ECONOMIA DOMESTICA

Taranto si ferma, Novi Ligure e Racconigi tremano. Ex Ilva, crisi senza fine

Il sequestro dell'Altoforno 1 ferma la produzione e svuota le scorte, gli stabilimenti piemontesi verso la cassa integrazione. E per alcuni è l'anticamera della chiusura. Il ministro Urso lancia l'allarme: "Valutiamo i danni, il rilancio è a rischio"

Un incidente a Taranto che rischia di avere gravi ripercussioni anche per il Piemonte. L’evento del 7 maggio all’altoforno AFO 1 dell’Ex Ilva, seguito dal sequestro senza facoltà d’uso, sta mettendo in ginocchio la filiera siderurgica, con gravi rischi per gli stabilimenti di Novi Ligure e Racconigi. La produzione rallenta, le scorte si assottigliano e la cassa integrazione si avvicina per centinaia di lavoratori, con lo spettro della chiusura definitiva sempre più dietro l'angolo.

L'incidente

L’incidente si verifica nella mattinata del 7 maggio: una fuoriuscita di gas incendiato dalla tubiera n. 11 dell’AFO 1, seguita dal rilascio di materiale incandescente, danneggia portavento, collo d’oca e ballatoio del campo di colata. Vigili del Fuoco e autorità ambientali intervengono immediatamente. L’ispezione conferma la gravità: l’altoforno è fuori servizio. La Procura di Taranto, ipotizzando reati come incendio colposo e getto pericoloso di cose, dispone il sequestro probatorio dell’impianto alle 23:30 dello stesso giorno, convalidato il 9 maggio dal pm Francesco Ciardo. Il sequestro, motivato genericamente per “preservare lo stato dei luoghi”, consente solo interventi di messa in sicurezza, ma preclude operazioni cruciali come la rimozione dei fusi incandescenti dal crogiolo, da eseguire entro 48 ore per evitare danni irreversibili. Con il materiale ormai solidificato, la ripartenza dell’AFO 1 richiede procedure complesse e incerte. Il raffreddamento dei condotti refrattari (“coupers”) minaccia ulteriori costi per le sostituzioni.

Le conseguenze

Le conseguenze operative sono pesanti. A Taranto, la produzione di acciaio crolla, mettendo a rischio il piano di rilancio e le trattative con gli azeri di Baku Steel per la cessione dello stabilimento. L’impatto si propaga al Nord: a Novi Ligure, dove 562 addetti lavorano alla zincatura, e a Racconigi, con 87 lavoratori (di cui 45 già in cassa integrazione) nella produzione di tubi, le scorte stanno finendo. Senza materia prima, la capacità produttiva si ridurrà, e la cassa integrazione appare inevitabile.

Acciaierie d’Italia, in amministrazione straordinaria, ha segnalato alla Procura che il ritardo nell’autorizzare gli interventi di salvaguardia, condizionato dal parere di Arpa Puglia, rischia di compromettere il cronoprogramma industriale. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, intervenendo a margine degli Stati Generali dell’Industria, ha dichiarato: “Attendo la relazione dei commissari sulle conseguenze del mancato intervento tempestivo. Spero che il percorso di rilancio non sia compromesso”.

In Piemonte, Novi Ligure e Racconigi sono sull’orlo del baratro. La crisi di Taranto minaccia di spegnere gli stabilimenti, con centinaia di posti di lavoro a rischio. Mentre l’inchiesta giudiziaria va avanti, il destino dell’Ex Ilva resta in bilico, e il Piemonte guarda con apprensione a un futuro sempre più incerto.

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