CAPITALISMO PUBBLICO

Cirio scopre l'acqua calda.
Vuole ricomprare le Terme

Liberali immaginari. Dopo il Lingotto Fiere la giunta piemontese di centrodestra (Lega in testa) è pronta ad aprire il portafoglio di Finpiemonte per tornare in possesso dello stabilimento di Acqui. E pensare che Chiamparino sudò sette camicie per liberarsene

Hanno fatto i salti mortali per riuscire, dopo anni da piazzisti, a venderle e adesso vorrebbero ricomprarsele. Perlomemo bizzarra la storia che incrocia la Regione Piemonte nelle sue susseguenti colorazioni politiche e le Terme di Acqui, fastose nelle Belle Epoque, tristemente mutualistiche nella lunga epoca in cui furono in pancia alle Partecipazioni Statali e poi, via via, verso un declino inarrestabile nonostante qualche effimero guizzo di ripresa.

Tormentone e, per dirla in piemontese, un bel badò di cui liberarsi in fretta che occupò riunioni su riunioni nel quinquennio in cui la Regione era guidata dal centrosinistra di Sergio Chiamparino e la grana era finita nelle mani di Giuseppina “la Pina” De Santis in giunta con la delega alle Partecipate (e una di queste erano le Terme). La Bollente con tutte le sue derivazioni alberghiere e le concessioni per l’utilizzo dell’acqua calda, alla fine e non senza intoppi e colpi di scena trovò un compratore.

Stefano Ambrosini prima incaricato di governarle da presidente della società e poi riuscendo finalmente a venderle stando alla guida di Finpiemonte, certamente ricorderà quegli anni come conclusi con un atto liberatorio, ovvero la firma che trasferì ciò che era considerato dalla Regione nulla più di un pesante fardello. Chissà che penserà oggi dell’attuale governo del Piemonte che invece sta lavorando per tornare indietro e riprendersele. Perché questo è l’intendimento del presidente Alberto Cirio e, più ancora del suo, della Lega che sulla vicenda sta facendo sentire tutto il suo peso nella città termale e, non di meno, a Torino tra grattacielo del Lingotto e il palazzo ex Fiat di corso Marche dove ha sede Finpiemonte Partecipazioni. Lì nella finanziaria reginale affidata a Francesco Zambon, s’aspettano che arrivino a batter cassa per costruire quel contenitore in cui, pian piano ma non troppo, infilare quel che meno di una decina d’anni fa la Regione aveva sbolognato a Finsystem, gruppo genovese guidato da Alessandro Pater, con forti interessi e altrettanti utili dal settore biomedicale che nel pacchetto aveva comprato pure la famosa Edicola, monumento simbolo della città.

A dispetto degli annunci non si vide e non si sarebbe visto nessun investimento, un hotel chiuso dietro l’altro, dal Grand Hotel Nuove Terme al Roma Imperiale passando per non poche altre strutture, in una Spoon River di un’Acqui che aveva sperato di risorgere e, invece, è sprofondata ancor di più. A novembre si è conclusa la stagione termale durante la quale solo lo stabilimento in centro, dove si fanno i fanghi, ha funzionato. Tutto il resto chiuso. 

Ma la società che ha comprato le Terme ha pure le concessioni per l’utilizzo dell’acqua calda che, quasi appena fai un buco nel terreno, sgorga a 75 gradi. E sono quelle concessioni la chiave che la Regione, insieme al Comune con il sindaco Danilo Rapetti, vuole aprire la strada verso il ritorno al passato. L’idea che ormai ha le sembianze di un piano definito, è quella di cogliere l’occasione della scadenza a fine aprile della prima delle tre concessioni attualmente in possesso della Finsystem, il prossimo anno toccherà alle altre dopo la recente legge regionale che ha annullato la perennità delle concessioni, fissandone la durata a vent’anni.

Il proposito della Regione che vede sul fronte in prima fila proprio l’assessore leghista e già presidente della Provincia di Alessandria Enrico Bussalino, è quello di riappropriarsi dei diritti di uso dell’acqua bollente mettendoli dentro una società in house. Va da sè che senza poter usare la Bollente le Terme non sono tali e qualsiasi struttura alberghiera, comprese quelle comprate da Pater (e che sembra non voglia vendere), sono poco più che scatole vuote. Il centrodestra che governa il Piemonte pensa, invece, appunto di riempire la scatola che intende costruire con i soldi pubblici di Finpiemonte Partecipazioni mettendoci dentro magari anche più di una struttura esistente o da costruire. C’è, per esempio, il grande edificio delle Terme Militari passate anni fa di proprietà del Comune. Da lì potrebbe partire l’operazione spinta dalla Lega, ma che piace molto pure a Cirio il quale oltre ad aver messo gli occhi sul Lingotto Fiere per il quale già sta trattando sul prezzo non disdegna affatto di andare alle Terme. Per comprarle. 

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