SANITÀ & GIUSTIZIA

Taroccate anche le liste d'attesa. Molinette, dati falsi in Regione 

Dall'inchiesta sulla Città della Salute emergerebbero non solo bilanci falsi, ma anche comunicazioni "aggiustate" su intramoenia e tempi di visite ed esami. Nessuno degli indagati avrebbe informato l'assessore. Oggi vertice al grattacielo

Quando si era visto negare il riconoscimento degli obiettivi fissati (e il relativo compenso economico) per il 2022 che egli sosteneva di aver raggiunto, mentre di opposto avviso erano i vertici della sanità regionale, il direttore generale di Città della Salute non l’aveva presa affatto bene. Al grattacielo del Lingotto ricordano ancora l’irritazione e il dichiarato proposito di Giovanni La Valle di ricorrere contro quella “bocciatura”. Una memoria ravvivata dagli avvisi di garanzia, a chiusura dell’indagine, inviati a 25 manager succedutisi negli anni ai vertici dell’azienda, compreso l’attuale direttore generale e quello amministrativo Beatrice Borghese.

Tra gli obiettivi che la direzione regionale della Sanità, in capo ad Antonino Sottile, non ha ritenuto essere stati raggiunti ci sono infatti anche quelle auspicate riduzioni delle liste d’attesa e la strettamente collegata gestione dell’intramoenia, finiti nell’inchiesta condotta dai pm Giulia Rizzo e Mario Bendoni. Già, perché oltre alle gravi ipotesi di reato di falso e truffa che riguarderebbero omissioni e dichiarazioni non vere sui bilanci “in modo da indurre – scrivono i magistrati – i destinatari delle comunicazioni sociali a celare il reale andamento economico e patrimoniale”, c’è un aspetto non meno rilevante che emerge dall’inchiesta e che ha direttamente effetto sui pazienti. Dietro al disordine dei conti che riguardano l’attività libero professionale, ovvero l’intramoenia, appare un meccanismo in grado di produrre effetti pesantissimi proprio sulle liste d’attesa.

All’aumento delle visite in intramoenia corrisponde quello dei tempi di attesa e, in un sistema perverso quanto ormai noto, a fronte di tempi sempre più lunghi crescono le visite a pagamento. Lo Spiffero lo va scrivendo da mesi e non solo per quanto riguarda Città della Salute, dove stando alle carte dell’inchiesta il fenomeno avrebbe raggiunto livelli a dir poco patologici. Ma non sono soltanto i magistrati ad accendere un faro su questo fenomeno che impatta, ancor più del presunto danno economico, sui pazienti. Nel giugno scorso l’esito dell’ispezione disposta dal Mef nell’azienda diretta da La Valle, aveva evidenziato e messo nero su bianco la mancata adozione di idonei strumenti di monitoraggio e controllo dell’attività in intramoenia, necessari anche per valutare gli orari di lavoro dedicati all’effettiva erogazione delle prestazioni. Un aspetto molto importante, questo, che stando alle risultanze della verifica confermerebbero quelle falle che da anni caratterizzano la gestione di questa tipologia di lavoro per cui si chiede ai pazienti di mettere mano al portafoglio, scelta sempre più obbligata proprio per via dei tempi inaccettabili di attesa.

Inserendola tra le principali criticità riscontrate nell’ispezione avvenuta in primavera, il Mef aveva evidenziato la mancata adozione di un piano per la libera professione in regime di intramoenia, assenza di idonei strumenti di monitoraggio e controllo della stessa, mancata sottoscrizione delle convenzioni con le strutture private dove viene svolta la libera professione da parte dei medici, non conformità delle agende di prenotazione rispetto a quanto previsto dal piano regionale per il recupero delle liste d’attesa. Nella relazione era stata anche richiamata l’esigenza, evidentemente non sempre rispettata, di tenere costantemente aggiornato il piano delle autorizzazioni rilasciate ai medici per esercitare anche in intramoenia e consentire il monitoraggio della loro attività.

Dall’inchiesta della Procura della Repubblica emergerebbe un fatto che, se accertato, accentuerebbe la gravità di una condotta nella gestione della più grande azienda ospedaliera, ovvero informazioni false che sarebbero contenute nelle relazioni inviate alla Regione e di conseguenza al ministero e ad Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che ha ricevuto i dati, relative proprio alla riduzione dei tempi di attesa. E qui si torna al mancato riconoscimento del raggiungimento degli obiettivi, che per i manager significano soldi, non pochi, in più rispetto allo stipendio. 

Nel 2022, ultimo anno preso in esame dalla struttura regionale in attesa di farlo per il 2023, a La Valle quel “bonus” non è stato riconosciuto. Un segnale che qualcosa non andasse nella direzione attesa? Probabile. Certo è che se in passato sono stati commesse delle irregolarità e dei reati, come ipotizza la Procura della Repubblica, gli stessi atti dei magistrati non paiono affatto attestare un diverso atteggiamento degli attuali vertici, su cui peraltro pesa anche la citata relazione del Mef.

Intanto, al ventiquattresimo piano del grattacielo dove c’è l’ufficio dell’assessore Federico Riboldi, così come negli uffici della direzione regionale, non si nasconde una certa irritazione per il fatto che nessuno dal vertice di Città della Salute si sarebbe premurato di avvertire di aver ricevuto l’avviso di garanzia. Un atteggiamento che non contribuirà certo all’esito del vertice in programma per oggi in Regione (assente Alberto Cirio impegnato a Bruxelles, ma ovviamente informato in tempo reale) dove si tratterà anche della posizione della Regione da tenere di fronte all’inchiesta, in cui insieme ad Agenas è parte lesa.