Ecco perché lasciamo Più Europa

Quando iniziò il processo costituente di +Europa molti di noi, provenienti da esperienze politiche diverse di matrice liberale, socialista e riformista aderimmo convintamente a questo progetto, alle sue idee europeiste, laiche e progressiste.

Ci affascinava l’ambizione di riunire culture diverse in un contenitore nel quale confluisse la cultura radicale, quella liberale e socialista, quella popolare, insufficienti se singolarmente rappresentate e troppo deboli per condizionare la politica italiana, sempre più divaricata tra demopopulismo e sovranismo. E con forti spinte, non efficacemente contrastate, di nazionalismo becero, con una spesa pubblica incontrollata e una cronica assenza di programmazione e verifica.

Oggi il panorama politico si è arricchito di altre voci, che partendo da storie diverse, ma da origini comuni si rappresentano in una pluralità di soggetti come Azione e Italia Viva, che insieme potrebbero rappresentare il nucleo di un soggetto politico finora più immaginato che ideato.

Le elezioni amministrative della prossima primavera rappresentano uno spartiacque ed hanno una valenza strategica nel segnare il futuro della politica italiana e dell’area liberale progressista all’interno di essa. Il Partito Democratico deve essere posto di fronte ad una scelta ben precisa: consolidare l’asse politico demopopulista con il M5S oppure partecipare alla costruzione di una alleanza riformista, che non abbia timore di sfidare in campo aperto il sovranismo e che sappia essere inclusiva anche tutti i moderati di qualunque provenienza, che non vogliano rassegnarsi ad un bipolarismo di stampo più vetero sudamericano che europeo.

La scelta coraggiosa della candidatura di Carlo Calenda a Roma è un passaggio cruciale, la cui importanza non sfugge a chi vuole procedere in questa direzione e spiega le ostilità di chi si contrappone.

Abbiamo molto apprezzato in questi mesi lo sforzo fatto dal gruppo dirigente torinese e piemontese del Pd di voler costruire una coalizione di centrosinistra, che andasse esattamente nella direzione da noi indicata, contrastando le spinte centrali e le manovre sotterrane di chi propone candidature ‘civiche’ più spendibili per scenari di consolidamento dell’alleanza nazionale che governa il paese.

Questa scelta va sostenuta e rafforzata individuando una candidatura a sindaco, qualunque sia e sarà la modalità di selezione della stessa, in considerazione dell’evoluzione degli scenari sanitari e di contenimento dell’epidemia.

Abbiamo quindi apprezzato la scelta delle primarie, che potrebbero rappresentare uno strumento di mobilitazione e rilancio di un progetto politico per il futuro di Torino e dell’area metropolitana, per superare il mal governo della Sindaca Appendino: la quale non può essere individuata come l’unica responsabile di questa mestizia amministrativa, ma come l’espressione di radicata e antica sottocultura politica, solo apparentemente rinnovata dai pentastellati. Una sottocultura che parte con dall’ambizione di cambiare tutto per approdare poi a non cambiare nulla, E che contrappone l’immobilismo e la decrescita allo sviluppo e al progresso tecnologico e scientifico. In realtà, lasciando proseguire incontrastato il declino della città, il decadimento della qualità della vita di chi la abita e cancellando le speranze delle nuove generazioni, che da essa si allontanano. Trasformando Torino da motore della crescita nazionale a città bisognosa di assistenza.

In +Europa abbiamo insistito perché questo fosse il percorso da intraprendere e da consolidare, con o senza le primarie, abbiamo sollecitato ripetutamente di ricercare prima una convergenza politica con le forze a noi più omogenee e insieme a loro individuare il candidato a sindaco più funzionale al tentativo di vincere le elezioni con una alleanza riformista oppure da contrappore, se questa ipotesi dovesse prevalere per spinte nazionali, ad una scellerata alleanza demopopulista. Abbiamo tuttavia  dovuto prendere atto di come la natura del nostro partito si sia profondamente divaricata rispetto al progetto originario, impoverendosi e rendendosi oggi sostanzialmente concava sulla sola identità radicale e sulla volontà di questa parte di anteporre candidature (senza neppure passare da meccanismi di raccolta firme a sostegno delle stesse) al progetto politico.

Non può essere questo ciò che ci lega ad una esperienza, che ci consente di mettere energia e passione a disposizione di un progetto politico, E non crediamo giusto dover essere ‘tollerati’ invece coinvolti. Per noi quindi si conclude qui questo percorso, auspicando che i prossimi appuntamenti politico amministrativi e le evoluzioni del quadro nazionale possano presto consentirci di ritrovarci per contribuire al successo di un progetto più forte e ambizioso.

*Alberto Nigra, portavoce regionale +Europa; Davide Dellarole, portavoce regionale +Europa; Nino Daniel, coordinatore Riformisti Torino in +Europa

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