Meglio i bifolchi o i filosofi?

Mi collego al recente articolo di Guglielmo Del Pero, dal titolo “Una destra non truce”, per puntualizzare alcuni aspetti. Se le premesse del suo ragionamento sono condivisibili, nella conclusione troppo generica manca l’esplicitazione del concetto principale, ovvero che tipo di destra (o comunque quale altra soluzione alternativa) ci si auspica o ci si aspetta. Negli anni più recenti, nella politica come nel giornalismo, nello spettacolo come nello sport, nella scuola come nell’azienda, si è diffuso e affermato il modello comportamentale del “bifolco”, ovvero della persona rozza, zotica, ignorante. E io aggiungerei anche logorroica, arrogante e maleducata, prerogative normalmente utilizzate per dissimulare la totale assenza di contenuti.

Questo fenomeno non ha un preciso colore politico o una posizione sociale definita, bensì caratterizza in modo trasversale: tanto il ricco quanto il povero, il manager e l’operaio, l’imprenditore e il disoccupato, il laureato e chi si è fermato alla terza media, il personaggio famoso e il signor nessuno, la destra e la sinistra. Del Pero evidenzia molto bene i rischi che si corrono lasciando troppo spazio di manovra ai bifolchi ma non suggerisce un’alternativa concreta e percorribile. Ecco, secondo me questa alternativa è rappresentata dal “filosofo”, ovvero l’esatto opposto del “bifolco”. E per filosofo non intendo necessariamente il laureato in filosofia (che potrebbe essere anch’esso un bifolco, e ci sono esempi reali che lo confermano), bensì una categoria ontologica cui appartiene chi sa elaborare il pensiero, chi sa riflettere e analizzare, chi sa creare modelli concettuali originali, chi ha visione, chi sa indicare una direzione, chi è in grado di trarre conclusioni e prendere decisioni. Ma soprattutto, il filosofo sa agire secondo morale (capacità di discernere il bene dal male) ed etica (capacità di comportarsi coerentemente con il bene), con stile ed educazione.

Dopo un lungo periodo in cui hanno imperversato i bifolchi, sarebbe dunque proprio ora di tornare a riabilitare i filosofi, attribuendo a loro un ruolo centrale per la rifondazione della società. Non si tratta più di contrapporre la destra alla sinistra ma di preferire le idee alle urla. Quindi la conclusione che mi aspettavo da Del Pero la traggo io: esiste a Torino una fronda civica social-liberale che abbia voglia di portare in città una ventata di filosofia, di cultura, di arte ed eleganza, di novità e innovazione, di sabauda concretezza e di orgoglio industriale (punto di domanda) Se esiste, la chiamo a raccolta. Se no, teniamoci i bifolchi e amen.

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