"Salvini deve tornare al Viminale". Molinari paga dazio al Capitano
16:30 Sabato 05 Aprile 2025La captatio benevolentiae dal palco del congresso per farsi perdonare le intemerate e mettere al sicuro lo scranno di capogruppo. Il segretario della Lega del Piemonte scatena la standing ovation: "Matteo è il miglior garante della sicurezza del Paese"
Si chiama captatio benevolentiae. Riccardo Molinari, forse per farsi perdonare le recenti intemerate piuttosto critiche sulla linea politica del Capitano e qualche lontana frizione, ai tempi in cui gli venne sbarrata la strada per lo scranno più alto di Montecitorio, ha usato parole al miele verso Matteo Salvini. Il capogruppo del Carroccio alla Camera e segretario del partito in Piemonte, nel suo intervento al congresso in corso a Firenze, ha toccato le corde più sensibili del leader: “Il congresso deve chiedere a Matteo il sacrificio di tornare al Viminale"”, ha affermato dal palco della Fortezza da Basso. “Uscito indenne dal processo di Palermo, Salvini è il miglior garante della sicurezza del Paese, l’unico che può darci un Paese più sicuro. Matteo pensaci – gli ha detto rivolgendosi al segretario leghista e vicepremier, seduto in prima fila in platea – perché credo che qui saranno tutti quanti d'accordo”.
E la platea ha risposto con una standing ovation. “Non credo basti l’ottimo lavoro” che si sta facendo sulla sicurezza, ha affermato Molinari, “credo serva un lavoro straordinario. Io credo che da questo congresso” sia giusto arrivi la proposta “di chiedere per la Lega nuovamente quella posizione” al Viminale, ha insistito. Una posizione, va ricordato, al momento occupata da Matteo Piantedosi che di Salvini fu capo di gabinetto quando l’attuale titolare ai Trasporti era ministro dell’Interno. Un chiodo fisso, quello di tornare a prendere possesso degli uffici del Viminale, da cui il capo deghista ritiene possa far ripartire la rimonta nei consensi.
Molinari, che è firmatario di due mozioni congressuali – quella “polpettone” su Autonomia, Europa e federalismo, insieme all’economista anti-euro Alberto Bagnai, e la seconda con il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon con la quale si propone un’alternativa al salario minimo basata su parametri Istat del costo della vita, resuscitando le gabbie salariali – si è ancora una volta rimangiato le sue parole pronunciate in libertà e spiattellate sui giornali: “È un congresso programmatico, elettivo e unitario. Spero che la riconferma di Salvini con questa forza spazzi via una serie di dicerie sui giornali che vogliono farci apparire divisi quando divisi non siamo”.
Il deputato alessandrino ha poi toccato alcuni totem storici, a partire dall’Autonomia. “Io credo che la priorità della Lega in questa legislatura sia portare a termine il percorso dell’autonomia differenziata. Entro la fine della legislatura dobbiamo trasferire le competenze alle Regioni che ne hanno fatto richiesta”, ha aggiunto, è “coerente con il voto parlamentare e con i referendum di Lombardia e Veneto del 2017”. “Ottenuto l’autonomia”, ha concluso, “dobbiamo trasformare l’Italia in uno Stato federale vero. Intensificare i rapporti delle Regioni per macroaree, il sogno di Cattaneo e di Miglio”.
Coperto e allineato anche sulla politica estera di Salvini, quella che dai ragionamenti “rubati” dalle confidenze non sarebbe condivisa dal “90% del partito”. Non si ridurrà a fare cheerleader di Trump (forse) ma di sicuro blandisce il Capo: “Siamo un partito nato per difendere l’identità e il territorio. Per farlo, occorre tutelare le persone che ci vivono: mentre la sinistra chiede di superare il Patto di Stabilità per indebitarci di 800 miliardi comprando armi e missili, noi con coerenza siamo da sempre dalla parte della Pace, della Libertà, del federalismo”.