SACRO & PROFANO

A Torino il dogma della "sintonia": l'esilio per chi non si allinea

Silenziata dai giornali mainstream e benedetta dai cattocomunisti, la triste vicenda della cacciata dei Padri del Verbo Incarnato ha ormai eco nazionale. A Ivrea la "strana" rinuncia del vicario generale. Tensioni (e campagna referendaria) nella diocesi di Biella

Con la nomina anche del parroco della parrocchia del Beato Pier Giorgio Frassati nella persona del boariniano doc, don Mauro Gaino, si chiude la triste vicenda della cacciata dei Padri del Verbo Incarnato e si noti che, pur di disperderli, le due parrocchie che da anni lavorano insieme in un tempo in cui si fa di tutto per unire, vengono invece divise. In questa storia esemplare, intrisa di ideologismo e irragionevolezza, l’intero establishment della Curia di Torino sta perdendo autorevolezza e credibilità. Al risentimento dell’ala progressista pellegriniana e fiandiniana – diversi ma uguali – si aggiunge ora quello dei laici impegnati in un serio cammino di santificazione, secondo tutti i temi (non solo quelli a scelta) della Chiesa cattolica e del suo universale Catechismo.

La vicenda, silenziata dai giornaloni e dai cattocomunisti, ha ormai eco nazionale e persino a Roma, dove il vento sta rapidamente cambiando e si respira aria di “liberazione”, non pochi se ne stanno interessando, tenuto conto che le ragioni del «non rinnovo» della convenzione tra la diocesi di Torino e l’Istituto del Verbo Incarnato, sono del tutto risibili. Si parla di una sedicente «mancanza di sintonia» con la pastorale diocesana. Ora, val la pena di ricordarlo, da decenni anche il Seminario vive questa distopica situazione, per cui tante vocazioni sono state allontanate (o bruciate) perché «non in sintonia con la diocesi», con la fatidica frase schizofrenica: «Tu hai la vocazione, ma non per Torino», come se Torino avesse un proprio schema dentro il quale tutti devono necessariamente entrare! Con buona pace della libertà di coscienza, della violenza psicologica e dell’abuso di potere. Anche alcune recenti partenze isolane ne sono infine la prova.

Sono i frutti avvelenati del boarinismo, una tendenza, oggi al comando della diocesi, che non avendo né fondazione culturale, né fascino umano, ha giocato tutto sull’impostazione psico-affettiva, non di rado disorientata e semi-ricattatoria. In questo contesto, chi lavora seguendo la dottrina della Chiesa e portando frutti abbondanti di conversione e santificazione, disturba e spaventa, perché può contagiare, come sempre ha fatto chi attorno a sé spande il bonus odor Christi (2 Cor 2,15) e perché mette in discussione, silenziosamente, un’intera impostazione psico-pastorale: quella della Chiesa «umile» della decrescita felice, tendente alla scomparsa. Con una sola ordinazione sacerdotale nel 2025, per oltre 2 milioni di fedeli, rinunciare all’aiuto dei Padri appare ancor più irragionevole.

Evidentemente bisogna dare spazio a quei laici formati in quell’Istituto diretto da chi, dopo pochi anni da viceparroco, lasciò il servizio pastorale dicendo in pubblico: «La parrocchia mi ha stufato!». Perché la situazione della diocesi di Torino è, per chi non lo sapesse, drammatica, governata da quanti non hanno mai messo mano seriamente al lavoro pastorale, non si sono mai sporcate le mani nel sociale, se non con vaghi proclami progressisti, ed è del tutto sterile vocazionalmente. Allora la domanda vera non è se i Padri siano «in sintonia» con la diocesi, ma se la diocesi sia in sintonia con la Chiesa tutta, e non solo formalmente. Essere cattolici significa infatti essere universali e non chiudersi nelle proprie anguste prospettive e nel proprio nido caldo e autoreferenziale, anche se foderato di rosso o di viola.

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Nella diocesi di Ivrea il nuovo vescovo, monsignor Daniele Salera, a pochi mesi dall’ingresso, ha provveduto alla nomina dei suoi più stretti collaboratori conferendo alcuni incarichi di Curia, in particolare quello di vicario generale nella persona di don Luca Meinardi, 57 anni, parroco di San Giorgio Canavese, paese natale del cardinale Arrigo Miglio, del quale è tutt’ora il pupillo e referente e che, quando era vescovo di Ivrea, lo ebbe come fidato e fedele economo, tanto da preconizzarlo, senza successo, come vescovo di Nuoro. In questi anni egli è stato la vera eminenza grigia della diocesi potendo contare su di un gruppetto di preti suoi adepti.

Dopo appena quattro giorni dal decreto di nomina ecco il colpo di scena. Con uno scarno comunicato della Curia viene data notizia che lo stesso don Meinardi ha rinunciato «per motivi personali» agli incarichi conferitigli, rinuncia che il vescovo ha accolto con immediata decorrenza. La notizia ha sorpreso non poco e oggi in diocesi si sono sparse le voci più strane e inusitate, nessuno dando credito ai non meglio specificati «motivi personali». Le riportiamo per dovere di cronaca e per quello che possono valere. Sembrerebbe che l’ancora presente componente bettazziana della diocesi abbia manifestato al vescovo la sua perplessità in ordine alla gestione passata di economo di don Meinardi e l’inopportunità della sua nomina.

Molti hanno rilevato nelle prime mosse di governo del vescovo una certa fretta, un certo autoritarismo e una mancanza di ascolto dei preti, se si pensa che i suoi predecessori, per la nomina del vicario generale, procedevano a una consultazione del clero al fine di avere le indicazioni necessarie. Adesso si pensa all’“usato sicuro” di don Silvio Faga, già vicario generale, o al rampante don Davide Smiderle, parroco di Chivasso e di altre tre parrocchie più due cappellanie e appena nominato rettore di un seminario senza seminaristi.

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Come tutti sanno, la diocesi di Biella è in mano alla “Beata Trimurti” composta dal vicario generale, don Paolo Boffa Sandalina, dal parroco di S. Paolo (una diocesi nella diocesi), don Filippo Nelva (detto don Belva), vicario per la pastorale e da don Stefano Vaudano, vicario per l’amministrazione, spesso in jeans e con l’immancabile orologio di valore. Da settimane infuria sui social e sui giornali una feroce polemica dei primi due con l’amministrazione comunale di centrodestra rea, secondo loro, volendo razionalizzare spese e spazi, di aver defraudato i centri estivi parrocchiali.

Anche l’emergente parroco di Pollone, don Luca Bertarelli, non ha mancato di mettersi in vista e lo ha fatto pubblicando, in occasione dei referendum di domenica scorsa, con stile da 18 aprile 1948, un avviso ai fedeli ammonendoli che, quando dovessero essere licenziati senza giusta causa, si dovranno ricordare di quando preferirono andare al mare invece di recarsi alle urne. Sono lontani i tempi di quando i partiti laici invocavano il vulnus al Concordato allorché i preti invitavano a votare ai referendum sul divorzio e sull’aborto, secondo le indicazioni della Chiesa. E il povero vescovo monsignor Roberto Farinella? Come sempre non pervenuto. Oppure, più pietosamente: Jesus autem tacebat (Matth. 26, 63).

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