L'opposizione del "tanto peggio, tanto meglio"

Che l’opposizione nel nostro Paese lavori, quasi scientificamente, per il cosiddetto “tanto peggio tanto meglio” non è una gran novità. Lo è, del resto, sin dai tempi dei governi della Dc dove, salvo in pochissime circostanze dettate dall’emergenza nazionale, si è sempre caratterizzata per lavorare concretamente per la destabilizzazione. Ora, per non fare di tutta l’erba un fascio e per fermarsi alla stagione contemporanea, è abbastanza evidente che ci troviamo di fronte ad una opposizione che festeggia ogniqualvolta si presenta una difficoltà che può mettere in crisi il buon funzionamento del nostro Paese. Dal trend dell’occupazione all’andamento del Pil, dal rapporto con gli altri paesi europei al ruolo concreto nello scacchiere geopolitico, dal rapporto fra i vari organi dello Stato alla garanzia dell’ordine pubblico e via discorrendo. Per non parlare, com’è ovvio e scontato, del capitolo delle riforme necessarie per l’ammodernamento del nostro sistema: riforme politiche, economiche, sociali ed istituzionali.

E questo perché c’è una ragione specifica che blocca all’origine qualsiasi possibilità di migliorare il rapporto tra l’attuale maggioranza di centrodestra con l’opposizione di sinistra radicale, massimalista e populista. E questa ragione è molto semplice e addirittura disarmante. Consiste nel fatto che, molto semplicemente, la coalizione progressista e di sinistra nega la possibilità di avere una sana e fisiologica democrazia dell’alternanza finché esiste “questa destra”. Che, non a caso, viene definita come la “peggior destra di sempre” con tutto il caravanserraglio di insulti, attacchi personali, delegittimazioni morali e politiche, contumelie e ogni sorta di nefandezza che sarebbero riconducibili all’attuale schieramento di governo. Motivo per cui la sinistra italiana, nelle sue diverse versioni, è seriamente impegnata a battere e ad annientare definitivamente ed irreversibilmente questa malapianta italiana che nel 2022 ha vinto addirittura le elezioni.

Ora, non si sa bene quale sarebbe il centro destra che l’attuale sinistra predilige. Operazione difficile perché è dall’immediato secondo dopoguerra che chi governa in alternativa alla sinistra viene banalmente etichettato come “fascista”, “reazionario”, “eversivo”, “antidemocratico” e, soprattutto, con un profilo “anti costituzionale”. Qualunque sia l’avversario di turno. Dalla qualificata Democrazia Cristiana con la sua autorevole e prestigiosa classe dirigente alla stagione caratterizzata prevalentemente dalla presenza di Berlusconi e sino, e a maggior ragione, alla fase che si aperta con la leadership di Giorgia Meloni. Cambiano i partiti, i protagonisti politici, le classi dirigenti, i progetti e i programmi ma il nemico è sempre e solo un fascista, reazionario, incapace, incompetente e anche affarista nonché immorale. Da qui anche la ricorrente e storica “superiorità morale” della sinistra nei confronti dell’avversario/nemico che anche su questo versante è largamente e strutturalmente deficitario.

Ecco perché, in assenza di una possibile e virtuosa democrazia dell’alternanza – in quanto l’avversario è un nemico da estirpare senza ulteriori dubbi e tentennamenti – non resta che perseguire la logica del “tanto peggio tanto meglio”. Dunque, e comprensibilmente, si lavora veramente affinché tutto precipiti. E quindi è del tutto naturale che si festeggi ogniqualvolta c’è una difficoltà o arriva una notizia amara per il nostro Paese e, specularmente, si entra in crisi per risultati positivi o incoraggianti.

Questo è, purtroppo, lo stato delle cose nella politica italiana, al di là delle chiacchiere, della propaganda e dei pubblici e solenni pronunciamenti. E di fronte ad un contesto del genere è di tutta evidenza prendere atto che la democrazia dell’alternanza per il momento è sospesa. Per una sorta di “conventio ad excludendum” al contrario.

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