Ex Ilva, Piemonte senza acciaio. Fondi annunciati, zero certezze
12:11 Martedì 10 Giugno 2025Novi Ligure e Racconigi col fiato sospeso. Nessun dettaglio sul decreto del governo. Produzione ferma dopo l'incendio a Taranto, trattativa con gli azeri di Baku Steel arenata. Allarme di comuni e sindacati sul futuro dei 700 lavoratori piemontesi
Settecento lavoratori dell’ex Ilva tra Novi Ligure e Racconigi restano appesi a un filo. Il governo ha promesso un decreto legge per pompare risorse in Acciaierie d’Italia, in amministrazione straordinaria, e tenere a galla gli stabilimenti. Ma comuni e sindacati, stufi di parole, chiedono numeri e fatti: “Solo un rinvio di dieci giorni, nulla di nuovo”. La trattativa con Baku Steel è in alto mare, e l’incendio di Taranto ha mandato la produzione in tilt, lasciando il Piemonte a secco di acciaio.
Decreto senza cifre, governo vago
Con il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro Adolfo Urso e la ministra Marina Calderone, il governo ha assicurato fondi per proseguire l’attività e mantenere la cassa integrazione, che copre il 70% dello stipendio per i 600 lavoratori di Novi Ligure e i 90 di Racconigi. Il decreto integrerà i 150 milioni di Ilva in amministrazione straordinaria, i 250 milioni già stanziati, un prestito ponte Ue da 320 milioni e 100 milioni dal Milleproroghe. Ma quanto arriverà di nuovo? Zero dettagli. Rocco Palombella della Uilm: “Una boccata d’ossigeno, ma senza un piano industriale è aria fritta”.
Sindacati: “Basta promesse”
I sindacati non ci stanno. Ferdinando Uliano (Fim Cisl) dubita di Baku Steel, specie dopo che Urso ha tirato in ballo Jindal e Bedrock: “Se rispolverano vecchie opzioni, la strada principale è morta”. Michele De Palma (Fiom-Cgil) va dritto: “I 350 milioni non bastano, lo Stato prenda il controllo”. La produzione è ferma dopo l’incendio dell’altoforno 1 a Taranto, e Novi e Racconigi sono senza materia prima.
Piemonte in apnea
Baku Steel, che pareva a un passo dall’accordo, ha tagliato l’offerta. Il governo cerca alternative, ma il neosindaco di Taranto, Piero Bitetti, mette i bastoni tra le ruote: no alla nave rigassificatrice chiesta dagli azeri per la decarbonizzazione. Risultato? La trattativa è quasi kaput. A Novi Ligure, 165 lavoratori sono in cassa, a Racconigi 45. Le scorte di acciaio sono agli sgoccioli, e l’incendio di Taranto ha bloccato tutto. In ultimo arriva l’allarme del Pd locale: “Novi rischia il collasso”. Senza un piano per Dri d’Italia e la decarbonizzazione, gli stabilimenti piemontesi sono a un passo dal baratro.
Decreto o toppa?
Il decreto è un cerotto su una ferita aperta. Palazzo Chigi parla di “siderurgia strategica” e “polo green” a Taranto, ma senza cifre né acquirenti seri, è solo fumo. I lavoratori di Novi e Racconigi aspettano, ma il tempo, come dice Palombella, “è finito”.