Contrastare il declino di Alessandria

Il vero tema del convegno di venerdì 22 marzo, promosso da “Città Futura” e dalla Camera del Lavoro a Palazzo Monferrato, non si trova nel titolo e riguarda il declino di Alessandria. L’oggetto: “il recupero e il rilancio dello Scalo merci” o, meglio, dello “Smistamento”, come è più conosciuto da ferrovieri e alessandrini, indica una possibile soluzione per la quale esistono sia i tempi giusti che le opportunità. Va però detto che affrontare seriamente il tema del declino della città, cercando di reagire, di invertire la tendenza non è un’operazione né semplice e né facile. Con il declino si può convivere e persino ci si può illudere di star bene, mentre reagire costa fatica, impegno, determinazione e mette in conto scontri e incomprensioni. Perché, in fondo, lo status quo va bene a molti, a tutti coloro che coltivano interessi particolari e vedono come un intruso, un avversario chi si occupa e vuole realizzare, nell’interesse della città, un progetto collettivo.

Anche per questa ragione ponendo il tema, non nuovo, del rilancio del nostro Scalo delle merci su ferro che, inevitabilmente, richiama lo status, la condizione più generale della logistica in questa parte di territorio piemontese, abbiamo deciso di non occuparci delle diverse e numerose responsabilità per gli scarsi risultati di questi anni. Non perché sia impossibile individuarle, ma in quanto non utili allo scopo. E la ragione è duplice, da un lato le Amministrazioni di Regione, Provincia e Comune che si sono alternate hanno riguardato i diversi schieramenti politici, dall’altro ciò che oggi più necessita è un lavoro di squadra di tutti i soggetti responsabili e interessati. Un obiettivo, nella nostra realtà, poche volte raggiunto, ma che, in questo caso, risulta indispensabile.  

Quando, nei mesi scorsi, gli amici di “Noi per Savona” ci hanno coinvolto non ci hanno, però, trovati impreparati nei confronti delle loro denunce riguardanti sia il declassamento delle linee ferroviarie del nord-ovest del Piemonte, che delle loro proposte. Come “Città Futura”, infatti, avevamo organizzato, nell’ottobre 2015, un incontro pubblico dedicato proprio alla Rete Ferroviaria che stava ‘dimenticando’ Alessandria, sia per i passeggeri che le merci. E, poco tempo dopo, era stato possibile presentare in Consiglio comunale una mozione che aveva come oggetto quello di “superare il ridimensionamento e la perdita di ruolo del nodo ferroviario di Alessandria”. Dove, tra gli impegni richiesti al Sindaco e alla Giunta, figurava, in particolare per le merci, la ripresa e un maggiore utilizzo dello ‘Smistamento’, ponendo attenzione alle nuove potenzialità del porto di Vado Ligure e operando per mantenere in efficienza la tratta Savona-Alessandria. Una mozione da tutti approvata, ma che non ha avuto alcun seguito pratico.

Certo oggi che i lavori per la realizzazione della piattaforma multifunzionale del porto di Vado - appartiene al Gruppo danese Maersk, tra gli azionisti figura un Gruppo Statale cinese e il gestore del porto di Qingdao; presenta una superficie complessiva di circa 211 mila metri quadri e ha una  capacità annua di movimentare 720 mila container (TEU) - sono completati all’80% e si prevede nel mese di novembre l’attracco della prima grande nave, risulta sempre più difficile comprendere perché l’intesa che recepiva il progetto della Fondazione Slala[1], riferito al retro porto di Alessandria, da realizzare nello scalo ferroviario, non si sia realizzata. Un atto siglato, nel maggio 2008, nella sede dell’Autorità portuale di Genova, da Ferrovia dello Stato, le regioni Piemonte e Liguria, le province di Alessandria, Genova e Savona, i comuni di Alessandria e Genova, le Autorità portuali di Genova e Savona, Slala e le Associazioni industriali delle due regioni.        

