Sicuri, di essere presi in giro
Juri Bossuto 06:30 Giovedì 20 Marzo 2025
Sabato scorso, sotto una leggera pioggia, un centinaio di persone sono scese in strada a Mirafiori Nord per chiedere maggiore sicurezza pubblica. Il corteo, etichettato dagli organizzatori come “apartitico”, ha mosso i primi passi da piazza Livio Bianco, toccando poi tutti i luoghi simbolo dell’ormai datato progetto di riqualificazione “Urban II”.
A ridosso delle Olimpiadi invernali di Torino, sul territorio adiacente a quella che un tempo fu la più grande fabbrica automobilistica d’Italia (la Fiat di Mirafiori), si materializzò l’impegno pluriannuale di funzionari, e di molti attori sociali, per cambiare il volto della periferia Sud torinese. Il progetto, finanziato con fondi sociali europei, intervenne su spazi comuni (bocciofila “Pensionati e amici” e sala polivalente della parrocchia Gesù Redentore); su aree verdi, importanti testimoni di una Torino policentrica (piazza Livio Bianco); su edifici di edilizia popolare (Borgo Cina). Urban II trasformò inoltre una storica cascina in rovina nel cuore pulsante del quartiere (cascina Roccafranca), e infine istituì nuovi servizi alla persona.
La partecipazione attiva di associazioni e residenti, nella fase dell’elaborazione del progetto di Urban, avrebbe dovuto garantire un’incessante attenzione comunitaria su Mirafiori Nord e, di conseguenza, un’importante svolta sociale nel quartiere che fu l’abitazione di tanti operai. Purtroppo, con il passare degli anni sono venute a mancare le manutenzioni dei beni comuni ristrutturati grazie ai fondi europei: molte strutture nate per offrire un punto di appoggio alle famiglie hanno iniziato così a vacillare, sino a chiudere i propri battenti.
Alcuni edifici sono diventati in seguito terra di nessuno, abbandonati a sé stessi dalle istituzioni, e quindi offerti letteralmente in pasto a occupanti abusivi, i quali hanno potuto sbizzarrirsi nell’abbattere porte e muri divisori, nonché ad appiccare qualche incendio. Il disagio derivante dall’incuria ha annullato in modo repentino le speranze alimentate dall’avvio dei tanti cantieri, edilizi e sociali, targati Urban.
Con il passare degli anni la piazza/giardino Livio Bianco ha assistito al suo lento declino, complice la scarsa pulizia e la sempre faticosa cura delle attrezzature logorate dal passare degli anni, oppure vandalizzate. Non solo, oltre alla bocciofila, ex circolo Arci, sono spariti dall’orizzonte sia il Centro Lilliput (che ospitava attività rivolte ai bambini), che il Centro lavoro e il Centro Dentro (storico luogo di aggregazione giovanile). Laddove veniva promosso il concetto di comunità, offendo ai cittadini importanti luoghi di aggregazione, improvvisamente è arrivato il deserto.
La “Teoria della finestra rotta” è molto efficace per comprendere come intere aree urbane versino in grave disagio: se alla prima finestra infranta da un sasso lanciato di proposito, oppure da una pallonata, non segue un rapido intervento di ripristino, in poco tempo altri oggetti colpiranno le finestre ancora integre. Abbandono crea sempre abbandono, in un circolo vizioso ogni giorno più difficile da fermare.
Sono molte le “finestre rotte” mai riparate in periferia, come oramai pure in centro città. Incuria dalle conseguenze molto pericolose, poiché è sufficiente l’arrivo di un paio di camper abitati da famiglie nomadi (spesso poco sensibili nella cura dei beni comuni e del territorio ospitante), oppure il sostare di pochi individui in preda all’alcool davanti a un mini Market, per scatenare l’ira funesta dei residenti. Furia collettiva che naturalmente non si riversa su una forte rivendicazione di servizi e di manutenzioni, ma sulla cacciata di coloro che sono percepiti quali corpi estranei alla comunità medesima (di chi non fa altro che mettere in evidenza il cono d’ombra in cui è drammaticamente caduta la zona).
La politica, da parte sua, cavalca la tensione sociale, puntando il dito sui “corpi estranei” e, al contempo, non offrendo alcuna soluzione percorribile: un agire di comodo che alimenta odio e richieste di giustizia “fai da te”. La responsabilità di quegli amministratori che sono abituati a non risolvere i problemi, poiché soliti a scaricarli su capri espiatori, è enorme.
Sono i politici che istigano la folla, sperando di raccattare qualche voto in più, sino a condurla all’esasperazione: come accaduto martedì scorso durante il Consiglio della Circoscrizione 2, quando alcuni residenti di corso Caio Plinio, stanchi di aspettare la discussione di un’interpellanza che li riguardava, presentata da un membro della Giunta (un Coordinatore le cui competenze di governo gli avrebbero consentito di praticare strade decisamente più fruttuose), hanno aggredito verbalmente i membri dell’assemblea minacciando pure alcuni consiglieri.
Il malessere, solitamente, viene spostato solo di qualche isolato in periferia, mentre in centro città lo si ignora permettendo un uso distorto di portici e monumenti (indegno il modo in cui si maltratta Palazzo Carignano). Altrove si decide addirittura di non riparare piscine pubbliche, chiuse da anni, poiché i terreni in cui sorgono fanno gola a qualche speculatore immobiliare (piscina ex Sempione).
I cittadini sfilano per la sicurezza e nel frattempo perdono di vista tutto il loro patrimonio pubblico: una distrazione, assecondata dai media, che funziona alla perfezione quando in realtà si vuole smantellare lo Stato sociale.