Pd nel gorgo delle correnti

Nel Pd piemontese infuria la polemica sulla lista dei viceministri e sottosegretari e l’occasione è servita per muovere un attacco al segretario regionale. Il Pd piemontese sarà rappresentato da Giorgis, di cui tutti riconoscono la serietà, il rigore e la competenza ma è un po’ poco; soprattutto se questo viene paragonato con gli incarichi ottenuti dagli esponenti del M5s: due ministre e due sottosegretarie. Il timore reale è che tutto ciò crei una situazione di vantaggio competitivo per il nuovo alleato di Roma che però rimane avversario a Torino.

I renziani sono partiti lancia in resta a Torino come in Toscana dove il sindaco Nardella accusa Zingaretti di non aver indicato viceministri o sottosegretari toscani per penalizzare Renzi. In Piemonte invece i renziani accusano Paolo Furia di non aver saputo far contare il Piemonte.

È il segno di quale sia lo stato dei rapporti nel Pd e di come le promesse fatta da Zingaretti al momento della sua elezione di voler rivoltare il partito come un calzino e di voler porre fine al sistema della correnti per il momento siano rimaste lettera morta.

In realtà le correnti non sono mai state così in salute e in grado di decidere condizionando le scelte del segretario. Questo è avvenuto sia sul piano politico che per quanto riguarda la definizione degli assetti e degli organigrammi del governo. Solo così infatti si può spiegare ciò che è successo. A decidere sono state le correnti, nessuna delle quali si è posta il problema di trovare un equilibrio tra competenze e rappresentanze territoriali. I territori non hanno mai contato così poco. Anzi le loro legittime richieste hanno finito per confliggere con la spartizione decisa dai capicorrente.

Quando i renziani piemontesi accusano Furia di non essere riuscito a condizionare le scelte di Zingaretti non si rendono che se dovesse valere questo criterio di valutazione la stessa critica potrebbe essere rivolta nei loro confronti.

Anche questa polemica da la misura di quale sia lo stato dei rapporti all’interno del Pd e di come sia fragile l’unità raggiunta in questo periodo. Infatti ogni occasione e buona per aprire o per rilanciare lo scontro interno. Ma sarebbe da ingenui ritenere che questa e altre polemiche nascano per i motivi per cui vengono sollevate. Al fondo vi sono divisioni che riguardano l’identità, il ruolo e le stesse prospettive del Pd che la decisione di dar vita al nuovo governo a per il momento attenuato ma che sarebbero emerse in tutta la loro asprezza se Zingaretti avesse deciso di imboccare la via delle elezioni. E un nodo che prima o poi dovrà essere sciolto e non è escluso che l’iniziativa possa essere assunta dallo stesso Renzi, non appena se ne presenterà l’occasione.

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