a ciò che fanno i “gruppi specializzati” o i “volontari” generosi perché la “caritas” non è solo uno dei tanti gruppi delle nostre comunità. L’esistenza di gruppi particolarmente impegnati non può rappresentare un alibi per il resto della comunità cristiana a non interessarsi dei poveri, dei bisognosi, dei più fragili, di chi è in ospedale, in carcere, vive un lutto, è emarginato, anziano o solo».
«Non ci è chiesto di affrontare tutte le emergenze che si aprono, non saremo mai in grado di risolvere tutti i problemi sociali delle nostre città, ma abbiamo il dovere di porre dei segni, prendendoci cura delle persone e non solo del loro bisogno, trattandole con la dignità che meritano, accogliendole nella consapevolezza che potremmo essere noi al loro posto e che, in ogni caso mentre offriamo qualcosa, riceviamo sempre molto da coloro a cui doniamo», prosegue monsignor Repole osservando che «tra pochi anni non avremo solo minori risorse economiche, avremo anche minori risorse umane, per tanti motivi uno fra i tanti perché viviamo in un tempo in cui si va in pensione sempre più tardi e nel quale l’economicismo imperante si mangia molto del tempo libero delle persone nel futuro, dunque ci saranno presumibilmente molte meno persone che possano spendere interi anni della loro vita e i tempi distesi per attività sociali e caritative».
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Per l’arcivescovo di Torino, dunque, «non basta invocare l’importanza della presenza della chiesa nei diversi settori della vita sociale se non ci si impegna in modo rinnovato a rimettere i cristiani a contatto con la parola di Dio, se non ci si mette nell’orizzonte di una formazione permanente alla vita in Cristo, se non si prende sul serio il fatto che essere e vivere da cristiani non è più un fatto scontato». Di qui l’importanza della formazione, raccomanda Repole: «Dobbiamo prenderne consapevolezza con urgenza se abbiamo davvero a cuore che anche domani ci sia una chiesa capace di essere segno profetico della carità di Cristo dentro questo mondo e se percepiamo in profondità il valore di questo segno per il bene delle nostre città e dei nostri paesi».
La chiesa torinese si prepara infatti a realizzare quattro nuove iniziative di carità che affiancheranno le attività caritative più tradizionali. In particolare, sarà eretta una fondazione per dare maggior forza e continuità alla scuola paritaria che copre le tre fasce dell’infanzia e sarà realizzata nella parrocchia San Giuseppe Cafasso, nel quartiere di Borgo Vittoria. Un ente del terzo settore gestirà poi la mensa diurna della parrocchia Sacro Cuore di Gesù, punto di riferimento per molte persone in difficoltà. E ancora nel quartiere Lingotto la parrocchia Assunzione di Maria Vergine realizzerà in collaborazione con l’associazione Papa Giovanni XXIII un centro di accoglienza per famiglie e giovani in condizioni di disagio. Infine, l’oratorio salesiano Michele Rua riqualificherà strutture nelle quali verrà realizzato un polo caritativo dove neet, giovani senza titolo di studio o qualificati ma con scarse competenze trasversali possono trovare un percorso adatto a loro, capace di contrastare le diverse dimensioni di disagio che concorrono al rischio della loro esclusione sociale.