Tavares addio, e ora?
Claudio Chiarle 06:00 Mercoledì 04 Dicembre 2024
Luglio 2018 la morte di Sergio Marchionne, novembre 2024 l’uscita di Carlos Tavares. Sei anni in cui l’ormai ex ceo di Stellantis ha potuto godere per un lungo periodo dei risultati finanziari della gestione del suo predecessore e tenere buoni gli azionisti, appena la crisi si è fatta acuta e l’effetto Marchionne è stato superato sono emersi i suoi limiti. E se l’azionista non guadagna è finita.
Da dove ripartire? Da ciò che Tavares ha smontato considerandolo un orpello inutile: dal clima aziendale e dall’ambiente in cui si lavora. Ricordate Marchionne cosa fece? Visitò gli stabilimenti, le mense, i bagni e per prima cosa trasformò il posto di lavoro da un luogo inospitale e lugubre in un posto pulito, luminoso. Chi si ricorda la Mirafiori ante Marchionne? Gli operai e le operaie certamente sì. La seconda cosa che fece fu dare divise dignitose, indossabili, identitarie. Mi è capitato spesso di vedere lavoratori e lavoratrici al supermercato con la divisa Maserati e tutto ciò aveva generato un effetto: l’orgoglio di fare parte di un progetto difficile, ambizioso, ma in cui si sentivano coinvolti. In quegli anni, da segretario Fim di Torino volli incontrare alcune volte un gruppo di team leader di Mirafiori e mi colpirono le parole di uno di loro (aveva cinquant’anni) che disse: “Fatico, alla mia età, a studiare i cambiamenti organizzativi, l’informatica applicata, ma vedo i cambiamenti, i progressi, i miglioramenti, a volte mi viene quasi da piangere perché non so se riuscirò a farcela e allora mi faccio aiutare da mia figlia che mi spiega i manuali”.
Racconto questo perché la sfida vincente di Marchionne partì dal luogo di lavoro, dalle persone e dal trasformare l’organizzazione del lavoro con il Wcm e l’ergo-uas. La filosofia era definire in ogni dettaglio ogni movimento che il lavoratore deve compiere sulla linea di montaggio, ottimizzarlo, standardizzarlo azzerando il margine di errore (ecco il Wcm) ma fare ciò in sicurezza e riducendo la fatica umana (ecco l’ergo-uas). Da questo nasce l’esigenza del Contratto collettivo di secondo livello, non viceversa. Tavares, importando il modello organizzativo francese e i suoi uomini, ha cancellato tutto questo, ha distrutto un’identità organizzativa e aziendale. Eppure molti sindacalisti plaudirono alla pagina bianca da scrivere con Tavares pur di dimenticare Marchionne. Il prossimo rinnovo contrattuale sarà il Ccsl o si tornerà al Contratto nazionale? Se a questo aggiungiamo la crisi che ha investito l’auto con le scelte radicali dell’Unione europea sulla transizione elettrica, allora abbiamo un quadro perfetto dell’impossibilità non solo di Stellantis ma del sistema automotive europeo di arrivare alla transizione all’elettrico nelle date previste. Mi auguro che il nuovo Parlamento europeo affronti in modo non ideologico, la questione automotive anche perché paesi come la Germania stanno dando segnali ben peggiori.
Come ripartire? Non certo prendendo esempio da certa politica italiana e parte del sindacato. Fa sorridere, tristemente, sentire il deputato Gusmeroli tuonare ai telegiornali che ha appena richiesto l’audizione del presidente John Elkann in commissione Attività produttive della Camera. Ha provato Gusmeroli a prendere una cartina geografica e guardare in quanti paesi è presente Stellantis e domandarsi cosa dovrebbe fare Elkann anziché occuparsi dell’azienda se accettasse gli inviti di tutti gli stati in cui produce? Dopodiché è la premier che in questi mesi/anni non ha voluto ricevere Elkann e non viceversa. Andrà Imparato, ad di Alfa Romeo e qui, anziché sbraitare, la nostra politica dovrebbe saper leggere i segnali che manda Elkann.
Servirà molto tempo affinché il presidente faccia la scelta migliore possibile riguardo al nuovo ceo. Auspico una scelta dentro il sistema Stellantis che ha ancora tanti manager capaci di esprimere una filosofia che coniughi il bene dell’impresa con un suo ruolo sociale. Molti sono di origini italiane. Poi bisognerà ricostruire il clima dentro le fabbriche, ridare l’identità e le condizioni per lavorare bene che andranno accompagnate da un progetto industriale e da modelli competitivi verso i concorrenti. Bisognerà ridare identità anche al prodotto per cui va bene la standardizzazione delle piattaforme ma i brand devono avere la loro anima. La Golf non ha mai perso la sua identità, da quarant’anni; nemmeno la 500, resuscitata da Marchionne. Quindi la strada da perseguire è quella di rivalorizzare la storia dei brand come hanno fatto Bmw, Mini e Mercedes.
Il nuovo ceo, con Elkann, dovrà ricostruire il clima aziendale, il processo industriale e il prodotto. Un grande sforzo ri-organizzativo che non potrà essere realizzato con un management filo Tavares. Ecco perché, sentire richiedere immediati incontri ai massimi vertici, piani industriali e scelte celeri fa “quasi tenerezza” se non fosse che chi lo richiede dovrebbe avere capacità di analisi oltre l’obiettivo del voto in più. Purtroppo abbiamo tanti cattivi maestri e pochi Alberto Manzi.
Ci vorrà tempo per riportare Stellantis, in un contesto difficilissimo, a livelli di competitività. Il Governo, che è stato prontamente informato così come il Presidente della Repubblica, da Elkann dell’uscita di Tavares, ha un compito solo oggi: garantire gli strumenti sociali per evitare licenziamenti forzati e chiusure e svolgere un ruolo determinante nel processo di transizione all’elettrico o meglio verso tutte quelle forme tecnologiche di alimentazione che consentano di abbattere l’inquinamento nelle sue varie forme. Compreso il nucleare di ultima generazione per abbattere i costi dell’energia per produrre auto. Non vorrei sbagliarmi ma ho l’impressione che la Presidente del Consiglio, stante le sue prime dichiarazioni, abbia ben compreso il suo ruolo, in cui intravvede anche quello da sindacalista per regolare i conti con Landini. Spero che la sinistra e il sindacato non cada nella trappola visto che di strategia si scarseggia, a oggi.