Emozioni e realtà, quale classe dirigente del futuro?

Molto probabilmente tra qualche settimana della Global Sumud Flottilla non si ricorderà più nessuno, nemmeno delle manifestazioni sebbene partecipate ma superate nella cronaca e nell’analisi dalle devastazioni avvenute durante le manifestazioni pacifiche. Del 1° maggio torinese da anni ci si ricorda per i tafferugli e non per la bella manifestazione e del suo significato. Dalle devastazioni delle Ogr, dell’assalto a Leonardo con la distruzione delle auto dei lavoratori della stessa, della distruzione dei Portici di Carta mi è sorta una domanda: che Torino vogliamo? Chi la costruirà?

Anagraficamente e non solo a costruire la Torino del futuro saranno tanti di quei giovani che (ingenuamente?) andavano gioiosi dietro chi guidava i cortei, certamente non spontanei ma guidati dai sindacati di base e da tanti gruppi filopalestinesi e dalla rabbia anti Meloni. Non basta stare in un corteo, devi sapere chi lo guida e dove ti porta. E come dimostra l’irriducibilità filo Hamas di chi manifesta il 7 ottobre, spesso la testa del corteo, decidendo il tragitto, favorisce la coda violenta (lo dico per esperienza dopo avere fatto centinaia di cortei da sindacalista). Di questi la sola idea era di sfasciare il più possibile, di inneggiare alla Palestina libera dal fiume al mare, ovvero negare l’esistenza di Israele.

Quali giovani saranno la futura classe dirigente anche della nostra area metropolitana? Ce ne sono tanti, variegati. Intanto un dato: si è parlato molto di scuole occupate ma leggendo i giornali si evidenziano essenzialmente una manciata di licei, attualmente in crescita con un paradosso: più si avvicina una possibilità di pace, più aumentano le simil-occupazioni. Quindi, o i giornali ignorano gli Istituti Tecnici e Professionali oppure in quelle scuole, come in molti licei non si è occupato e non fanno notizia.

Appare chiaro un altro punto, per cui si inneggia alla Palestina libera e automaticamente alla scomparsa di Israele ma non si dice come ricostruire Gaza e molto probabilmente le forze pro-Pal si dichiareranno contrarie al piano di pace ma ci si professa pacifisti… finché Israele non sarà distrutta. Contraddizioni in seno al popolo dicevano una volta.

Non distraiamoci e torniamo a noi, una prima constatazione è che gli studenti che frequentano i licei rappresentano una fetta dei giovani torinesi diversa da chi frequenta istituti tecnici e professionali. Una differenza di ceto. Sono ulteriormente diversi i giovani che erano presenti al Tech Week mentre altri giovani lo hanno devastato? Certamente che sì. Sebbene debba dire che quando saranno all’incirca trentenni molti di questi giovani, oggi sulle barricate o al Tech Week si uniranno per diventare classe dirigente nella società. Fanno tutti parte del ceto medio e medio alto della società metropolitana. Abbiamo, allora, giovani di diversi strati sociali e con un futuro diverso e per molti del ceto medio alto ci saranno sbocchi lavorativi dirigenziali mentre il mondo tecnico professionale avrà ruoli operativi, due piani sociali e gerarchici complementari ma diversi.

Ma torniamo all’oggi aggiungendo l’elemento emotività, dice bene Domenico Quirico: il conflitto di Gaza suscita emozioni molto più forti di altri conflitti per l’alto numero di vittime, tra cui bambini; e per la forte visibilità data dai mass media rispetto agli altri, aggiungo.

L’emotività è più forte del “cinico” ma necessario realismo e prevale anche nelle valutazioni soggettive. Ad esempio, a sinistra, non piace Zelensky, attore comico che parodiava il presidente Ucraino è diventato a sua volta presidente e veniva paragonato a Berlusconi. Poi si è trovato il Paese invaso e da comico è dovuto diventare un presidente “serio”. E infine, gli ucraini “sono un po’” fascisti hanno collaborato con i nazisti contro i sovietici nella Seconda guerra mondiale, sostengono molti. Bisognerebbe rileggere, almeno, l’autobiografia di Michail Gorbaciov quando si occupa dei problemi dell’agricoltura e ricorda cosa fece Stalin tra il 1929 e il 1935 ai contadini ucraini dando vita alla grande crisi alimentare che produsse milioni di morti. Gli storici si dividono sui dati ma parliamo tra i 3 e i 7 milioni di ucraini morti di fame perché il grano e le produzioni agricole venivano spedite verso la Russia Sovietica.

Emotivamente vince Gaza, i bambini morti, anche in Ucraina ci sono; un governo israeliano di estrema destra, gli ebrei da perseguitati da tutti (dai nazisti come dai sovietici) sono diventati tutti sionisti anche perché la sinistra israeliana si è dissolta e nessuno si chiede perché. Insomma, è più facile essere filopalestinese piuttosto che filoucraino.

I dati della Caritas del 2022, appena dopo l’invasione russa dell’Ucraina dicono che ci sono circa 92mila ucraine tra colf e badanti in Italia regolari e oltre 50mila irregolari. Numero che sarà significativamente aumentato dopo l’inizio del conflitto. La AssinDatColf ha stimato per il 2025, solo in Piemonte, una richiesta di oltre 140mila posti di lavoro per assistenza alla persona e colf, di questi oltre 100mila posti verrebbero occupati da stranieri e la comunità ucraina è la più numerosa in fatto di donne. La popolazione ucraina residente in Italia è presente soprattutto al centro nord e quindi le donne ucraine lavorano in molte case dei ceti più abbienti ma sono molto più invisibili del popolo palestinese. Perché?

Cosa dobbiamo insegnare ai nostri figli e nipoti? Che l’emotività è un sentimento nobile, positivo ma deve stare insieme alla realtà. Compito delle generazioni adulte, oltre a ascoltarli come ci dicono molti insegnanti in questi giorni, è spiegare, indirizzare, far riflettere, anche litigarci perché poi le parole devono sedimentarsi e riemergere.

I giovani vanno ascoltati ma anche indirizzati per il futuro ed è emblematico constatare che la missione di un centinaio di uomini e donne di pace sotto l’egida del Mean (Movimento Europeo Azione Nonviolenta) si è recato in visita in Ucraina e questo significativo atto ponderato collettivamente e emotivo individualmente sarebbe passato sotto sordina dai mass media se non fosse che “grazie” a qualche missile russo sono assurti agli onori della cronaca nostrana.

Una città come Torino deve trarre spunto e riflessione dagli eventi tragici dei conflitti, dalle manifestazioni pacifiche per tanti e violente, non per pochi (non sottovalutiamo le alleanze trasversali dei centri sociali e pro-Pal con i disagi espressi dai giovani stranieri e non delle periferie), per costruire la futura classe dirigente metropolitana. Uscire dall’emotività affrontare i fatti con realismo: uscire dalla comfort zone, contaminarsi con le periferie dove ci sono intelligenze e capacità che vanno fiutate, trovate e valorizzate. Questa Città metropolitana ha dato tanta classe dirigente al Paese dagli imprenditori ai politici, dagli intellettuali al sapere operaio. Gettiamo le basi per ricostruire con razionalità, anche a costo di essere antipatici o bastian contrari, una classe dirigente. Anche questo significa produrre capitale umano. Chi comincia? Astenersi pessimisti.

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