Il dovere della Memoria 

Tutti uguali per lo Stato? Finalmente anche in Italia gli organi di informazione, giornali e televisione, hanno riportato le doverose onorificenze che lo Sato ha attribuito a quelle persone che a causa della dittatura fascista hanno subito gravissime restrizioni della libertà e, a volte, anche la morte. In questi ultimi giorni abbiamo sentito spesso parlare di Liliana Segre e di Carlo Rossi (papà del rocker Vasco Rossi).

Liliana Segre il 30 gennaio 1944 venne deportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau dove fu separata dal padre che non rivide mai più e che sarebbe morto il successivo 27 aprile. Nel Campo di Concentramento Liliana Segre fu messa, per circa un anno, ai lavori forzati presso la fabbrica di munizioni Union. Venne liberata il primo maggio 1945 dall'Armata Rossa. Il 19 gennaio 2018, anno in cui ricadeva l’80° anniversario delle leggi razziali fasciste, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in base all’art. 59 della Costituzione, nominava Liliana Segre senatrice a vita.

Carlo Rossi, deceduto nel 1979 a 56 anni, sarà insignito, a breve, della Medaglia d’Onore. Durante la guerra era stato catturato dai tedeschi e portato in un lager a Dortmund, in Germania. È stato tra i seicentomila soldati italiani che non hanno accettato di combattere per la Repubblica sociale e, dopo l'8 settembre 1943, è stato fatto prigioniero dai tedeschi all’Isola d’Elba e portato in Germania, a Dortmund, in un campo di lavori forzati per oltre due anni. Quando l’hanno liberato era quasi morto, pesava 37 chili. Aveva scritto un diario nel quale raccontava delle scene pazzesche cui aveva assistito. Gli amici pestati a sangue e morti davanti ai suoi occhi. E dopo aver visto questo, tutta la vita gli è sembrata una passeggiata.

Per queste persone è stato giusto e doveroso che lo Stato con la “S” maiuscola ne abbia riconosciuto il grande merito “sociale” ma per le altre migliaia di persone che cosa ha fatto lo Stato Italiano? Ad esempio, per Armando Quazzo nato il 10 maggio 1923, alpino, deportato dai nazisti dopo 8 settembre 1943 da Gardano (Bz-Italia) allo Stalag XB Bremervorde (Germania) e messo ai lavori forzati presso la fabbrica di armi MFM a Lubecca per non aver voluto aderire al Fascismo. Fu liberato nell’aprile del 1945 dagli americani, pesava meno di 40 kg e aveva visto morire di stenti molti suoi compagni di prigionia. Tornato a casa nel 1945 non ha più potuto riabbracciare né la mamma, morta di peritonite, né il fratello maggiore Aldo, anche lui internato in un campo di concentramento in Germania da cui non è più tornato né vivo né morto. Nel 2015, all’età di 94 anni, sul letto di morte e tra grandi dolori mi diceva che l’attuale sofferenza nulla era rispetto a quella patita nel campo di Lubecca in Germania.

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