TRAVAGLI DEMOCRATICI

Ali tarpate ai sindaci Pd

Da una parte Lo Russo che nonostante sia vice di Anci non è punto di riferimento, dall'altra Gualtieri che ha messo il silenziatore all'associazione "rossa". Le ricorrenti tentazioni di farsi partito e c'è chi guarda a loro per la "terza gamba" della coalizione

La sconfitta di Matteo Ricci nelle Marche, oltre a decretare una rovinosa battuta d’arresto per il campo largo, che assomiglia sempre più alla “gioiosa macchina da guerra” di occhettiana memoria, fa registrare un altro dato politico degno di nota: quel “partito dei sindaci”, che da sempre costituisce l’ossatura del sistema di potere del Partito democratico, sta attraversando un periodo di appannamento. Quando era primo cittadino di Pesaro, Ricci era anche presidente di Ali, la sezione di sinistra dell’Anci che riunisce i sindaci progressisti, dedicandosi all’attività dell’associazione per affermarsi nello scenario politico nazionale. Ma il suo successore, il romano Roberto Gualtieri, ha adottato tutto un altro approccio, d’altronde la Capitale non è mica Pesaro. Così si apre una riflessione all’interno del partito dei sindaci: che fare per tornare a essere decisivi? Puntare su Ali o concentrarsi sull’Anci? Anche perché fuori dai grandi centri i sindaci di centrosinistra iniziano a scarseggiare.

L’Anci rossa

Fondata una prima volta nel 1916 come Lega dei comuni socialisti (con Giacomo Matteotti tra i promotori), l’Ali (Autonomie Locali Italiane) rinasce nel secondo dopoguerra, cambiando varie volte il nome fino ad assumere quello attuale. In un periodo in cui la guida dell’Anci era appannaggio esclusivo dei sindaci della Democrazia Cristiana, vi era l’esigenza di un coordinamento alternativo tra i comuni amministrati dal Pci. Ma quando con l’avvento della Seconda Repubblica il centrosinistra inizia a fare incetta di grandi comuni Ali rischia di trasformarsi in un doppione, tanto che si ipotizza una fusione tra le due associazioni.

A cambiare le carte in tavola è l’avvento di Ricci, che divenuto presidente nel 2018 punta a differenziare l’attività di Ali, concentrandosi meno sugli aspetti normativi che interessano gli amministratori e rendendola un laboratorio di riflessione politica a cui aderiscono più di mille comuni in tutta Italia e un motore del pensiero progressista, che porta a Ricci un ritorno d’immagine personale tutt’altro che trascurabile e che avrebbe faticato a ottenere restando il semplice sindaco di una città di provincia come Pesaro.

L’avvento di Gualtieri

Ma quando a Ricci lo scorso anno subentra il sindaco di Roma Roberto Gualtieri la musica cambia, e ai temi ideologici si preferiscono quelli tecnici: più approfondimento sul Pnrr e l’intelligenza artificiale e meno focus sull’accoglienza e sui diritti civili, così Ali smette di essere il trait d’union tra gli amministratori locali e il Partito democratico. La vicepresidente di Ali è una piemontese, la sindaca di Settimo Torinese Elena Piastra, già nella squadra di Stefano Bonaccini e in pole position per essere la candidata del campo largo alle prossime elezioni in Piemonte, regione in cui l’associazione conta su circa cento comuni, con adesioni in forte crescita.

Anche lei, pur attribuendo un giudizio positivo al nuovo corso, non può che certificare il cambio di passo: “Con Gualtieri si sta facendo un lavoro diverso, con una serie di approfondimenti che ritengo necessari per il lavoro di un sindaco. Di sicuro oggi Ali è meno orientata sui temi del Pd rispetto agli anni di Ricci”. La vera domanda quindi è: i dem possono permettersi di perdere il serbatoio del partito dei sindaci?

Il bivio

Con questo nuovo assetto quindi Ali diventa pressoché inutile alla diffusione del verbo piddino all’interno delle amministrazioni, e anche all’interno del partito ci si comincia a interrogare se non sia più opportuno concentrare le proprie energie direttamente su Anci. Quello che negli ultimi trent’anni era diventato un fortino del centrosinistra, inizia a scricchiolare. Il Pd controlla ancora le grandi città, ma sul resto dei comuni fa fatica, e il caso del Piemonte è emblematico: amministra solo tre capoluoghi su otto (Torino, Cuneo e Alessandria) e il presidente di Anci Piemonte è espresso dal centrodestra: Davide Gilardino, che è anche presidente della provincia di Vercelli e primo cittadino di Ronsecco, è di Fratelli d’Italia. Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, che è vicepresidente di Anci a livello nazionale con delega alle politiche comunitarie, si ritrova così in minoranza nel suo giardino di casa. E, a onor del vero né il suo incarico in seno all’associazione né il suo ruolo al Nazareno quale coordinatore dei sindaci lo hanno finora reso un punto di riferimento per i colleghi.

Il timore che anche in via dei Prefetti, sulla poltrona in cui siede il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, arrivi un esponente di centrodestra inizia a crescere. Sembrano lontani i tempi in cui la presidenza di Anci era oggetto di regolamenti interni al Pd, dalle ambizioni di Beppe Sala, a cui venne preferito il barese Antonio Decaro, allo stesso Lo Russo, che fino all’ultimo ha provato a contendere a Manfredi la guida dell’associazione. Così la sconfitta di Ricci nelle Marche assomiglia alla chiusura di un cerchio: insieme a lui perde il partito dei sindaci, che ora dovrà trovare il modo di risollevarsi se non vuole affossare il Pd.

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