La logistica secondo logica

Sono assolutamente convinto che lo sviluppo della realtà di Rivalta Scrivia sia compatibile con lo sviluppo dello scalo di Alessandria e, aggiungo, con quello di Novi S. Bovo. Del quale ultimo pochi parlano, ma per il quale proprio nei giorni scorsi è stato siglato un protocollo d’intesa tra Regione, Comune ed Rfi: scaturito ad esito di una procedura di pubblica manifestazione d’interessi, che ho seguito nei suoi primi passaggi, insieme all’allora Commissaria per il Terzo Valico, promotrice e animatrice di quell’iniziativa.

Cito il caso di Novi S. Bovo non a caso, perché mi porta al cuore di una delle ragioni che ostacolano la “compatibilità” dalla quale sono partito. Chi segue le cronache locali ricorderà la “levata di scudi” che alcuni dei più importanti operatori del trasporto e della logistica delle merci svolsero, a mezzo stampa, nel momento in cui si manifestò la disponibilità di un operatore ferroviario a insediare le proprie attività nello scalo novese.

La prima condizione della “compatibilità” è, dunque, legata alla capacità dei decisori politici di sottrarsi al condizionamento e alle pressioni dei privati, che tendono di solito, e soprattutto in questo campo, a precostituire posizioni dominanti. Nel caso di specie, questa capacità passa attraverso la rispettosa ma ferma “respinta al mittente” dell’atteggiamento apertamente ostile, che la   principale associazione imprenditoriale alessandrina riserva a ogni ipotesi di sviluppo di collocata fuori dal perimetro di Rivalta Scrivia.

La seconda condizione ha a che fare con la disponibilità delle aree e delle risorse. Le aree: nessuno degli attori locali, e nemmeno le Regioni e i Porti, hanno la possibilità e la forza di incidere sulle decisioni delle differenti società del gruppo FSI Spa, proprietarie delle diverse porzioni dello scalo di Alessandria; ma il Governo sì, in qualità di socio unico e controllante del gruppo può incidere eccome nelle sue strategie. In questo senso, da avversario politico, getto il guanto della sfida e dico che il Governo in carica, se vuole, può fare meglio di quello precedente.

Le risorse: dice “beh ma hanno messo già due milioni”. Positivo! L’ho detto anche pubblicamente. Tuttavia, non basta. Due milioni su trenta a disposizione del sindaco di Genova (che è anche Commissario per la ricostruzione del ponte Morandi) sono meglio di niente, ma sono molto lontani  anche solo dai dieci milioni stanziati tra il 2008 e il 2009 dalla Regione Piemonte, giunta Bresso, per la bretella di collegamento tra lo scalo ferroviario e il sistema tangenziale/autostradale di Alessandria. La cui progettazione, già avviata, fu interrotta allorché la subentrata giunta Cota cancellò quel finanziamento, perché la logistica doveva andare solo a Novara.

Senza la strada, “niente trippa per Alessandria” e il suo scalo merci. Ecco perché, esclusa ragionevolmente l’ipotesi di ributtare sul quartiere Cristo un insostenibile via vai di tir, la prima concretissima cosa da chiedere sono le risorse necessarie a fare la bretella stradale. A meno che, ed è un’ipotesi da non escludere, se ne imponga  la realizzazione alla concessionaria della A26: quella stessa Aspi che aveva in gestione il ponte Morandi; dal cui crollo dipendono oltretutto molte delle turbative ai traffici che si misurano sulla nostra rete stradale.

Infine, lo scenario dei buffer: le aree per i tir che rientrano negli obiettivi di UIRNet e di cui si è molto parlato, più o meno a proposito, nel corso di questi mesi. Il numero, la funzione e la previsione di durata in vita di queste aree cambiano radicalmente lo scenario, ed è perciò ora di uscire dall’indeterminatezza.

Personalmente, sono persuaso che le emergenze ambientali legate al riscaldamento climatico ci costringano a ragionare secondo parametri diversi anche rispetto ai “canonici” duecento chilometri di percorrenza, sotto i quali il trasporto su ferro sarebbe “diseconomico”. E penso che il sistema si debba ripensare e riorganizzare in modo da trasferire su rotaia anche quote rilevanti del traffico merci di medio e breve raggio.

È vero, d’altro canto, che la realizzazione di infrastrutture e nodi ferroviari adeguati a tale obiettivo richiederanno tempo. Così come richiederà tempo l’implementazione delle tecnologie e del parco rotabile necessario, nonché la  meccanismi incentivanti e disincentivanti, e insomma di politiche di trasporto, in grado di supportare un massiccio riequilibrio da gomma a ferro.

Il punto attuale è perciò quello di mettere in atto una strategia che operi nel contingente senza pregiudicare il futuro. Le caratteristiche dei buffer descritte da UIRNet e le tipologie dei mezzi pesanti che li dovrebbero servire segnalano una particolare attenzione al contenimento delle esternalità negative ambientali. E questo è positivo, così come è in sé positivo l’obiettivo di un più razionale governo dei flussi di traffico pesante da e per i porti: tale da ottimizzare i tempi, migliorare la sicurezza del trasporto, fluidificare i colli di bottiglia, incrementare la stessa competitività del sistema.

Ciò detto, è necessario che i decisori politici mettano in cassaforte un punto essenziale: la coerenza tra le iniziative di breve e medio periodo con lo scenario a regime. Non c’è bisogno di ricordare, infatti, come la mancanza di coordinamento nella programmazione finisca per assecondare, anche solo per inerzia, l’organizzarsi e il consolidarsi di interessi che sono poi difficili da smontare o anche semplicemente da correggere.

Ecco perché la questione della quantità e della collocazione dei buffer va affrontata in modo più congruo e selettivo, rispetto all’elencazione contenuta nelle norme a oggi licenziate. Se gli obiettivi di fondo rimangono quello di favorire l’integrazione e il riequilibrio modali e quello di valorizzare gli assets esistenti, senza consumare nuovo suolo, i buffer da realizzare sul nostro territorio devono insistere su quegli assets, nel cui contesto è peraltro praticabile l’integrazione tra gomma e ferro.

Queste sono le prime decisioni chiare da prendere: collocare i buffer solo nelle aree già infrastrutturate e compromesse, come Rivalta Scrivia e Alessandria; programmare e finanziare gli interventi contestuali e necessari per l’adeguamento della rete stradale afferente ai due poli; definire gli obiettivi di riequilibrio modale verso il ferro e le risorse necessarie a supportarlo, in primo luogo per quanto riguarda le navette tra porto e retroporto e più in generale per ciò che riguarda il traffico merci delle merci.

*Daniele Borioli, Pd

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