SANITÀ

Stop alle visite in ambulatori privati. Schael alza il tiro sull'intramoenia

Scadute le autorizzazioni (già prorogate), saltano tutte le prenotazioni (a meno di rivolgersi ad altri medici) per le prestazioni a pagamento. Si potrà esercitare la libera professione dentro Città della Salute. Una decisione che alimenterà altre polemiche

Da oggi i medici della Città della Salute non potranno più esercitare la libera professione, in regime di intramoenia allargata, in 26 strutture private. Lo ha disposto, con un provvedimento inviato sia agli ambulatori sia ai professionisti, il commissario Thomas Schael. Alla base della decisione, che non mancherà di provocare ulteriori reazioni nei confronti del manager tedesco chiamato a governare la principale azienda ospedaliera del Piemonte, c’è il mancato rispetto dei tempi previsti per il rinnovo delle convenzioni o, in non pochi casi, la totale assenza di richieste da parte delle strutture private.

Nella lettera Schael ricorda come Città della Salute aveva comunicato “l’imminente scadenza in data 31 marzo 2025 delle convenzioni prorogate con la delibera del 20 dicembre 2024” alle strutture private non accreditate, “precisando che la convenzione non sarebbe stata oggetto di ulteriori proroghe”, poiché devono rispettare le indicazioni del nuovo catalogo regionale delle prestazioni ambulatoriali. Der Kommissar, ovviamente lasciando aperta la porta a chi vorrà presentare una nuova richiesta di autorizzazione subordinandola “all’esito positivo delle relativa istruttoria”, di fatto blocca tutte le visite e l’attività esterna dei medici che fino a ieri hanno lavorato nelle 26 strutture private. 

Il provvedimento, quindi, avrà come immediata conseguenza la cancellazione di tutte le prenotazioni per i giorni e le settimane a venire nel caso in cui le stesse strutture le abbiano fissate pur sapendo che la convenzione sarebbe terminata ieri e senza averne richiesto una nuova. L’alternativa è quella di fornire le prestazioni fissate, ma da parte di altri professionisti diversi da quelli non più autorizzati dall’azienda pubblica di cui sono dipendenti.

La comunicazione giunta ai medici è molto chiara: “Eventuali rendicontazioni successive al 31 marzo saranno motivo di provvedimenti disciplinare in carico ai professionisti dell’azienda”, insomma se qualche medico dovesse risultare ancora in attività presso le strutture non più autorizzate, ne subirebbe le conseguenze. E proprio l’assenza di richieste di una nuova autorizzazione da parte dei provati sarebbe, a sua volta, una conseguenza dell’eventualità prospettata da Schael, ancor prima del suo arrivo a Torino, di poter sospendere temporaneamente l’intramoenia di fronte a liste d’attesa troppo lunghe. Una pratica adottata dal manager tedesco nell’Asl abruzzese dove il blocco della libera professione aveva portato a un rapido e importante recupero dei ritardi sulle prestazioni fornite dal servizio sanitario.

Sarebbe stata, quindi, questa prospettiva a indurre ambulatori e studi privati a non presentare la domanda? Oppure si confidava in un’ulteriore proroga dopo quella concessa a fine dicembre dall’allora direttore generale Giovanni La Valle? Bloccata la libera professione esercitata al di fuori della Città della Salute, ovvero quell’intramoenia allargata che dovrebbe essere una deroga alla norma e invece rappresenta oltre l’80 per cento nell’ambito dell’azienda di corso Bramante, per i medici destinatari della lettera resta sempre la possibilità di esercitarla all’interno della struttura da cui dipendono. E qui si apre un’altra questione, ovvero quella dei locali necessari. La legge prevede, infatti, che l’intramoenia sia autorizzata all’esterno solo nei casi in cui non ci siano strutture e attrezzature adeguati nell’ospedale in cui lavorano i medici. Sarà anche proprio su questo aspetto che verranno valutate le nuove richieste e quelle che seguiranno da parte degli ambulatori privati e degli stessi medici.

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