Chi può e chi non può manifestare

Le manifestazioni contro la strage che si perpetua ogni giorno a Gaza hanno portato in piazza decine di migliaia di persone. Il fine settimana scorso ha visto la mobilitazione in tantissime città, compresa Torino dove una folla (che non si vedeva da tempo così nutrita) ha sfilato per tutto il giorno (dalle nove del mattino a notte fonda). Sabato, invece, è stata la volta di Roma: una chiamata nazionale a cui hanno risposto oltre un milione di italiani.

Comunque la si pensi, è innegabile che sia accaduto qualcosa di decisamente inatteso: dopo anni di silenzio, interrotto solo da cortei con scarse ricadute sul fronte politico, una marea umana ha invaso le strade di tutta Italia, e lo ha fatto in maniera impressionante, nonché (salvo rare eccezioni) pacifica. L’avvenimento che ha risvegliato l’anima del Paese è stato il tentativo, realizzato da 46 imbarcazioni, di portare aiuti umanitari a Gaza, oltre a quello principale di spezzare l’assedio che soffoca da anni le popolazioni della Striscia: azione impedita brutalmente dall’intervento dell’esercito israeliano, avvenuto in acque internazionali.

Il Governo non ha certamente potuto far finta di ignorare le ragioni politiche che hanno animato i manifestanti, i quali hanno marciato non solo a difesa del popolo di Palestina, che si aggiunge drammaticamente alla lista delle genti colpite da terribili carneficine (curdi e armeni, tra i tanti), ma anche nel nome della Pace e contro tutte le guerre che questo sistema economico sta preparando da tempo. 

La premier non ha retto il colpo e si è lasciata andare a dichiarazioni stizzite, irritate, dettate di un evidente nervosismo che non è riuscita a celare minimamente, e da cui è emersa la leader di un partito decisamente di destra (profondamente reazionario), anziché la rappresentante di tutti gli italiani. Alcune affermazioni sono state addirittura volgari, come quella degli scioperanti che hanno optato per il fine weekend lungo, così come è stato pretestuoso aver evidenziato solamente i disagi patiti da coloro che si sono recati regolarmente al lavoro (compresi i dipendenti della Fondazione Leonardo- l’industria bellica torinese). 

Nel mezzo delle polemiche date in pasto ai media, dall’esecutivo, in molti non hanno potuto fare a meno di ricordare un’altra mobilitazione nazionale risalente al 2013: i blocchi stradali organizzati dal movimento dei “forconi”, conosciuto anche come “Movimento 9 dicembre”. All’epoca, l’Italia venne letteralmente bloccata per parecchi giorni, impedendo la circolazione in entrata ed uscita di molte città della Penisola (Torino fu la capitale di quella protesta). In quell’occasione, i partiti di Centrodestra, che oggi sostengono il governo, definirono la mobilitazione al pari di una legittima forma di protesta, davanti alla quale si doveva portare pazienza per i tantissimi disagi inferti ai cittadini (ricordo ancora bene il numero di volte in cui i mezzi pubblici su cui viaggiavo vennero fermati costringendo me, e gli altri passeggeri, a proseguire a piedi).

Evidentemente, i tanti cortei dei giorni scorsi hanno intaccato la sensazione di consenso unanime nei confronti del Governo, percezione che nutriva generosamente l’ego della premier. Allo stesso modo è venuta meno la sua speranza di essere la testimone di una sinistra ormai in agonia, incapace di chiamare le masse in strada. Il crollo emotivo della presidente ha generato accuse, affermazioni che nessun leader della Prima Repubblica avrebbe mai pronunciato di fronte all’impegno di così tanti cittadini. Gli italiani imbarcati sulle navi dirette a Gaza sono, infatti, stati incolpati di sabotaggio del piano di pace redatto dalla casa Bianca, nonché di essere finanziati da Hamas. 

Il Governo ha perso un’importante occasione per dimostrare maturità, magari focalizzandosi sulla guerra, su chi viene mandato a morire per lo sfruttamento di risorse energetiche, oppure per mantenere in sella leader con un piede sospeso sul baratro; poteva riflettere sulla distruzione, sulla fame patita da intere popolazioni; avrebbe potuto meditare sul ruolo delle diplomazie internazionali, sul senso di umanità ormai svanito in chi presiede le cancellerie europee; poteva, infine, riflettere su un clima bellicistico perenne che danneggia seriamente il morale dei cittadini, svuota il portafoglio dei lavoratori e abbatte l’economia.

L’inquietudine della maggioranza colpisce con durezza anche il rimpatrio dei 4 parlamentari a bordo della Flotilla, sospettati di aver abbandonato i connazionali nelle mani degli israeliani. Ai rappresentanti dell’opposizione è giunta anche l’ingiuria di codardia: affermazione che alimenta stupore poiché, sempre secondo l’opinione dei sostenitori dell’esecutivo, i militari sionisti si stanno solo difendendo il loro Paese e non cadono in atti di crudeltà. Quest’ultimo fosse un assioma reale, il timore di un esercito così pacifico sarebbe cosa assurda, ma evidentemente i politici che lo affermano sanno di mentire anche a sé stessi.  

La mossa di Netanyahu di rilasciare subito la rappresentanza di Camera e Senato imbarcata sulla Flotilla è stata molto astuta, se il fine era quello di screditarli: media e avversari politici hanno potuto infarcire la loro narrazione, già incentrata su uno sciopero dannoso per gli italiani, con l’immagine di una manciata di perditempo che hanno abbandonato i lavori parlamentari per fare una gita sul Mediterraneo. 

Frottole su frottole per spegnere i riflettori puntati su un’Italia che finalmente è tornata in piazza. Le bugie hanno le gambe corte, e alla lunga fanno venire una gran voglia a una moltitudine di cittadini di riversarsi ulteriormente in strada.

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