Un progetto, con previste alcune decine di milioni di investimento, per una grande piattaforma logistica nazionale (Hub) nello scalo ferroviario alessandrino con funzioni di centro intermodale gateway (passaggio merci da treno a treno) e a supporto del sistema portuale ligure, in particolare, di Genova e Savona. Un’area di 300 mila metri quadrati dotata di nuove infrastrutture tecnologiche, capace di movimentare 500 mila container e la realizzazione di una strada di collegamento tra lo ‘Smistamento’ e la tangenziale nelle vicinanze del casello autostradale di Alessandria-Sud. Per quanto riguarda l’occupazione, a regime, tra i 250-280 i dipendenti necessari per far funzionare il retro porto. Senza considerare le ricadute sull’indotto. Con la previsione di iniziare i lavori a metà del 2011 e l’andata a regime dell’impianto nel 2013.

Ciò che desta tutt’ora sorpresa è, però, il silenzio e le mancate reazioni per la messa in discussione di un progetto che a dieci anni di distanza conferma tutta la sua validità. Così come le ragioni dei dissensi o dei contrasti tra i finanziatori: le Ferrovie, il porto di Genova e la Regione Piemonte che non si sono mai esplicitate e neppure rese pubbliche. In quel contesto la Giunta comunale della città ipotizzò una nuova localizzazione della logistica nella zona di San Michele che non sortì alcun pratico effetto, ma fornì una facile giustificazione a coloro che dal progetto si volevano sottrarre.

La mancata realizzazione di un nuovo e aggiornato ‘Smistamento’ ha, comunque, finito per risultare una decisione presa contro gli interessi di Alessandria che per aver ospitato, dopo quello di Bologna, lo scalo merci più importante del paese ha pagato, nel corso del secondo conflitto mondiale, un prezzo pesantissimo in numero di vittime a causa dei bombardamenti e nella distruzione di migliaia di abitazioni ed edifici pubblici.

In ogni caso lo Scalo merci di Alessandria, che negli ultimi mesi ha registrato una certa ripresa di attività, è tutt’ora in grado di rispondere alle nuove necessità dei traffici attesi sia a Genova che, in particolare, nello scalo di Vado Ligure. Da questo punto di vista il ripristino del servizio merci sulla linea Savona-Alessandria, una tratta messa a nuovo e automatizzata negli anni ’90 ed estremamente favorevole per treni merci di grande comunicazione, risulta, anche per la sua potenzialità, la soluzione più logica. Mentre le risorse previste nell’ultima legge di bilancio - due milioni di euro - per il rilancio dello Scalo merci potranno essere utilmente impiegate per aggiornare lo studio del progetto del retro porto.

Un ultima questione riguarda la realizzazione degli ipotizzati buffer, cioè alcune aree di sosta, parcheggi per i camion provenienti dalle banchine portuali, finanziati, sembrerebbe, dalla banca europea degli investimenti, la Bei, e sotto la regia di UIRNet.[2] Se può essere logico ampliare l’area di sosta in una realtà come Rivalta Scrivia, vocata al trasporto su gomma, del tutto immotivato sarebbe consumare, si stima, 100 mila metri quadrati di terreno per ogni nuova area di sosta, mentre la parte finale dello ‘Smistamento’, oggi inutilizzata, si presenta come uno straordinaria area libera e già attrezzata di binari che può, con pochi interventi e utilizzando le risorse previste per i buffer, non solo parcheggiare, ma movimentare i container e lavorare le merci.

Oltretutto, se non si vuole considerare con sufficiente paternalismo le tante “Greta”, i tanti giovani che anche in Italia si sono mobilitati in difesa dell’ambiente, un riequilibri nel trasporto delle merci e delle persone a favore del ferro e della ferrovia si impone.   

 



[1] Sistema logistico del nord-ovest Italia

[2] UIRNet è il soggetto attuatore unico per la realizzazione del sistema di gestione della logistica nazionale

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