Landini e Bonomi, attenti a quei due

Egregio direttore,
in questi ultimi giorni abbiamo letto i propositi e le conseguenti richieste al governo da parte del presidente della Confindustria Bonomi e del segretario della Cgil Landini. È proprio il caso di avvertire lavoratori e pensionati: attenti a quei due! Bonomi propone di dare tutto il lordo nella busta paga dei lavoratori, dispensando le aziende dal ruolo di “sostituto d’imposta”. Così scaricandosi, Confindustria fornisce ai lavoratori il vantaggio psicologico di guadagnare di più, incentivando magari i consumi, ma in danno del principio di previdenza. Inoltre, raffredda a proprio vantaggio la pretesa di rinnovi contrattuali e di aumenti retributivi.

Ma non finisce qui. È un salto all’indietro, al 1976, quando per arginare l’evasione fiscale si passò dalla dichiarazione dei redditi “Vanoni” al sostituto d’imposta prescritto ai datori di lavoro. Se si dovesse abbandonare questo percorso, e si lasciasse a ciascun lavoratore di pagare autonomamente le tasse, non aumenterebbe solo a dismisura l’evasione, ma i lavoratori e i pensionati – quelli onesti – sarebbero costretti ad affidarsi ai commercialisti (a pagamento) per le loro dichiarazioni dei redditi. Non si parla di rimodulazione perequativa di aliquote e scaglioni per i lavoratori dipendenti e i pensionati; non ci si preoccupa di sostegni ai nuclei familiari e alle giovani coppie. Giustamente Confindustria richiede che vengano stimolati gli investimenti, sia pubblici che privati, ma lamenta i lunghissimi tempi per la realizzazione di opere pubbliche. Quali proposte concrete, politiche e tecniche, vengono avanzate per risolvere la questione? Ugualmente per un “patto sociale” da ricercare fra le forze economiche e sindacali, quando si trova la volontà e il coraggio di riconoscere la necessità che le categorie del mondo della produzione e del lavoro siano istituzionalizzate a livello decisionale politico?

Da parte sua, il leader sindacale Landini chiede di uscire dalla logica degli aiuti a pioggia per una nuova politica industriale, ma difende a spada tratta il reddito di cittadinanza come strumento per combattere la povertà, anziché insistere sulle politiche occupazionali. È tempo di ripristinare il criterio dell’intervento mirato e programmato dello Stato nella vita industriale. Solo una economia mista – pubblica e privata – può rilanciare lo sviluppo economico e occupazionale del nostro Paese. Ma neanche i sindacati sanno abbozzare un nuovo corso. Quali priorità per l’industria? Quale ruolo per l’agricoltura? Quali cronoprogrammi per le realizzazioni di infrastrutture? Come affermare il “made in Italy”? Come salvaguardare il territorio?

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