Il Pd può allearsi col M5s a Torino?

Alle ultime elezioni politiche del 2018 il M5s trionfa con il 40%. Il Pd è stordito, ma tiene la barra dritta e si rifiuta di fare la stampella a un  governo populista (in cui non avrebbe avuto voce in capitolo). Se avesse fatto l’errore di formare una tale maggioranza, sarebbe stato screditato: come ci si può alleare con chi ti definisce un pidiota,  ti ritiene corrotto e marcio, e ti ha battuto elettoralmente? Si sarebbe trattato solo di “sete di poltrone”.  Così nel 2019 quando invece nasce il governo M5s-Pd i giochi sono l’opposto. I Cinquestelle sembrano aver adottato (passando dall’alleanza con il Capitano all’alleanza con il Pd) il principio “con franza o spagna purché se magna”. Ogni principio di coerenza politica viene da loro abbandonato. E il Pd entra in un governo in cui detta molta della linea sui temi fondanti (a parte il numerillo del Referendum, in cui il Pd si schiera per il Sì quando la sua naturale posizione sarebbe stata per il No).

A Torino lo scenario è diverso. Il Pd e la sua classe dirigente sono sconfitti nel 2016 da una proposta politica che condannava senza appello la gestione politica della Città degli ultimi 20 anni, brandendo lo stendardo della “onestà, onestà, onestà” e “marciando” verso il Municipio manco fosse stata la caduta di Mussolini. Seguono cinque anni di governo 5s disastroso, dove non è stato possibile alcun dialogo, dove la Città è rimasta ferma o ha perso posizioni e occasioni.

In base a che principio, in base a che progetto, in base a che credibilità potrebbero ora  il Pd torinese, i suoi storici e naturali alleati locali, gli esponenti della società civile che si stanno mettendo in gioco, accogliere la classe politica dei 5S? Certo, gli elettori delusi del Movimento sono invece per il centrosinistra un pubblico naturale (almeno in parte), cui rivolgersi per conquistare o riconquistare elettorato con la credibilità di un programma attento e la proposta di una classe politica locale capace, come è stato dimostrato negli anni. Ma la classe politica dei 5S non può per la maggior parte ad oggi essere un interlocutore.

Per non parlare del fatto che una candidatura Pd-5S vedrebbe una pattuglia di eletti pentastellati avere di fatto, nei numeri di un futuro consiglio comunale, un potere di interdizione permanente, con il rischio in aggiunta che spesso ciò sfoci in posizioni ideologizzate e di bandiera. Mentre il futuro sindaco, sia pure nel rispetto delle sensibilità diverse delle componenti della sua maggioranza, deve poter agire, in modo rapido, tempestivo ed efficace.

Peraltro è da dimostrare che l’alleanza con i 5S porti così automaticamente a risultati elettorali migliori per il centrosinistra. Senza un candidato grillino indipendente innanzitutto una parte dell’elettorato potrebbe rivolgersi alla proposta di destra, neutralizzando una parte del vantaggio. Un’alleanza giallorossa in salsa torinese potrebbe poi allontanare elettori che non condividono tale scelta, e questi elettori potrebbero o votare al centro o a destra, o non andare alle urne. Che il Pd e i suoi alleati si propongano alla città con un progetto sociale, economico, di comunità credibile per i prossimi 10 anni. Che i cittadini lo validino con il loro voto.

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